Che cosa ha fatto il popolo?

Che cosa ha fatto il popolo?

di Francesco Bellanti

DEL POPOLO E DEL PROGRESSO DELLA SOCIETA’

Il popolo si è sempre opposto al progresso dell’umanità (o comunque ne è stato indifferente), che invece è stato sempre opera di un’élite di uomini appartenenti alla borghesia o all’aristocrazia che si sono fatti portavoce dei diritti e degli interessi delle masse e sempre hanno governato le vere rivoluzioni popolari. Il limite delle democrazie parlamentari odierne è quello di dare potere elettivo col voto a masse ignoranti e schiave del bisogno. Intendiamo dire che una vera democrazia è quella capace di eliminare, per prima cosa, la povertà materiale e spirituale del popolo o, se vogliamo, delle classi sociali che devono eleggere i propri rappresentanti. Cosa che non accade spesso.

Ma andiamo con ordine. Nel campo religioso, chi ha compiuto le vere rivoluzioni, chi sono i fondatori di religioni? Per restare alle più grandi, Buddha era un principe indiano, Gesù era – oggi diremmo – un borghese colto che aveva studiato  e conosceva la Legge, Maometto era un ricco mercante. Nella politica e nella società, il capo dei populares di Roma, l’uomo che ha rivoluzionato la società romana e ha cambiato in modo profondo il corso della storia, Giulio Cesare, era un aristocratico. In tempi più vicini a noi, il Rinascimento è stato opera dei nobili e di grandi artigiani borghesi, non di pecorai e contadini, che anzi furono gli unici esclusi dai progressi culturali e materiali di quest’epoca grandiosa. I papi del periodo erano espressione di famiglie nobili e aristocratiche. I più grandi storici del tempo, Machiavelli e Guicciardini, erano figli di borghesi.

La rivoluzione industriale del Settecento fu un processo dovuto a ricchi commercianti intraprendenti, l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, il più grande sconvolgimento sociale, politico e culturale di ogni tempo, furono opera di esponenti aristocratici e borghesi; da queste classi sociali provenivano Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Diderot, Robespierre, Saint-Just, Danton, o chi abbatté la Monarchia inglese, Oliver Cromwell. Anche chi si oppose alla Rivoluzione Francese era un conte, Joseph Marie de Maistre, diplomatico, politico, filosofo, scrittore, magistrato e giurista sabaudo di lingua francese, suddito del Regno di Sardegna, il più famoso tra i pensatori reazionari del periodo post-rivoluzionario.

I rivoluzionari americani facevano parte delle élite coloniali, erano grandi proprietari, ricchi borghesi. Per tornare a noi, il Risorgimento è stato concepito e realizzato da forze borghesi, i contadini non si sono nemmeno accorti del passaggio dai vari Stati al Regno d’Italia. La Rivoluzione bolscevica in Russia: Lenin, Lev Trockij erano borghesi benestanti, solo Stalin era figlio di poveri (e tradì, infatti, la rivoluzione e diventò un criminale). Mao Tse-tung era figlio di ricchi proprietari terrieri, Che Guevara era un medico e Fidel Castro un avvocato. Potremmo fare mille altri esempi, diciamo solo che i più grandi economisti, scienziati, industriali, in genere provenivano dalla borghesia, così i più grandi filosofi e musicisti, e uomini di cultura, Manzoni e Leopardi erano conti. Il progresso, o, se si vuole, i processi fondamentali della storia, lo hanno creato esponenti della borghesia e dell’aristocrazia.

Che cosa ha fatto il popolo? Il popolo ha mandato a morte Cristo, ha eletto Hitler, ha accettato e subito Mussolini, che non è stato nemmeno eletto con elezioni regolari, la stessa cosa si può dire di Stalin, Franco. Gli antifascisti italiani che hanno creato la Repubblica provenivano quasi tutti dalla borghesia. Quando il popolo è schiavo del bisogno, parlo del popolo ignorante, nelle democrazie parlamentari, combina delitti. Il progresso va avanti perché la vera politica è sempre più coraggiosa del popolo. È questo il suo ruolo: il coraggio. La democrazia è opera delle classi sociali che si emancipano, insomma del popolo colto, che studia, che non è schiavo del bisogno, che pensa con la propria testa, il popolo libero, non quello che non capisce chi sono i falsi profeti, i demagoghi. La democrazia va avanti per mezzo del popolo colto che sta attento alle parole, alle fake news, alle bugie, che non si vende per un piatto di lenticchie.

Scomparsi oggi i grandi partiti di massa – Partito Comunista, Partito Socialista, Democrazia Cristiana – e i grandi sistemi ideologici, le visioni del mondo alle quali masse sterminate avevano creduto per realizzare i loro sogni di progresso e di civiltà, per eliminare il degrado della politica e della società italiana, noi crediamo che occorra una vera e propria rivoluzione culturale, quella che in realtà non c’è mai stata in Italia. Rivoluzione culturale che innescherebbe anche un radicale cambiamento del modo di sentire e di concepire la politica, una politica al servizio dei cittadini e del progresso dell’intera civiltà italiana. Tutte le più grandi nazioni del mondo hanno avuto una rivoluzione che – anche scatenando una reazione contraria – ha fatto crescere nel complesso la loro società.

Pensiamo in particolare all’Inghilterra dopo Oliver Cromwell, alla Rivoluzione Francese, alla Guerra di Indipendenza americana prima e alla Guerra di Secessione poi, che hanno creato lo Stato più forte e potente della Terra, gli Stati Uniti d’America, alla Rivoluzione di Ottobre in Russia, che – qualunque giudizio si voglia dare – è comunque alla base degli importanti cambiamenti politici dopo la fine del comunismo, così la Cina con Mao, che è diventata quella odierna con le riforme di mercato. La stessa Spagna di oggi nasce dopo il franchismo e una guerra civile devastante. La Seconda Guerra Mondiale è stata decisiva per il Giappone, perché ha strappato il Paese del Sol Levante dal Medioevo, e per la Germania, che, dopo l’imperialismo e il militarismo del periodo guglielmino e dopo Hitler e il Nazionalsocialismo, ha riscoperto la politica democratica ed è diventata la nazione guida d’Europa.

Ci fermiamo qui. Dopo tutti questi eventi, le Nazioni di cui abbiamo parlato non sono state più le stesse, se non sono cambiate in meglio, sia dal punto di vista economico che sociale. In Italia, invece, che cosa abbiamo avuto? Abbiamo avuto una monarchia indegna che ha depredato il Sud e ci ha portato il fascismo e due guerre mondiali (anche se la prima, in fondo inutile, ha un po’ dato agli italiani il senso dell’appartenenza a un unico Paese), una guerra civile che ha lasciato rancore e odio, una società immutata perché gli strati sociali piccolo borghesi che erano alla base del fascismo sono trapassati nel più grande partito moderato d’Europa, la Democrazia Cristiana, che però ha garantito nel bene e nel male la ricostruzione. E poi? Poi il ’68 che ha fatto avere qualche diritto civile ma ha anche partorito il terrorismo, il malaffare della mafia e della politica corrotta. Poi ancora la desolazione e lo squallore di oggi, che nascono dalla distruzione dei partiti della cosiddetta Prima Repubblica. Ecco, per questo noi siamo ancora convinti che solo una rivoluzione culturale potrà salvare l’Italia, quella che hanno avuto in forme magari diverse i Paesi di cui prima abbiamo parlato. Una rivoluzione che cambi non solo leggi elettorali, ma il modo stesso di fare politica, di fare cultura, di essere uomini. Solo una rivoluzione culturale può cambiare l’Italia e diventare finalmente un destino.

La rivoluzione culturale deve partire da una stabilizzazione del sistema politico e da una legge elettorale proporzionale. Se la politica deve avere coraggio, noi pensiamo che sia necessaria la nascita di un grande partito cattolico, favorito dalla Chiesa e da enti, organizzazioni d’ispirazione cattolica, dalla comunità dei fedeli, che rappresenti i valori del cattolicesimo democratico.  Non stiamo parlando di un ritorno alla vecchia Democrazia Cristiana, perché dopo più di trent’anni dalla sua scomparsa i tempi sono cambiati. Parliamo di un grande partito interclassista d’ispirazione cattolica che aggreghi forze moderate, un partito che già esiste in Germania, Spagna, Portogallo, Cile e in tanti altri Paesi democratici del mondo. E che per il bene del proprio Paese ha fatto alleanze proficue anche con partiti e forze socialiste (Germania, Spagna, Portogallo, Cile, etc.). In questo modo si fermerebbe la deriva verso estremismi di destra e di sinistra, e sovranismi fuori della storia, e a nostro avviso farebbe bene anche alle forze di sinistra che non agiterebbero più il solito mantra dell’antifascismo contro una destra minoritaria e marginale nell’agone politico per tornare a iniziative e programmi più concreti vicini al mondo del lavoro, ai bisogni reali dei lavoratori, ai problemi sociali. In quasi tutti i più grandi Paesi del mondo – Germania, Spagna, Gran Bretagna, USA, e così via – esistono solo tre o quattro grandi partiti di massa che rappresentano gli interessi complessivi di tutta la comunità nazionale.

Non sono certo il cambiamento di una legge elettorale e la semplificazione del sistema politico che risolveranno tutti i problemi in Italia, ma un sistema politico in cui prevalgono solo opposti estremismi sicuramente non aiuta a progettare un destino, una presenza nel mondo e nella storia. La politica deve avere coraggio, laddove manca la politica, questo vuoto viene coperto da altre istituzioni dello Stato, per esempio dalla magistratura, con esiti devastanti spesso. La politica deve avere coraggio, e far proprie istanze avanzate dalla società civile colta e impegnata, perché il popolo, la massa schiava del bisogno, è umorale, e lo abbiamo visto di recente, è passato secondo i propri interessi materiali dal 40 per cento di Renzi al 33 per cento dei Cinque Stelle, al 34 per cento della Lega, al 30 per cento di Fratelli d’Italia. In pochissimi anni. Col risultato di rendere ancor più instabile il sistema politico e la società italiana.

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