Riflessioni di staurologia
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“VENITE A ME CHE SONO MITE E UMILE DI CUORE”. ANALISI DEL “TEMA” NATALE DI GESÙ
In un recente articolo abbiamo affrontato la questione degli influssi astrali nella legislazione canonica ed abbiamo accennato alla correlata partecipazione angelica.
In questo articolo, invece, ci proponiamo di analizzare il probabile tema natale dello stesso Gesù per poi mostrare come Egli stesso abbia lavorato sulle proprie influenze astrali. Come già annunciato precedentemente, questo approfondimento è anche finalizzato a sensibilizzare da un lato riguardo alla specificità della natura di ogni individuo – da giudicare secondo misericordia, poiché soggetta a continui strapazzamenti anche astrali -, dall’altro riguardo all’indiscutibilità di dover mettere a disposizione tale natura nella società (e nella Chiesa) secondo giustizia, ovvero secondo i doveri particolari e vocazionali di ogni persona, ad imitazione di ciò che fecero Cristo ed i Suoi santi, che hanno vissuto eroicamente l’adattamento delle proprie attività inclinazioni alle esigenze della virtù.
Il merito nasce infatti da questo: conformare l’umana volontà a Quella Divina, indipendentemente se ciò sia piacevole o gravoso. La staurologia, la scientia crucis, quando correttamente intesa, pone in essere sia l’amore per il patire che l’amore per il godere. In altre parole, è altresì meritorio assecondare le consolazioni – divine o anche naturali o dovute a circostanze -, qualora si riesca ad esercitare indifferenza tra queste occasioni e quelle ove non vi sia o inclinazione o consolazione.
Ma dal momento che l’uomo è già incline per natura al piacere, la Tradizione ecclesiale ha solitamente insistito di più sulla pedagogia al soffrire che su quella al godere, pur non rinnegando la seconda, ma anzi proponendola spesso all’interno dell’ambito della preghiera, della vita sacramentale e dello stato di grazia in generale.
D’altro canto, la Croce non potrebbe autogiustificare una propria proposta morale qualora in questa stessa Croce non convivessero – distintamente – dolore e gioia. Ce lo spiega sempre San Tommaso d’Aquino: “Il godimento della fruizione non è direttamente contrario al dolore della passione: perché essi non riguardavano il medesimo oggetto. Niente infatti impedisce che in un medesimo soggetto si trovino delle qualità contrarie, però non sotto il medesimo aspetto. Cosicché nella parte superiore della ragione può esserci la fruizione direttamente per il proprio atto: e la sofferenza della passione per l’unità di subietto. Invece all’essenza dell’anima va attribuita la sofferenza della passione per il corpo di cui è forma; e la gioia della fruizione per la potenza di cui costituisce il soggetto” (Summa Theologiae, III, q. 46, a. 8).
Premesso ciò, prendiamo ora in causa proprio l’Umanità Ss. di Gesù nell’unicità delle proprie inclinazioni e sempre dinanzi alla missione redentrice. Proviamo dunque a risalire al tema natale di Gesù considerando degna di fede la testimonianza della Beata Emmerick (Vita della Santa Vergine Maria, cap. 4, § 62) a conferma del topos tradizionale del “die natalis” del Cristo, appunto la mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre, ponendo come coordianate i 31°42′ Nord e 35°11′ Est di Betlemme e come anno l’1 a.C. (in quanto una settimana più tardi ci si trova già a gennaio dell’1 d.C.).
Osservando il risultato del calcolo – e tenendo conto che 2000 anni fa (tra l’Era dell’Ariete e quella dei Pesci) le precessioni erano regolari, avvenendo esse propriamente intorno alla Stella Polare -, ecco che noi ci troviamo di fronte al seguente quadro:
1) inclinazione a determinatezza, rigore morale e pionierismo, come da influenza solare da parte della costellazione del Capricorno (22 dicembre-20 gennaio);
2) spiccata tendenza alla carismaticità, misteriosità ed intensità di sentimenti, oltre che prudenza, come da ascendente (ovvero segno che sorge a Est all’istante di nascita) in Scorpione;
3) pensiero forte, positivo e diretto, come da luna in Ariete.
Potremmo elencare alcune altre caratteristiche, ma a titolo esemplificativo ci fermiamo qui.
L’orizzonte fondamentale di Gesù si rivelerebbe dunque la Redenzione, ovvero il ristabilimento della piena comunione tra l’uomo e Dio, annullata in Adamo col peccato originale e preparata dall’antica alleanza tra il popolo d’Israele e JHWH. Tale orizzonte è capricornico: ha sentore di lavoro, di fatica, di opera vastissima ed essenziale a farsi, della quale bisogna gettare le fondamenta. Non per niente Gesù è chiamato “pietra d’angolo”, tale da esser stata “scartata dai costruttori”, e ciò è significativo perché il canale propizio per la denuncia dell’incomprensione dell’inestimabile valore dell’Opera di Salvezza di Gesù è sempre nell’alveo della sensibilità del Capricorno. Esporsi come Gesù si è esposto negli anni di vita pubblica, perlopiù rimanendo nell’umiltà del servizio al Piano Divino, non deve essere stato facile.
L’ascendente rappresenta l’immediatezza dell’ego, quell’ego che Gesù aveva invitato a crocifiggere al pari suo (cfr. Luca 9,23). Nel suo caso, questo immenso carisma dato dall’influsso dell’ascendente Scorpione – perfettamente incanalato nella Sua Persona da trent’anni di totale obbedienza ai Divini Voleri – diventa continuamente occasione di nuove oblazioni in ogni sua caratterizzazione nei vari ambiti della vita, detti “case”. Citeremo le principali quattro di dodici, con buona approssimazione della loro caratterizzazione: l’ascendente della prima casa – l’individualità, qui appunto in Scorpione -, il fondo cielo della quarta casa – ovvero l’ambito della famiglia e dei figli, qui nell’innovativo ma tradizionale influsso dell’Acquario -, il discendente della settima casa – ovvero l’ambito degli accordi e del matrimonio, qui nel potente e amorevole influsso del Toro – e infine il medio cielo della decima casa – ovvero l’ambito della visibilità sociale e del lavoro, qui nel rampante e generoso Leone -.
Già da questo piccola determinazione degli influssi più stretti del momento della nascita, è possibile comprendere qualcosa della passione non tanto che tali influssi abbia esercitato sul Cristo – non possedendo Egli il fomite del peccato -, quanto piuttosto l’errata disposizione dei Suoi contemporanei di fronte alla Sua Umanità: pensiamo solamente a quante donne abbiano percepito attrattive anche ben poco virtuose di fronte “al più bello tra i figli dell’uomo” (Salmo 45,3), mal governando il riflesso taurino dell’influsso di Cristo sull’ambito matrimoniale, oppure quante persone abbiano abusato della liberalità e dell’altruismo del “leone della tribù di Giuda” (Apocalisse 5,5), come testimoniatoci da diversi passi del Vangelo.
Infine un appunto sulla luna in Ariete nell’Umanità di Gesù pare più che doveroso. La luna è il luminare più vicino alla Terra e la sua massa influenza le maree, la crescita delle piante ed anche dei liquidi corporei. Forse è anche per questi motivi se tradizionalmente viene associata al segno dell’acqua, rappresentando dunque nell’uomo la mutabilità dell’inconscio o comunque quel pascolo nel quale il pensiero si situa e sostiene gli atti liberi di volontà. Confermando l’immagine tradizionale di Cristo come Agnello di Dio, il fatto che Gesù riceva influssi dalla luna in Ariete e non si identifichi con un grande montone da olocausto potrebbe significare che il Suo pensiero sia rimasto sempre agnello, “mite” (Matteo 11,29): pacifico (a parte nell’eccezionale e giusta cacciata dei mercanti dal Tempio) ed immacolato nel lavoro, nella preghiera, nelle opere, nella proclamazione, nel risanamento, nel perdono e nell’offerta di sè, fino al completo Sacrificio di tutta la Sua Persona sulla Croce.
Se Gesù Cristo avesse seguito le proprie inclinazioni, sottomettendo ad esse la propria ragione, avremmo avuto piuttosto quel ben umano eroe agognato dagli zeloti, magari dotato di superpoteri e strategia tali da riuscire a liberare Israele dal dominio romano e ristabilire le glorie del regno di Davide, sposandosi ed allevando un discendente di simile potenza per allargare massimamente la potenza del popolo eletto. Ma per Gesù così non fu, anzi al pur buon Pietro che lo rimproverò di fronte all’annuncio della crocifissione rispose molto severamente (Marco 8,33).
Una società di assecondamento zodiacale non era possibile in Israele, come non fu possibile nemmeno in India senza il compromesso delle caste; non fu possibile nel Rinascimento quando fra Tommaso Campanella scrisse “La città del sole” e non è possibile nel mondo post-liberale di oggi anche di fronte a mille opportunità di pianificazione sociale. La vera società zodiacale l’ha fatta misticamente proprio Gesù, con i suoi dodici apostoli e la comunità ecclesiale dei simbolici centoquarantaquattromila.
Infatti, il centoquarantaquattro si rivela essere la combinazione dei dodici segni solari con i pari e vari ascendenti moltiplicato per un indefinito “migliaia” (chiliades): dunque nella Gerusalemme Celeste ci sarà veramente ogni tipo di caratterizzazione umana! E se proprio, come si pensava fino all’inizio del trionfo della modernità, ad ogni apostolo, ad ogni basamento, ad ogni pietra della Città Escatologica risulti corrispondere un temperamento, esso sarà archetipo prendendo ad esempio coloro che su tale temperamento hanno lavorato, facendolo passare come oro nel crogiuolo: essi sono i santi di tutti tempi e di tutti i luoghi.
Concludendo, se nella società civile e nella Chiesa vi fosse una certa attenzione a tali dinamiche, i responsabili dell’educazione, delle assunzioni, delle vocazioni religiose ed altri contesti potrebbero – previo consenso sull’informativa privacy per evitare abusi – indirizzare meglio le persone senza pretendere da esse o troppo poco o troppo tanto, ma ciò che è conforme alla loro crescita umana e possibilmente anche spirituale. Ciò sarebbe già una gran cosa ed aiuterebbe moltissimi a respirare oppure ad evitare di pestarsi i piedi ma anche a capire come aiutare chi non ha voglia di lavorare oppure chi ha limitazioni dovute alla salute, e si situerebbe a fianco di esigenze più urgentemente morali e materiali, quali sono la religione, il diritto civile, la biologia e la medicina.
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