C’è poco da gioire per la caduta di Assad sostituito dai tagliagole
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HTS METTERA’ ALLA GOGNA LE MINORANZE NON SUNNITE?
L’offensiva del gruppo jihadista dell’Hts (Hayat Tahrir al-Sham), e dei suoi alleati filo-turchi (e alcuni esperti aggiungono israeliani e statunitensi…) ha portato all’evaporazione del precedente regime siriano guidato da Bashar al-Assad (e dai suoi principali sponsor: Russia, Iran e Hezbollah).
Sui mass media del mainstream la notizia è stata accolta con entusiasmo. Ma siamo proprio sicuri che la vita per i civili siriani andrà meglio sotto il governo islamico dei “tagliagole” dell’HTS? L’emergere dello jihadismo islamico in Siria è uno degli aspetti più complessi e tragici del conflitto che ha devastato il Paese dal 2011. L’evoluzione di gruppi jihadisti, come lo Stato Islamico (ISIS) e Jabhat al-Nusra (ora Hayat Tahrir al-Sham), ha trasformato la guerra civile siriana in un epicentro del terrorismo globale e del confronto ideologico. Sappiamo che in Siria il fenomeno non è sorto dal nulla. Durante il governo del partito Baath sotto Hafez al-Assad e poi del figlio Bashar al-Assad, la Siria ha conosciuto un regime autoritario che ha represso duramente ogni forma di dissenso, compreso quello islamista, vista la matrice laica del partito. Un episodio cruciale è stata la repressione della Fratellanza Musulmana negli anni ’80, culminata nel massacro di Hama (1982), in cui migliaia di islamisti furono uccisi. Questo ha creato una profonda ferita nelle relazioni tra il regime e una parte della popolazione sunnita, che è stata progressivamente marginalizzata.
L’esplosione della guerra civile nel 2011 ha offerto un terreno fertile per l’ascesa del jihadismo. Le proteste inizialmente pacifiche contro il regime di Bashar al-Assad sono state brutalmente represse, portando alla militarizzazione del conflitto. In questo caos, la Siria si è frammentata in una miriade di fazioni, e i gruppi jihadisti, fortemente ideologizzati e ben finanziati con i petro-dollari di alcune monarchie del Golfo, hanno colmato i vuoti di potere.
Jabhat al-Nusra, costituita nel 2012, è stata una delle prime formazioni jihadiste a emergere come una forza significativa nel conflitto siriano. Affiliata ad al-Qaeda, ha guadagnato rapidamente supporto grazie a una combinazione di tattiche militari efficaci e strategie di soft power, come la distribuzione di aiuti umanitari e la creazione di strutture di governance locale. Lo Stato Islamico (ISIS) ha rappresentato un fenomeno senza precedenti per la sua capacità di conquistare e amministrare vasti territori. Sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi, l’ISIS ha dichiarato la creazione di un califfato nel 2014, con Raqqa come capitale de facto. Attraverso una propaganda sofisticata, l’ISIS ha attirato migliaia di combattenti stranieri da tutto il mondo, trasformando la Siria in un campo di battaglia globale. I gruppi jihadisti hanno imposto regimi di terrore nei territori sotto il loro controllo. L’applicazione integrale della sharia, le esecuzioni pubbliche e la schiavitù sessuale sono solo alcune delle atrocità documentate.
Paesi come Turchia, Arabia Saudita, Iran e Qatar hanno avuto un ruolo ambivalente nella crescita dello jihadismo. Se da un lato alcuni hanno sostenuto gruppi ribelli moderati, dall’altro i finanziamenti e il supporto logistico di certi attori hanno indirettamente rafforzato le formazioni jihadiste. La Russia, gli Stati Uniti e altre potenze occidentali sono intervenute con obiettivi divergenti, spesso in competizione tra loro. Il conflitto ha causato oltre 500.000 morti e ha costretto milioni di siriani a fuggire. I campi profughi in Turchia, Libano e Giordania ospitano milioni di persone, mentre molti altri hanno intrapreso pericolosi viaggi verso l’Europa. Dal 2017, grazie alle operazioni militari della coalizione internazionale e delle Forze Democratiche Siriane (FDS), l’ISIS ha perso il controllo territoriale, culminando nella caduta di Raqqa e Baghouz. Tuttavia, l’ideologia jihadista, come abbiamo visto nei giorni scorsi, non è scomparsa e con Hayat Tahrir al-Sham è ora arrivata al potere.
Nata come una branca affiliata ad al-Qaeda sotto il nome di Jabhat al-Nusra, HTS ha subito una trasformazione significativa, spostandosi da un’identità rigidamente jihadista verso un modello che tenta di legittimarsi come attore politico locale. Fondata nel gennaio 2012 da Abu Mohammad al-Julani, Jabhat al-Nusra ha prosperato grazie al suo legame con al-Qaeda, che le ha fornito una struttura ideologica ben definita e risorse strategiche. Tuttavia, questa affiliazione ha limitato la sua capacità di attrarre il sostegno di altri attori internazionali e locali, in particolare dopo che la comunità internazionale ha designato il gruppo come organizzazione terroristica.
Nel 2016, Jabhat al-Nusra ha ufficialmente dichiarato la sua separazione da al-Qaeda, cambiando nome in Jabhat Fatah al-Sham. Nel 2017, con l’integrazione di altre fazioni ribelli jihadiste, ha assunto il nome di Hayat Tahrir al-Sham. Questa mossa è stata interpretata come un tentativo di distanziarsi dall’etichetta di terrorismo globale e di rimodellarsi come un movimento più radicato nel contesto siriano.
La rottura con al-Qaeda, però, è stata vista con sospetto sia dagli osservatori internazionali sia da altre formazioni jihadiste, come l’ISIS. Molti analisti ritengono che questa mossa sia stata più tattica che ideologica, un tentativo di garantirsi una maggiore accettazione politica e operativa. Tuttavia, HTS ha progressivamente adottato una narrazione meno universalista e più focalizzata sulle dinamiche locali.
Abu Mohammad al-Julani, leader carismatico e stratega, è stato il fulcro della trasformazione di HTS. Sotto la sua guida, il gruppo ha bilanciato ambizioni jihadiste e pragmatiche. Julani ha lavorato per consolidare il controllo di HTS sulla provincia di Idlib, prima, e ora su quasi tutta la Siria. Negli ultimi anni, ad Idlib HTS ha adottato una strategia ambivalente nei confronti della popolazione locale, alternando repressione e cooptazione. Sebbene molti civili vedano HTS come una forza occupante, il gruppo ha anche cercato di migliorare la governance e i servizi pubblici per ottenere legittimità.
Negli anni HTS si è organizzata come una coalizione di fazioni sotto una leadership centralizzata, ha sviluppato una burocrazia rudimentale, comprendente un’ala militare, un corpo di polizia e un sistema giudiziario basato sulla sharia. HTS ha evitato scontri diretti con le forze turche, cercando di posizionarsi come un alleato contro il regime di Assad tanto che la Turchia, nonostante abbia designato HTS come organizzazione terroristica, ha mantenuto una relazione pragmatica con il gruppo guidata da uno che ha sulle spalle una taglia di 10 milioni di dollari perché considerato un pericoloso terrorista.
Adesso che Hayat Tahrir al-Sham ha conquistato il potere cosa accadrà? Sicuramente HTS rimarrà una delle manifestazioni più complesse e controverse dello jihadismo moderno. La sua evoluzione da gruppo affiliato ad al-Qaeda ad attore politico nazionale è una sfida senza precedenti per la Siria e per quella parte della comunità internazionale che ha appoggiato HTS. Noi, nel nostro piccolo, non nutriamo alcuna speranza e riteniamo che l’ideologia jihadista pura verrà presto fuori e ne pagheranno le conseguenze tutti quei siriani che non sono musulmani sunniti (curdi, drusi, musulmani sciiti alauiti, cristiani cattolici romani, cattolici greci, cattolici armeni, nestoriani, greco-ortodossi, armeno-ortodossi, giacobiti, maroniti, piccoli gruppi di Ebrei).
Storicamente, infatti, dove viene applicata la Shari’a (“sharia” significa letteralmente “il sentiero verso l’acqua”) non c’è mai rispetto per le minoranze. Come è noto, la legge islamica, rappresenta un corpus di norme e principi derivati dal Corano e dalla Sunna, ovvero gli insegnamenti e le pratiche del profeta Maometto. Tuttavia, la sharia non è un sistema di leggi codificato nel senso moderno del termine, ma piuttosto un insieme di principi che devono essere interpretati dai giuristi islamici (faqih) attraverso un processo chiamato fiqh (giurisprudenza islamica).
La sharia non pretende di coprire solo questioni spirituali e devozionali, come la preghiera e il digiuno, ma include norme sull’intera vita sociale, economica e politica. Naturalmente le sue interpretazioni variano a seconda delle scuole giuridiche islamiche (come Hanafi, Shafi’i, Maliki e Hanbali) e del contesto culturale e politico. Ma proprio questa pluralità è utilizzata per giustificare applicazioni contraddittorie e selettive.
Uno degli aspetti più criticati della sharia riguarda le disposizioni che discriminano le donne (nei diritti di eredità, nella testimonianza legale, nel matrimonio e nel divorzio). Non a casa in Siria, da qualche giorno, molto donne hanno ripreso ad indossare il velo, come simbolo di sottomissione all’Islam. La sharia, inoltre, è quasi sempre legata alle punizioni corporali (hudud), come la lapidazione per adulterio, l’amputazione per furto e la fustigazione per consumo di alcol. Un altro punto molto drammatico della sharia è il trattamento della cosiddetta apostasia dall’Islam. L’abbandono dell’Islam è considerato un crimine punibile con la morte. Ciò mina la libertà di religione e di coscienza, principi fondamentali dell’essere umano.
E’ facile prevedere che nei prossimi mesi in Siria la sharia sarà utilizzata come strumento politico per legittimare il regime autoritario e la sua applicazione, selettiva e coercitiva, sarà utilizzata per reprimere il dissenso e mantenere il controllo sociale. Intanto già da un paio di giorni si registrano violenze inaudite commesse dai nuovi “capi” della Siria. Basta fare un giro su Telegram per scovare qualche video che non vi consigliamo di vedere!
La descrizione dei gruppi e’ ineccepibile. Tuttavia manca l’analisi politica che ha un punto di partenza dalla relazione del senatore, usa Ron Paul al Senato americano nel quale si chiedeva di cessare il finanziamento ad Hamas, creato dagli Stati Uniti ed Israele, per spaccare l’OLP. Pertanto, la regia di quanto descritto e gli interessi che vi sono collegati vanno immediatamente individuati e specificati. La ragione? Al altrimenti lo scenario diviene incomprensibile. Quanto alla situazione delle minoranze religiose, scordarsi il loro rispetto. La ragione non consiste nella Sharia come erroneamente detto nell’articolo ma nelle “istruzioni” che il nuovo sistema riceverà da chi realmente lo governa. La Sharia è applicata senza spargimento di sangue in molti paesi arabi: quindi non è causa della situazione descritta ma solo la scusante in termini anti islamici. Con gioia dei portatori di kippa’.