Il Giappone e la libertà religiosa
A cura dell’ACS ITALIA – Aiuto alla Chiesa che Soffre*
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GIAPPONE: QUADRO GIURIDICO RELATIVO ALLA LIBERTA’ RELIGIOSA ED EFFETTIVA APPLICAZIONE
Il Giappone è una monarchia costituzionale con un sistema parlamentare di democrazia rappresentativa. La religione è liberamente praticata ed è tutelata dal governo, che rimane rigorosamente neutrale in materia. Il rispetto della libertà di religione si fonda sulla Costituzione e sulle leggi esistenti. La Costituzione del Giappone, promulgata il 3 novembre 1946 ed entrata in vigore il 3 maggio 1947, esprime espressamente l’impegno per la libertà religiosa e la separazione tra religione e Stato. L’articolo 20 sancisce: «La libertà religiosa è garantita a tutti. Nessuna organizzazione re ligiosa potrà vedersi conferito alcun privilegio dallo Stato, né potrà esercitare alcuna autorità politica. Nessuna persona sarà costretta a partecipare a qualsiasi atto, celebrazione, rito o pratica religiosa. Lo Stato e i suoi organi si asterranno dall’impartire un’istruzione religiosa o da qualsiasi altra attività religiosa». L’articolo 89 dispone inoltre che «né fondi pubblici, né altri beni statali saranno spesi o stanziati ad uso, beneficio o mantenimento di qualsiasi istituzione o associazione religiosa, o per qualsiasi associazione caritatevole, educativa o di beneficenza che non sia posta sotto il controllo della pubblica autorità».
Tali articoli forniscono una solida tutela della libertà religiosa nelle sue varie dimensioni, che in cludono la libertà di credere, non credere, convertirsi, praticare il culto, organizzare e diffondere le credenze religiose. Essi sanciscono altresì una rigorosa separazione tra Stato e religione, un principio che tuttavia non ha radici profonde nella storia o nella cultura giapponese. La percezio ne diffusa vuole infatti che l’alleanza prebellica tra lo Scintoismo e lo Stato – quella che divenne nota come ideologia dello “shintō di Stato” – abbia contribuito all’imperialismo e al militarismo giapponese degli anni Trenta e Quaranta, ed è per questo che, a seguito della seconda guerra mondiale, la separazione tra Stato e religione divenne un imperativo morale e politico nella men te di molti giapponesi, indipendentemente dal loro credo. Questa percezione plasmò anche il pensiero degli americani, i quali svilupparono le prime bozze di quella che poi divenne la Costi tuzione giapponese durante l’occupazione alleata del Paese (1945-1952).
La religione principale del Giappone è lo Shintoismo. La maggioranza dei seguaci di questa fede si identifica come «spirituale piuttosto che credente». La religione shintoista è cresciuta anche tra le persone che vivono al di fuori del Giappone, conquistando spesso seguaci che sono scettici nei confronti della religione organizzata e sono attratti da una spiritualità «personale e autentica». Il Buddismo è la seconda comunità religiosa per numero di fedeli, mentre il Cristianesimo, l’Islam, il Baha’ismo, l’Induismo e l’Ebraismo rappresentano piccole minoranze. I gruppi religiosi non sono tenuti a registrarsi presso lo Stato. Le scuole pubbliche sono laiche, e non offrono un’educazione religiosa.
Il Partito Liberal Democratico (LDP), ampio raggruppamento conservatore che ha governato il Giappone per quasi tutto il dopoguerra, è favorevole ad allentare la separazione tra religione e Stato, al fine di facilitare il sostegno statale ad alcuni santuari e cerimonie tradizionali shintoisti, che alcuni giapponesi considerano espressioni legittime e necessarie dell’orgoglio e dell’identità nazionale. Di particolare interesse per i leader del Partito Liberal Democratico è il santuario scintoista Ya sukuni di Tokyo, che onora i giapponesi caduti mentre servivano il Paese. Nel luogo di culto sono anche riportati i nomi di più di mille criminali di guerra processati e giustiziati dopo la se conda guerra mondiale. Costruito nel 1869 per rendere omaggio ai giapponesi che hanno dato la propria vita in nome dell’imperatore del Giappone, si ritiene che il santuario vegli sulle anime di più di due milioni di soldati e di altri giapponesi che sono morti in guerra tra il 1868 e il 1951. I leader nazionalisti del Partito Liberal Democratico ritengono che il governo giapponese do vrebbe elargire dei finanziamenti al santuario Yasukuni, non per motivi di fede religiosa, ma per questioni legate ai costumi, ai rituali civili e al patriottismo. I rappresentanti della formazione po litica credono inoltre che sia legittimo per lo Stato promuovere altri rituali scintoisti, in particolare quelli relativi alla successione imperiale, giacché questi hanno una profonda valenza civile prima ancora che spirituale.
Di conseguenza, in più occasioni, il Partito Liberal Democratico ha proposto di rivedere l’articolo 20 della Costituzione per permettere al governo e ai funzionari pubblici di sostenere e parteci pare a «cerimonie sociali o usanze tradizionali», anche nel caso in cui queste avessero una qual che origine religiosa. Tuttavia, buddisti, cristiani e praticamente tutti gli altri gruppi religiosi non scintoisti si sono opposti a questi tentativi volti a indebolire la separazione tra Stato e religione. Come afferma Helen Hardacre, autrice di La religione e la Costituzione giapponese, «numerose or ganizzazioni religiose presenti oggi in Giappone sono state perseguitate prima del 1945 con l’ac cusa che le loro dottrine o pratiche costituissero una lesa maestà, perché considerate un insulto all’imperatore o a Shinto. A queste comunità, in particolare, la riaffermazione di un qualsivoglia ruolo dei rituali scintoisti nel governo democratico sarà altamente sgradita».
Episodi rilevanti e sviluppi
La comunità islamica giapponese ha espresso preoccupazione per il fatto che solo sette cimiteri del Paese accettino la sepoltura dei musulmani e assicurino il rispetto delle loro pratiche religiose. Il Giappone ospita infatti quasi 230.000 musulmani, che generalmente non credono nella cremazione10. L’Associazione islamica di Beppu, nella Prefettura di Oita, ha presentato una petizione al governo per l’apertura di cimiteri multiculturali, ma finora non è stata intrapresa alcuna iniziativa in tal senso. Tra i musulmani che sono immigrati di recente in Giappone, vi sono persone di etnia uigura12, fuggiti dalle persecuzioni nella regione cinese dello Xinjiang. Tuttavia, anche nel Paese del Sol Levante, gli agenti dell’intelligence cinese continuano a sottoporli a sorveglianza per intimidir li ed estorcere loro informazioni. Il 1° febbraio 2022, la Camera dei Rappresentanti giapponese ha adottato una risoluzione intitolata “Risoluzione sulla grave situazione dei diritti umani nello Xinjiang uiguro e in altre aree”, che impegna il governo a monitorare attentamente la situazione dei diritti umani degli uiguri e a fornire aiuti per soddisfare i loro bisogni urgenti. Tuttavia, è stato riferito che i membri del Partito Liberal Democratico, preoccupati che una posizione dura possa ostacolare le relazioni economiche con la Cina, hanno «annacquato» la risoluzione.
In politica estera e diplomazia, il Giappone ha continuato a mantenere una posizione ambigua in merito alla crisi dei rohingya in Myanmar. Sebbene Tokyo abbia fornito un’assistenza finanzia ria significativa al Bangladesh, dove la stragrande maggioranza dei rohingya ha trovato rifugio dalle persecuzioni, il Giappone si è astenuto dal votare le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, esortando il Myanmar a risolvere le sofferenze in corso del popolo rohingya. Quasi un milione di rifugiati rohingya si trova attualmente in Bangladesh. Alcuni hanno criticato la posizione del Giappone, accusandolo di anteporre «interessi geostrategici» alle urgenti necessità «umanitarie». La piccola comunità rohingya residente in Giappone ha esortato il governo a riconoscere i crimini contro i rohingya come genocidio, e quindi a seguire l’esempio delle sue controparti occidentali, concedendo loro lo status di rifugiati. Dal colpo di stato militare del Myanmar nel 2021, il Giappone ha concesso lo status di rifugiato a una sola famiglia rohingya.
Il 4 maggio 2022, il Primo Ministro Fumio Kishida ha incontrato Papa Francesco per commemora re l’80° anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Giappone. In questa occasione, il Primo Ministro Kishida «ha espresso l’intenzione di collaborare con la Santa Sede per realizzare un “mondo libero dalle armi nucleari”». Venerdì 8 luglio, l’ex Primo Ministro Shinzo Abe è stato assassinato mentre teneva un discorso elettorale. Ad ucciderlo è stato il 41enne Tetsuya Yamagami19, il quale ha dichiarato alla polizia di aver assassinato Abe a causa dei suoi legami con una setta religiosa della Corea del Sud, la Chiesa dell’Unificazione. Comunicando con un blogger prima dell’omicidio, Tetsuya Yamagami ha scritto che originariamente voleva uccidere Hak Ja Han Moon, leader della Chiesa dell’Uni ficazione, ma, non riuscendovi, ha deciso di uccidere Abe, che ha descritto come «uno dei più influenti simpatizzanti della Chiesa dell’Unificazione nel mondo reale»20. Yamagami ha rivelato agli investigatori «che le donazioni di sua madre alla Chiesa hanno rovinato le finanze della sua famiglia. Suo zio ha sostenuto che il totale di tali donazioni ammontasse a circa 100 milioni di yen (720.000 dollari)». Giovedì 8 settembre, il Partito Liberal Democratico (LDP) al governo ha rivelato che, secondo un sondaggio interno, «179 dei 379 parlamentari aderenti al partito, ovvero circa il 47 per cento, hanno un qualche tipo di relazione» con la Chiesa dell’Unificazione, mentre «121 parlamentari hanno legami concreti con la stessa».
Prospettive per la libertà religiosa
La questione della separazione tra Stato e religione rimarrà probabilmente fonte di intense con troversie in Giappone. A parte questo, durante il periodo di riferimento non si sono registrati cambiamenti significativi alla libertà religiosa né incidenti ad essa correlati. Tuttavia, l’impossibi lità per i membri della comunità islamica giapponese di seppellire i propri morti conformemente alle credenze e alle pratiche religiose dell’Islam, la sorveglianza cinese degli uiguri musulmani in Giappone e la risposta in sordina da parte del governo giapponese alle richieste degli uiguri lo cali e dei rohingya musulmani in merito alla persecuzione delle loro rispettive comunità all’estero sono questioni che destano preoccupazione.
* Estratto da: Libertà religiosa nel mondo, Rapporto 2023
Il Rapporto 2023 è la XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che viene realizzato ogni due anni.
È pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese e spagnolo.