Dopo la rielezione di Trump è cambiato qualcosa?
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LA VITTORIA DI TRUMP HA SCOSSO L’EUROPA?
“Tanto non cambia niente. Che vinca uno o l’altro, la politica fa solo i suoi sporchi interessi, sulle spalle e a carico del popolo”. Questa è, più o meno, la frase che molta gente esprime, o per giustificare il suo astensionismo o per giudicare le elezioni, a risultati certi. Per quanto possa essere considerata qualunquista, da almeno trent’anni un po’ di verità la contiene, se pensiamo al farsesco e ampiamente superato dualismo “destra-sinistra”, che, quasi sempre, sono intercambiabili nel male, nell’evidenza dei fatti quotidiani. Del resto: “vox populi, vox Dei”. Osserviamo la realtà e ci accorgiamo di questa decadenza meta-politica prima che politica, dei diversi schieramenti, divenuti “i camerieri dei banchieri”, come diceva Ezra Pound, nonché gretti amorali e viziosi incompetenti, assetati di denaro e potere fine a se stesso.
L’impressione non confermata, perché occorrerà attendere la prova delle promesse realizzate concretamente, è che, dal dopoguerra ad oggi, le elezioni presidenziali americane abbiano segnato una svolta. Lo diciamo sottovoce, sempre perché non vogliamo essere tifosi ma osservatori, analisti e non manichei, critici ma non bastian contrari. Ce lo insegna l’equilibrio tomista, proprio della nostra formazione, che non vuole mitizzare qualcuno, ma trarre conclusioni dai fatti. Con serenità, sincerità e una visione a 360 gradi della realtà.
Ebbene, la vittoria di Trump ha scosso l’Europa? Risponde sì la realtà oggettiva, che ora vediamo in sintesi e poi in approfondimento. Scholz scioglie il governo, Mattarella vola in Cina, Starmer e Macron fanno fronte comune contro le avversità incombenti. E anche in UE c’è fermento, coi socialisti che si sganciano da Ursula Von der Leyen e il PPE che vota con l’estrema destra. Non era mai successo.
Piccolenote.it sostiene, a ragione, che il caso più eclatante è la Germania, con Scholz che, troppo debole per sbarazzarsi della sua bellicosa ministra degli Esteri Annalena Baerbock (la Nuland verde teutonica), ha licenziato il suo ministro delle Finanze Christian Lindner, oltre che per manifesta incapacità, anche perché gli aveva suggerito, per l’ennesima volta, di inviare i missili a lungo raggio Taurus all’Ucraina, fornitura alla quale il Cancelliere si è sempre opposto, per timore della possibile reazione russa.
Tale opposizione è forse l’unica cosa buona che ha fatto nel corso del suo mandato, oltre a quella di aver preso coscienza della sua totale inadeguatezza, chiamando il Paese a nuove elezioni, nella speranza che emergano forze nuove, capaci di dialogare con la nuova amministrazione Usa e fermare la corsa verso il precipizio della sua nazione, avviata alla de-industrializzazione, a causa della farsesca ed inutile guerra ucraina.
Poiché anche la Francia di Emmanuel Macron non è messa meglio, nel caos politico istituzionale seguito alle elezioni e in una situazione economica simile a quella tedesca. Ebbene, va ammesso che il crollo dell’asse franco-tedesco, imperante in UE dalla sua nascita, è la prima, grande conseguenza delle politiche fallimentari della galassia globalista, cui Trump ha dato il colpo di grazia.
“Sebbene sia ancora solo una prospettiva, scrive Piccolenote.it, l’annuncio del nuovo presidente di voler porre fine alle guerre sta già dando frutti. Infatti, nonostante il fatto che gli ambiti internazionali, consegnati alle guerre infinite non si siano dati per vinti – determinazione che rende i mesi che mancano all’insediamento di Trump molto pericolosi – la loro stretta sul mondo si allentata, dando modo alle forze politiche a essi consegnate, per interesse o perché costrette, di riposizionarsi”.
Quanto a casa nostra, Mattarella è volato subito in Cina, con il cappello in mano, per riallacciare quei rapporti che si erano interrotti quando il governo era stato costretto dagli USA a stracciare le intese sulla Nuova Via della Seta. In tal modo, si è inteso dire che è l’Italia a voler cambiare rotta, non solo le forze al governo, che pure potranno godere di un rapporto cordiale con la futura America.
In prospettiva di un tale allineamento, nel centrodestra regna un po’ di confusione, dato, ad esempio, che il gruppo editoriale che fa capo agli Angelucci, aveva puntato molto su Mike Pompeo su sua spinta, facendone punto di riferimento del Giornale, appena acquisito. Ma Pompeo è stato dichiarato persona non gradita da Trump, per le sue derive neocon. Un incidente diplomatico, che il governo dovrà, in qualche modo, cercare di risolvere senza irritare né Trump né Musk, che ha fatto la fortuna comunicativa della campagna di The Donald e che ai media tengono parecchio.
Importante anche “l’entusiasmo per l’elezione di Trump, dilagata in Polonia, con le autorità polacche che hanno iniziato a porre criticità più esplicite alle richieste di aiuto dell’Ucraina e a parlare con più chiarezza di chiudere la guerra” – prosegue Piccolenote.it.
Il primo ministro Donald Tusk, fervente devoto dell’americanismo più retrivo, ha annunciato solennemente il prossimo viaggio del presidente Andrzej Duda negli Stati Uniti, allo scopo di incontrare Trump per parlare dell’Ucraina. Dichiarazioni e passi importanti per la geopolitica globale, perché la Polonia è stata un attore primario della tragedia che ha travolto il Paese confinante.
Con la possibile fine della ostilità ucraine, Varsavia vuole concretizzare le opportunità che il conflitto gli ha aperto, cioè porre l’Ovest dell’Ucraina sotto stretta influenza. Tale sviluppo aprirebbe alla Polonia un futuro geopolitico di ancor più rilevanza.
Tale prospettiva sarebbe favorita, ovviamente, se il Donbass restasse sotto il controllo di Mosca, cosa che ormai è destino manifesto, perché l’Ucraina ne uscirebbe più che indebolita e incapace di reggersi da sola, mentre della sua sorte, finita l’utilità attuale, data dalla guerra per procura contro la Russia, non interesserebbe più a nessuno. E in questo contesto, potrebbero giocare un ruolo diplomatico fondamentale tra UE-NATO e Russia sia Viktor Orban che Robert Fico e, quindi, ribaltare la loro importanza, sempre a livello geopolitico.
L’Unione Europea è la grande sconfitta, assieme alla maggioranza Ursula. Dovrà ripensare se stessa o sarà proprio lei a rovinarci, con le sue politiche liberal e la burocrazia usurocratica della BCE, non la Russia. Finché la moneta non tornerà di proprietà popolare, non potrà esserci vera libertà, in quanto tutti nasciamo indebitati per decisione dei poteri sovranazionali. E’ ingiusto e disumano. Alla UE conviene chiudere l’Agenda 2030 e concentrarsi sulle sovranità nazionali da implementare con linee guida a misura d’uomo. Se non ne avrà il coraggio, imploderà.
Sulla guerra mediorientale l’elezione di Trump ha dato due frutti, uno ambiguo l’altro meno. Il primo è la spinta di Israele per chiudere il conflitto libanese. Secondo varie fonti, tra cui il Washington Post, Israele vorrebbe raggiungere in fretta un cessate il fuoco, come “regalo” a Trump. Ma in cambio di cosa?
Resta di grande interesse quanto dichiarato da un alto funzionario israeliano a Ynet: “il nostro obiettivo a Gaza era distruggere Hamas, ma la questione libanese è diversa e non miriamo a distruggere Hezbollah, se è possibile raggiungere un accordo con esso, che riporti la popolazione [israeliana alle proprie case] e soddisfi le nostre condizioni”. L’accordo col Libano, per il momento, sembrerebbe vicino, anche perché sono 60 mila gli israeliani al confine, che vivono sotto le bombe.
E’ ineludibile porre fine al disastro umanitario nella Striscia di Gaza, ove è perpetrato un genocidio, ammesso implicitamente e con cinico sarcasmo anche da un articolo di Haaretz. Là, i palestinesi, donne e bambini, muoiono tutti come mosche, sotto gli attacchi israeliani. I profughi non si contano più e la persecuzione dei cristiani, in Terra Santa si sta facendo sempre più pesante.
Al contempo, c’è stata un’operazione diplomatica di Elon Musk, che ha incontrato l’ambasciatore iraniano all’Onu, per tentare di smussare le tensioni tra il suo Paese e gli Usa, come riporta il New York Times. Sono note, poi, le posizioni in ambito bioetico, che sono molto simili a quelle cattoliche tradizionali e, comunque, tendono ad escludere il woke e il gender, per un ritorno alla tranquillità dell’ordine naturale ed un incremento alla natalità, al primato della dimensione spirituale su quella materiale, in ottica cristiana. Infatti, come diceva G.K. Chesterton nel suo libro “Eretici”: “se sopprimiamo il soprannaturale, ciò che resta è l’anti naturale”.
Anche sul piano militare. Trump ha compiuto una prima mossa per demolire quelle frange dell’esercito storicamente vicine al deep State, tramite nomine importanti, che restaureranno le agenzie federali del Paese. Insomma, è un Trump che, a differenza dello scorso mandato, si blinda all’interno per avere le mani libere e poter lavorare con maggior serenità, disponendo, peraltro, di maggioranze schiaccianti sia al Congresso che al Senato. Gli consentirà di operare nel garantito contrasto all’immigrazione clandestina, alla criminalità e all’attenzione agli interessi degli States, prima d’ogni altra ambizione, da buon sovranista o isolazionista, come lo definiscono i detrattori.
Il nuovo capo della Cia, John Ratcliffe, ha difeso strenuamente Trump sul Russiagate, polpetta avvelenata confezionata dallo Stato profondo e dal partito democratico. È evidente che Trump voglia anzitutto contrastare il nemico interno, che lo ha bersagliato con inchieste, operazioni di disturbo e non lo ha protetto da possibili attentati, che non sono affatto da escludere, vista la “rivoluzione” degli equilibri, destinata ad aumentare ed a coinvolgere, sul piano economico e geopolitico i BRICS+ in una cooperazione multipolare, graduale e pacifica, ovviamente a trazione USA.