Rémi Brague: “Le élite europee vogliono porre fine al Cattolicesimo”
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L’URGENZA VITALE DELLA FEDE
Il filosofo e storico francese Rémi Brague durante le sue conferenze non le manda a dire.
Nel corso di un incontro tenutosi nell’auditorium Mutua Madrileña il filosofo francese ha offerto una profonda riflessione sulla crisi globale che sta attraversando l’Occidente con il titolo “Perché l’uomo occidentale odia se stesso?”.
Rémi Brague ha iniziato la sua presentazione affermando che ci sono molte cose che non vanno nel nostro mondo, ma tutte convergono nell’odio verso se stessi.
Il filosofo ha citato fenomeni come l’immigrazione, la storia dell’Occidente ridotta a un susseguirsi di crimini, l’odio verso il Cristianesimo, la visione delle istituzioni come costruzioni vuote, senza fondamento nella natura e che, quindi, possono essere “decostruibili”, e perfino la percezione dell’uomo come mero predatore del pianeta.
Per Brague “chi odia se stesso rifiuta ciò che lo definisce nel suo livello più profondo. Un chiaro esempio di ciò, ha osservato, è l’odio verso il Cristianesimo che manifestano alcune élite occidentali”.
Il professore ha chiarito che non si riferisce solo a un fenomeno passivo come la disaffezione alla pratica religiosa, ma piuttosto “a un desiderio attivo di porre fine alla Chiesa e alla religione, soprattutto a quella cattolica”. Brague ha affermato che “l’odio verso il cristianesimo è la prova della sua importanza decisiva nella storia della cultura europea”.
Il filosofo ha proseguito affermando che “ciò che chiamiamo individuo è il risultato dell’eliminazione di tutte le determinazioni che vengono dall’esterno” e questo include sia le “determinazioni culturali come i genitori” che “l’ambiente sociale, il Paese con la sua lingua, la sua cultura e la sua storia, come le determinazioni naturali, cioè il sesso o l’età, e perfino il fatto fondamentale dell’appartenenza alla specie umana”.
Questo odio verso se stessi “si manifesta come invidia, un peccato che rattrista il volto di chi cerca il piacere”, ha proseguito il professore. “La persona che invidio non mi ha tolto nulla, non mi ha privato di nulla. Quindi l’invidia è un peccato astratto, un peccato da puri spiriti, cioè un peccato diabolico”, ha affermato. Sotto questo aspetto Satana non è nemico di Dio, ma dell’uomo”.
Nella sua analisi, lo storico non ha dimenticato di citare la Teoria dell’Evoluzione, sottolineando che “se la specie umana è semplicemente il risultato del caso, e niente più, dobbiamo osare pensare al fenomeno paradossale dell’invidia di sé. L’invidia di sé genera odio per se stessi”.
Brague ha avanzato il suo ragionamento.
“Se passiamo dall’autoinvidia dell’uomo come specie al particolare, ritroviamo l’odio di un tipo specifico di uomo: l’uomo bianco, maschio e, in termini culturali, cristiano. È chiaro quindi che l’Occidente ha fatto più danni nel mondo di altre culture, soprattutto perché era potente. Ovviamente, i potenti faranno più danni dei malvagi. L’Occidente deve chiedere perdono ma anche aspettarsi di riceverlo”.
Lo storico si è rrammaricato che i successi dell’Occidente e, soprattutto, la sua conquista del mondo siano oggi visti con disprezzo perché sembrano frutto del caso, quando invece l’Europa ha potuto aprirsi all’esterno perché più avanzata nel campo della scienza e della tecnologia e, soprattutto, nella navigazione”. Tuttavia, ha riconosciuto, che queste imprese hanno portato con sé, come rovescio della stessa medaglia, dei crimini.
Rémi Brague ha concluso affermando che “senza un punto di riferimento esterno e trascendente, l’uomo non può dire di valere più di una lumaca, né può rivendicare una dignità speciale”.
Il filosofo si è unito a diversi pensatori nell’affermare che la presunta “morte di Dio” ha come inevitabile conseguenza logica la morte dell’uomo. Brague ha però chiuso il suo intervento con un messaggio di speranza: “La cosa bella della situazione attuale è che ci dà l’opportunità di riscoprire l’urgenza vitale della fede”.