Cancellare un popolo è un atto rivoluzionario

Cancellare un popolo è un atto rivoluzionario

di Pietro Licciardi

GENOCIDI PRESUNTI (GAZA) E VERI, MA DIMENTICATI

E’ abitudine ormai abusare delle parole distorcendone il significato per usarle come pietre contro nemici e dissidenti. Una di queste è “genocidio”. Si scende violentemente in piazza per accurare Israele di un presunto “genocidio” palestinese, ma si glissa e tace sui “veri” genocidi compiuti là dove non si posa lo sguardo peloso dei media o quando a commetterli sono gli amichetti, presunti e ritenuti tali, o coloro dai quali ci si aspetta di ricevere qualcosa.

Chi parla infatti degli uiguri, dei tibetani, dei mongoli o dei musulmani Hui sistematicamente perseguitati in Cina? Oppure delle violenze pakistane ai danni dei musulmani ahmadi? Senza citare i molti altri genocidi “freddi”, ovvero compiuti senza necessariamente produrre cataste di morti ma semplicemente sopprimendo ogni possibilità di trasmissione della lingua e della cultura di un popolo. Anche questo infatti rientra nella fattispecie normata nel 1948 dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, che divenne operativa nel 1951, prendendo le mosse dallo studio del giurista ebreo polacco Rafal Lemkin (1900-1959), Axis Rule in Occupied Europe: Laws of Occupation – Analysis of Government Proposals for Redress, pubblicato nel 1944 a Washington dal Carnegie Endowment for International Peace. 

E’ applicando i canoni interpretativi di quella convenzione che è stato possibile definire genocidio la Shoà degli ebrei e, molti anni dopo, il genocidio degli armeni perpetrato dal governo turco tra il 1915 e il 1916. 

Ma quanto sanno che ad “inventare” questo infame sistema di controllo della popolazione: lo spopolamento, il nazionicidio, il genocidio, fu il “secolo dei lumi”? furono infatti i “filosofi” rivoluzionari di Francia a pianificare e mettere in pratica per primi con ferocia la sistematica soppressione dei “nemici del popolo”, veri o presunti. Come informa Carmelo Domenico Leotta nel suo “Il genocidio nel diritto penale internazionale” si deve a François-Noël Babeuf, detto Gracchus, la teorizzazione della “distruzione volontaria di un gruppo nazionale”, che Robespierre applicò su base ideologica col Terrore. 

Il primo tentativo di vero e proprio genocidio lo sperimentarono i vandeani nel corso di quattro guerre subite nel giro di pochi anni da questi abitanti della regione a nord-est della Francia: monarchici e cattolici di ferro sterminati da “sanculotti” guidati da generali che senza scrupoli fecero strage di uomini, giovani, anziani, donne e bambini.

Furono gli stessi comandanti repubblicani a vantarsene, come il generale Westermann, “il macellaio della Vandea”, che agiva agli ordini di Carrier, procuratore del Tribunale d’Aurillac, il quale così riferiva: «Cittadini repubblicani, non c’è più nessuna Vandea! E’ morta sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. L’abbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che almeno quelle non partoriranno più briganti. Non ho un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti»

Tale furia omicida non fu dettato soltanto dalla necessità di domare la rivolta della Vandea ma aveva anche l’obiettivo di diminuire il numero degli abitanti della Francia, considerato eccessivo rispetto alla disponibilità di terre da coltivare. Lo spopolamento pianificato non doveva risparmiare i soldati rivoluzionari che generali corrotti sottoponevano alle stesse restrizioni, alla stessa carestia con la quale uccidevano la popolazione locale, mentre i loro comandanti si lasciavano andare ad eccessi di ogni genere, prima di condurli al massacro.

Il Terrore durò solo un anno, ma il bilancio finale della Rivoluzione consistette secondo le stime in circa due milioni di vittime. E pensare che ancora oggi i francesi festeggiano in pompa magna il 14 luglio, data della presa della Bastiglia, cui si fa risalire l’inizio della Rivoluzione, la made di tutti i successivi totalitarismi e genocidi.

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