La profezia e i luoghi educativi della Bibbia
di Giuseppe Lubrino
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IL PROFETISMO AFFONDA LE SUE RADICI NELLA CULTURA ANTICA
L’avvento è un tempo di attesa e di speranza. Nell’attuale contesto socio-culturale si possono facilmente rilevare diverse forme di povertà: economiche, culturali, educative ma anche e soprattutto spirituali. In tal senso, porre all’attenzione dei lettori il senso attualizzante della profezia biblica, nel concreto dell’esistenza dei fedeli, pare essere un fattore interessante. Ciò allo scopo di vivere al meglio la preparazione alla celebrazione del Natale del Signore. Il profetismo non è un fenomeno letterario e culturale esclusivo del mondo biblico ma affonda le sue radici certamente nella cultura antica. Tuttavia, nella cultura biblica e in particolare modo, nell’Antico Testamento il profetismo biblico fa la sua comparsa all’incirca nel XIII secolo a.C, e diventa un elemento indispensabile per comprendere, interpretare e decodificare il messaggio di salvezza di Dio a favore dell’umanità. Comunemente si ritiene che la “profezia” sia una rivelazione sul futuro, una predizione, ma biblicamente non è solo questo. Il profeta è l’uomo di Dio per antonomasia, è un uomo che vive all’insegna della sobrietà e dell’essenzialità. Egli ha cura della dimensione spirituale della vita, opera a corte, nel tempio o anche autonomamente. Il ruolo principale del profeta è il seguente: leggere e interpretare gli eventi della storia alla luce della volontà di Dio. Il profeta é l’uomo della Parola di Dio: la riceve, la metabolizza, la fa sua e poi la dona agli altri. Ciò, affinché la storia nonostante i suoi orrori e le sue brutture possa essere guidata da Dio. Emblematica è la figura del profeta Elia il cui racconto letterario è incastonato all’interno dei Libri dei Re nell’AT (cf. 1Re 17-2Re 2). Elia é diventato nel tempo il “simbolo” del profeta autentico e il suo messaggio risuona ancora oggi nella mente e nel cuore di tutti i coloro che non trascurano la dimensione trascendente dell’esistenza. Dapprima Elia è presentato come uno zelante e impetuoso servo del Signore. Egli preso dallo “zelo” sfida e vince i profeti di Baal. Tali profeti, celebravano il culto al dio Baal, una divinità della Mesopotamia Sirio-fenicia Il cui culto prevedeva la prostituzione sacra e i sacrifici umani. All’epoca di Elia il culto a Baal era molto diffuso e oggi lo potremmo paragonare al culto dei nuovi idoli: utilizzo smodato della tecnologia, cura eccessiva del corpo, dipendenza dalle droghe, devianze sessuali e disgregazione della famiglia. Detto ciò, Elia dopo aver sconfitto i profeti di Baal espone la sua vita al pericolo poiché incorre nell’ira della regina Gezabele moglie del Re Acab la quale, era una sostenitrice di Baal e con tale culto aveva pervertito i costumi e le tradizioni del popolo di Israele. Elia resta “solo”, “scappa” ed è in preda ad una crisi spirituale ed esistenziale (le due dimensioni non sono mai disgiunte). A questo punto si rifugia sul monte Oreb (Sinai). Monte, peraltro, simbolo dell’incontro tra l’uomo e Dio. Luogo presso il quale Dio ha donato al popolo – per mezzo di Mosé – il decalogo (Dieci Comandamenti). Elia ha attraversato anche il “deserto” diventato anch’esso biblicamente una “metafora” di “cammino” e “cambiamento”. Segno di purificazione e di crescita personale e spirituale. Il deserto nella Bibbia è un luogo educativo poiché attraverso il deserto è possibile scendere a patti con sé’ stessi, ascoltare Dio e fare discernimento su cosa è giusto e cosa è sbagliato. Elia è in cammino… Cerca Dio… La “profezia” di cui è stato araldo è come se gli si fosse rivoltata contro: fare la cosa giusta – apparentemente – non sempre paga e così ora Elia rischia la vita nella solitudine e nell’abbandono, nella tristezza e nello sconforto. Da questi racconti biblici, emerge la portata pedagogica-educativa della rivelazione biblica: Dio è fedele alla sua Parola! É un Dio di misericordia e di giustizia ed Elia non sarà lasciato a sé stesso: “[Elia] entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poichè gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto. (Cf. 1Re 19,9-16).
Il Dio della Rivelazione giudeo-cristiana non si “manifesta” nella potenza, nella gloria e sconvolgendo gli elementi della natura ma si “disvela” nella brezza di un vento leggero, impercettibile! La scelta dell’agire di Dio nella storia è l’umiltà. In tale teofania è possibile “cogliere” un preludio del mistero del Natale e di tutta quanta la vicenda terrena di Gesù. Dio nell’incarnazione di Gesù ha prediletto l’umiltà. Ciò lo si può desumere ponendo in scena i protagonisti del Natale: Maria e Giuseppe due persone comuni e semplici, vengono eletti da Dio, mediante l’Arcangelo Gabriele, a custodi dell’Eterno dei giorni. Il luogo della Nascita: Betlemme, una cittadina povera e per lo più popolata da “pastori”, mendicanti, persone umili. La “mangiatoia” e la “stella cometa” simbolo di pace, luce e gioia che nel buio della notte del mondo illumina d’immenso l’umanità con la luce risplendente del Dio-bambino. Da quanto detto é possibile per i lettori identificarsi nella vicenda di Elia per carpire il modo in cui Dio si rivela, cogliere il senso dell’essere profeti leggendo e meditando l’intero racconto di Elia; inoltre, ponendo in evidenza il simbolismo dei luoghi e dei segni nella Bibbia si può individuare e comprendere la pedagogia rivelativa di cui il Signore si è servito per “guidare”, “insegnare”, “rivelare”, all’umanità il “segno” della sua presenza nella storia.