Le due catene di Satana

Le due catene di Satana

di Padre Giuseppe Tagliareni

L’ASTUTO SERPENTE INGANNA ANCORA…

L’uomo è stato creato “ad immagine di Dio” (Gen 1,27), intelligente e libero, capace di relazionarsi agli altri e a Dio stesso come persona cioè come un essere responsabile di sé, di donarsi per amore e non per forza. Fin dalle origini Dio gli diede una dignità infinitamente superiore a tutte le altre creature della terra e lo chiamò alla comunione con Sé, in piena libertà e obbedienza di amore. I tanti doni di natura e di grazia lo costituirono re del creato e luogotenente di Dio, destinato alla gloria eterna del Cielo. Tutto questo fu perduto a causa della ribellione delle origini. Tentato da Satana, l’uomo cadde, presumendo di raggiungere il proprio bene senza e contro quel Dio che tanto gli aveva dato e più ancora gli avrebbe dato, se egli avesse obbedito ai Suoi comandi.

L’offesa di Dio fu grandissima; il peccato fu mortale, cioè non solo fece perdere la dignità di figlio di Dio, rendendolo schiavo di Satana, ma procurò la morte dell’anima prima e del corpo poi. La coppia umana fu cacciata dal Paradiso terrestre e confinata nella “valle di lacrime”, tra infinite tribolazioni fino alla morte. Offeso e tradito, Dio si allontana, ma non lascia l’uomo senza una importantissima promessa: la discendenza della Donna schiaccerà la testa al Serpente infernale, primo responsabile del peccato dell’uomo e della donna (cfr. Gen 3,15). Le infinite tribolazioni date come pena all’uomo peccatore invece dei tantissimi beni delle origini, preluderanno al tempo del riscatto. L’umanità peccatrice anela ad un ritorno alle origini, alla piena comunione con Dio, che solo il promesso Redentore potrà dare. E questo è proprio ciò che ha fatto Gesù, Dio fatto uomo, immolando se stesso sulla croce per riparare i peccati degli uomini, specialmente quello delle origini.

Vogliamo considerare come Satana rende schiavi gli uomini e con quali catene. E poi, come ci si può liberare da questa schiavitù.

L’astuto Serpente inganna promettendo suprema libertà: “Lo vuoi? Prendilo! Ti piace? Fallo! Diventa come Dio: libero di conoscere il bene e il male!”. Aderendo al tentatore, l’uomo si distacca dalla comunione e sottomissione a Dio e diventa schiavo di Satana, primo ribelle e peccatore ostinato. Il gran seduttore ha tolto all’uomo Dio e tutti i Suoi beni: il Paradiso, la Grazia, la felicità, la gioia di vivere, la stessa comunione tra uomo e donna. A loro posto ha procurato tutti i mali: il dolore, le malattie, la divisione, la morte. Poiché col peccato l’uomo si allontana volontariamente da Dio, fonte della vita, va incontro alla morte e alla maledizione eterna, da cui non può scampare: “Il salario del peccato è la morte” (Rom 6,23), è detto. “Chi fa il peccato è schiavo del peccato. Se il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Gv 8,34.36) dice Gesù. E precisamente per questo è venuto il Figlio di Dio, “per dare la libertà ai prigionieri, ai ciechi la vista, a liberare gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19). Chi si converte a Gesù, riceve come Saulo a Damasco la vista nuova e la liberazione dalla schiavitù a Satana, che è l’oppositore di Cristo, colui che si vuole fare un regno alternativo a quello del Figlio di Dio.

La forza di Satana è il peccato e la morte. Queste sono le due catene che egli mette ai polsi di tutti gli uomini, mentre ai piedi mette l’attaccamento ai beni della terra: denaro, salute, onori, divertimento, piaceri…, da cui nessuno può distaccarsi con le sole sue forze. Così incatenato, l’uomo perde libertà e dignità; l’immagine di Dio è deturpata, il suo patrimonio eterno dilapidato, mentre la bocca dell’Inferno si spalanca sotto di lui. Questo Satana lo nasconde abilmente, mettendo una crescente paura della morte, onde impedire all’uomo di convertirsi a Dio prima di arrivare al Suo Giudizio di condanna. Di fatto i peccatori non si convertono, odiano Dio e la Sua Legge, calpestano i Suoi Comandamenti, vivono come se mai Gli dovessero rendere conto e vanno incontro all’eterna maledizione, da cui solo l’infinita Misericordia di Dio li può salvare. E così è stato. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

Com’è che Gesù ci libera dalla schiavitù a Satana e dalla maledizione eterna? Egli lo fa con la Parola e con i Sacramenti. Con la sua Parola annunzia il Regno di Dio e richiama alla conversione del cuore a Dio; con i Sacramenti conferisce la Grazia, la vita divina, durante le celebrazioni liturgiche, in particolare la Santa Messa. Il tutto è insieme opera di Dio, che prende sempre l’iniziativa, e opera dell’uomo, che risponde e fa i passi richiesti. Ottenuta la conversione del cuore, che è un vero ritorno a Dio come il figliol prodigo che ritorna alla casa del padre (cfr. Lc 15,18), Gesù ci libera dalla prima catena, il peccato, mediante il Battesimo, oppure, se si tratta di peccati fatti dopo, mediante un altro Sacramento, la Confessione o Riconciliazione, in cui viene tolto il peccato e ridata la Grazia. L’anima ritorna splendente e bella, ad immagine di Cristo, con quello splendore che il Creatore ha voluto per i Suoi figli fin dalle origini dell’umanità. E questo è anticipo della Gloria che il Signore gli darà come eredità eterna nel Cielo. La Grazia sarà tanto più piena e santificante quanto maggiore è la buona volontà del convertito. Essa cresce con l’amore dato a Dio e al prossimo e con il dolore dei peccati commessi; con l’esercizio della carità e l’aumento della conoscenza di Dio; con la riparazione dei peccati e l’accettazione delle tribolazioni della vita; con l’acquisto delle virtù e il distacco dal mondo e dalle sue vanità; con la povertà di spirito e la preghiera incessante, specialmente quella liturgica della Santa Messa e quella mariana del Santo Rosario.

Com’è che Gesù ci libera dalla morte? Con tutti i Sacramenti, ma in particolare con l’Eucaristia. I Sacramenti infatti ci comunicano la vita divina, che in sé dura in eterno e si prolunga dalla terra al Cielo per chi vive sempre in grazia di Dio. Ma la più abbondante comunicazione di vita divina avviene con l’Eucaristia, come Gesù stesso ci ha rivelato: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed Io lo risusciterò nell’ultimo giorno… Chi mangia di questo pane, vivrà in eterno” (Gv 6,54.58). L’Eucaristia è non solo sacrificio di lode e di ringraziamento a Dio, né soltanto sacrificio della “nuova ed eterna alleanza” (cfr. Eb 9,15). Essa è anche cibo per l’anima e caparra della vita eterna; è medicina che risana dalle malattie spirituali; è presenza reale di Cristo, che comunica sempre più all’anima fedele tutto ciò che è suo: la sua divinità e la sua pienezza di umanità, sicché l’uomo sia trasfigurato ad immagine di Cristo e torni ad essere fatto “ad immagine di Dio”, secondo la volontà del Creatore.

Anche il corpo riceve la sua parte. Pur se sottoposto al dolore e alla morte, sarà assimilato a Cristo: prima nella passione e poi nella gloria. All’ultimo giorno risorgerà e splenderà di luce e bellezza immortale nel Paradiso di Dio. Questo ci è stato rivelato da Gesù stesso (“Allora i giusti risplenderanno come il sole nel Regno del Padre loro”) sia per fugare la paura del dolore e della morte, sia per far rinascere la speranza della gloria eterna, sia per aiutarci a distaccare il cuore dai beni terreni, sempre passeggeri e labili.

La Santa Comunione ci trasmette la vita di Gesù: ci alimenta nell’anima (a volte anche nel corpo): fa crescere la fede, la speranza e la carità; ci infonde le virtù e i doni dello Spirito Santo; ci rende sempre più vittoriosi contro Satana e tutte le sue seduzioni; ci dà vita eterna. Non ci può essere vittoria più sicura contro la morte. Alla risurrezione, anche il nostro corpo sarà beato per sempre.

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