Il protezionismo Usa e l’UE

Il protezionismo Usa e l’UE

di Pietro Licciardi

I DAZI SARANNO UN ULTERIORE INCENTIVO, ASSIEME ALLE POLITICHE GREEN, A DELOCALIZZARE LA NOSTRA INDUSTRIA. L’EUROPA SARA’ LA DISNEYLAND DI CINESI E AMERICANI?

In questa ultima parte dell’intervista ad Amedeo Maddaluno, esperto di storia ed economia politica e parte del think tank del canale Parabellum, vediamo quali ripercussioni avrà per l’Europa l’intenzione espressa dal neopresidente Donald Trump di contrastare con nuovi dazi il potere commerciale cinese

Dottor Maddaluno, Trump sembrerebbe intenzionato a contrastare con i dazi e altre misure economiche la penetrazione cinese. Che conseguenze potrebbe avere questo sui partner commerciali europei? 

«Il problema esiste già. Siamo già in un periodo di protezionismo statunitense – pur con diverse sfumature. Anche in questo caso i democratici sono quelli che sanno correttamente usare le posate a tavola, ma si mangiano tutto, mentre i repubblicani sono i rozzi che ruttano e danno la manata sul di dietro alla cameriera ma poi mangiano tutto alla stessa maniera. Il periodo protezionista è cominciato con la seconda amministrazione Bush e poi è esploso con Obama e il suo “buy American”. Il protezionismo americano diventerà ancora più duro se i dazi saranno inaspriti e ci sarà un fuggi fuggi di aziende europee dall’Europa, le quali preferiranno investire negli Stati Uniti. Siccome non potranno più esportare, andranno a produrre là. Per di più i cinesi non se ne torneranno a giocare a shanghai ma riverseranno la loro capacità produttiva sul Vecchio Continente. Hanno già ucciso il nostro automotive facendo un dumping folle, hanno ucciso diversi altri settori, ne uccideranno ancora di più. L’acciaio è solo il primo esempio che mi viene in mente. L’Europa non ha la forza di fare una politica industriale, come non ha la forza di fare una politica della difesa e come non ha la forza di fare semplicemente politica.

Verrebbe da chiedersi: l’Europa che ci sta a fare?

«L’Europa c’è perché l’alternativa sarebbe peggio. Immaginiamo non avere neanche quel poco di Europa che abbiamo. Abbiamo vissuto una stagione lisergica, in cui si predicava l’uscita dall’euro e le meravigliose e progressive sorti per chi sarebbe uscito dall’Unione; infatti, la Gran Bretagna lo ha fatto ma non ha risolto tutti i suoi problemi. Non pare che a Londra dai rubinetti esca birra anziché acqua».

Comunque sono state anche certe politiche un po’ folli dell’Europa, come le ubbie green ad affossare la nostra industria e spalancare le porte a quella cinese. Si pensi alle auto elettriche e ai pannelli solari, ormai prodotti in regime di monopolio da Pechino, non è così?

«Quello è un capolavoro. L’Europa pesa per ormai meno del 10% sulle emissioni climalteranti globali, quindi anche se chiudessimo l’ultima fabbrica europea e morissimo tutti di fame per arrivare a zero emissioni l’ambiente ne guadagnerebbe per un misero 10% mentre tutto l’inquinamento forse peggiorerebbe a causa di Stati Uniti, Cina e India che non hanno la nostra regolamentazione ambientale. La vera tutela dell’ambiente si fa proteggendo l’industria europea e non smantellandola. L’industria europea è la più green! L’ Italia, ad esempio, è tra i primissimi produttori al mondo per percentuale di acciaio green sul totale dell’output perché usa forni elettrici (si consideri che noi per produrre elettricità non usiamo carbone,): chi è più “verde” di noi? Il nostro acciaio allora andrebbe protetto un po’ di più ma per mille motivi non si riesce a fare. Purtroppo, abbiamo alle spalle una pedagogia trentennale che ha dipinto l’industria come brutta e cattiva e su questo si sono costruite carriere giornalistiche e fortunati programmi televisivi. Che modello viene proposto ai nostri ragazzi? Si accende la tv e si vedono programmi di cucina, con tutto il rispetto per i cuochi. Ai giovani in altre parti del mondo, come negli Stati Uniti, fanno vedere il cervellone, l’hacker, il personaggio che crea una industria nel garage di casa. Lì viene spinto quel mito, da noi il cuoco. Stiamo progettando un continente che sarà una grande Svizzera, in cui ricchi americani e cinesi verranno in vacanza e in cui tutti noi faremo i camerieri; in Italia serviremo pizza, in Germania birra. Saremo tutti molto più poveri però avremo fatto una grande Svizzera, pacifica e che commercia con tutti senza occuparsi di politica. È il progetto di Angela Merkel».

Quindi diventeremo una sorta di grande Disneyland per i ricchi della terra?

«Ricordiamoci la battuta di Jurassic Park: “C’è l’ha fatta quel figlio di puttana, ce l’ha fatta. Ecco, potremmo rivolgere la stessa battuta ad Angela Merkel».

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