La violenza non ha sesso

La violenza non ha sesso

di Antonella Paniccia

ALCUNE RIFLESSIONI SULLA VIOLENZA…

La violenza è una cosa terribile, da qualsiasi parte provenga. È un delitto, è abominevole. Nessuno, proprio nessuno dovrebbe esercitarla contro qualcuno. È violenza la guerra fra i popoli, è violenza il bullismo dei ragazzi nelle scuole, è violenza il mobbing dei colleghi nei rapporti di lavoro, è violenza l’uso dei ricatti da parte dei superiori nei confronti dei dipendenti. È violenza quando in famiglia non si dialoga e si alza la voce, peggio ancora se si bestemmia per intimorire l’altro, per renderlo succube. La violenza è l’opposto dell’amore, è il desiderio insano di ferire, di fare del male, di schernire l’altro per umiliarlo, di volerlo annientare per oscurarne – o per annientarne – le capacità se si ritiene che esse siano superiori alle proprie (il delitto di Giulia Cecchettin ne è la drammatica prova).

Ma la violenza è anche quella che taluni genitori – non tutti, per fortuna – esercitano nei confronti degli insegnanti, soprattutto quando li ritengono colpevoli di non aver adeguatamente valorizzato i propri figli a scuola,  ben sapendo che i figli non sempre sono gioielli, specie se il loro super ego è stato nutrito in maniera spropositata dagli stessi genitori e dai social. I social, sì, quei divulgatori di invitanti figure di influencers che propongono ai nostri giovani stili di vita orientati alla conquista del successo personale, della bellezza ad ogni costo, del divertimento obbligatorio, dei guadagni facili. Bisognerebbe chiedersi finalmente verso quale abisso stia scivolando la nostra società, bisognerebbe che ognuno si interrogasse seriamente per sapere quanta parte di responsabilità abbia nella decadenza  dei valori della gioventù. Cosa si sarebbe potuto fare in famiglia, nella scuola, in qualsiasi ente educativo – e persino negli ospedali – per aiutare questi giovani che appaiono sempre più soli, seppur ammalati di protagonismo, comunque privi di saldi riferimenti affettivi e di validi modelli educativi? Per quante omissioni si dovrebbe recitare il mea culpa? E lo Stato, che parte ha in tutto ciò? Quali Programmi educativi ha emanato per arginare la violenza? Forse l’imposizione sottile del gender? Forse, in alto loco, si pensa che nutrire la mente dei bambini con le menzogne possa essere un efficace obiettivo educativo e didattico? Da insegnante, da cristiana, da cattolica: io dico no!

La violenza, in verità, non ha genere, non ha sesso: ha solo l’identica matrice diabolica, lo stesso intento deleterio di demolire la famiglia, di scardinare gli affetti, le relazioni parentali autentiche, di annientare l’amore per le tradizioni. Si è iniziato tanti anni fa con il divorzio, poi con l’aborto, ora sono state sdoganate l’eutanasìa, l’ideologia gender e la maternità surrogata (perché dire “utero in affitto” suona troppo disdicevole). I giovani, quindi, sono il frutto deteriorato di queste “false conquiste” spacciate per diritti umani.

Sappiamo tutti che i fattori che generano la violenza sono determinati soprattutto dalla mancanza di una sana educazione al rispetto dell’altro, dall’assenza di valori etici e morali, dall’abbattimento dell’autorevolezza dei genitori nella famiglia: di quella vera, quella che, sprovvedutamente, oggi viene derisa con slogan urlati sguaiatamente in piazza. La famiglia, quel sogno di Dio (così definito da Papa Giovanni Paolo II) dimenticato e aspramente combattuto, attribuendole intenzionalmente uno stile educativo appartenuto ad epoche ormai remote, confondendola con l’oppressione maschilista, davvero violenta, che è prerogativa invece solo di alcuni uomini.

Oggi, quando si discute di “violenza di genere”, lo si fa soprattutto per criminalizzare la famiglia cosiddetta tradizionale, denigrandola e marchiandola con il termine “patriarcato”, allo scopo di screditare la figura paterna ritenuta rea di eccessiva severità o di abuso di potere educativo. In realtà, le cause vanno ricercate altrove: crollati tutti i paletti del pudore, dei buoni sentimenti, della fede, degli ideali, come una crepa nella diga si è ormai avanzata la pretesa della libertà di fare e di prendere ciò che ci piace, del consumismo e del possesso, del relativismo, dell’edonismo, della amoralità. 

Ma grazie a Dio non tutti i giovani sono così. Lo affermo con certezza perché ho avuto la fortuna di conoscere ragazze e ragazzi splendidi che studiano, si impegnano per migliorare la società, che lavorano tanto per costruirsi un futuro e per mantenere dignitosamente le famiglie che desiderano formare o che hanno già costruito; parimenti, ho provato anche la soddisfazione e la gioia di educare tantissimi bambini che, pur vivaci o problematici, si sono mostrati volenterosi, pieni di sensibilità, con un gran desiderio di imparare da noi adulti. Perché “noi” siamo i loro modelli ed essi sono le meravigliose promesse su cui vogliamo scommettere e sperare per costruire il futuro!

Purtroppo, talvolta capita di avere sotto gli occhi scene che non fa piacere vedere, o di ascoltare parole che mai si vorrebbero udire dai ragazzi. Cosa dire, infatti, di quei giovani che usano la bestemmia come intercalare dei loro discorsi? E non è angosciante incontrare in farmacia tre ragazze giovanissime (con metà dei glutei strabordanti dai calzoncini corti e top che a malapena coprono il seno) le quali, dopo essersi guardate intorno con circospezione, domandano alla farmacista la pillola del giorno dopo? Verrebbe da gridare: Mamme, custodi ed educatrici delle vostre figlie: dove siete? Avete dimenticato il vostro dovere? Probabilmente queste ragazze neanche sono consapevoli di ciò che fanno.  

A cosa serve, allora, dipingere panchine, seminare scarpette rosse nelle piazze o segnarsi il viso con due segni di rossa violenza? La violenza è pure quella di chi sfila in corteo incitando all’odio, talvolta spacciando diritti che sono abomini, magari esibendo la foto di un ministro della Repubblica Italiana con sovraimpressi chiari segni intimidatori. E sono queste le armi pacifiche usate dai “non violenti”. Ma gli insulti urlati, le intimidazioni, i cartelli osceni sono essi stessi “violenza”! 

La stessa violenza inaudita che si vuole combattere e che scaturisce, soprattutto, dall’oblìo di Dio, in un Occidente ormai morituro, che odia se stesso (come disse papa Benedetto XVI), in una Europa che, tradendo i suoi fini, si sta suicidando attraverso l’emanazione di leggi inique contrarie alla bellezza e alla sacralità della vita. Ma tutto questo ormai, sembrano essere in pochi a capirlo: noi tutti faremmo bene a riflettere molto su questa debacle, prima che il crollo definitivo dei valori fondanti, delle radici e della cultura dell’Europa diventino un’amara ed irreversibile realtà.

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments