Stiamo in guardia da una religiosità falsa

Stiamo in guardia da una religiosità falsa

di don Ruggero Gorletti 

TRENTADUESIMA DOMENICA PER ANNUM– ANNO  B

Dal vangelo secondo Marco 12,38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

COMMENTO

Il brano del vangelo di oggi ci mette in guardia da una religiosità falsa, che non serve a nulla, che non accresce la nostra fede e che noi ci giova alla salvezza eterna. 

Gli scribi e i farisei usano la religione per aumentare il loro prestigio sociale: la loro ostentata religiosità serve a farsi ammirare dagli uomini. A loro interessa il giudizio degli uomini, non quello di Dio. Sembra un racconto adatto ad altre epoche: oggi fingersi devoti non sembra giovare alla popolarità di una persona. In realtà non è così: anche oggi, in una società ampiamente secolarizzata, ci sono però molte persone che si avvicinano alla Chiesa, alla religione, solamente per qualche interesse di natura unicamente terrena: patrimoniale, di prestigio personale, di voglia di imporre le proprie idee, il proprio modo di pensare. Le parole del Signore sono chiare: «riceveranno una condanna più severa». Il nostro amore per la Chiesa deve essere derivazione e concretizzazione dell’amore per Dio, deve essere gratuito, non deve avere altro scopo non la maggior gloria di Dio e la salvezza della nostra anima, se vogliamo che il nostro darci da fare ci serva a qualcosa, in questa vita e nella vita eterna. Viceversa il nostro impegno sarebbe tempo e fatica sprecata.

Se Gesù condanna il modo di vivere la religiosità dei farisei, esalta invece quello che ha fatto una povera vedova. Gesù sa che questa vedova, che aveva gettato nel tesoro del tempio una moneta di nessun valore, in realtà aveva dato tutto quello che aveva. È la logica del Signore: Dio da noi non vuole qualcosa, non vuole poco, non vuole neppure molto. Vuole tutto.

È la stessa logica che troviamo in altre pagine del vangelo. Ricordate il ragazzo che aveva dato a Gesù i pani e i pesci che poi Gesù ha moltiplicato? Il ragazzo non ha tenuto niente per sé, non ha pensato che sarebbe rimasto senza cibo. Ha dato tutto a Gesù, si è fidato di Lui, e con quelle poche cose non solo ha permesso a Gesù di nutrire migliaia di persone, ma ha ricevuto a sua volta tutto quello che gli serviva per essere completamente sfamato. Il giovane ricco invece, che si è rifiutato di dare ascolto alle parole di Gesù e di dare tutti i suoi beni ai poveri, proprio perché ha rifiutato di dare tutto a Gesù, se ne è andato via triste.

È questa la logica del Signore: il Signore da noi non vuole poco, non vuole neanche molto. Vuole tutto.

Il volere tutto del Signore non è qualcosa che ci fa perdere quanto di buono e di bello c’è nella nostra esistenza. Il Signore vuole tutto perché non è interessato alle nostre cose, non gli interessa che noi gli possiamo dare tante cose o poche cose, tante qualità o poche qualità, ma è interessato a noi, vuole che dimostriamo a Lui la nostra fiducia più totale. Il Signore non ci chiede di sbarazzarci dei nostri beni, di rivoluzionare la nostra vita. Lo chiede a qualcuno, come ai religiosi, ma non lo chiede a tutti. A tutti ci chiede di fidarci di Lui più che di noi stessi, di basare la nostra sicurezza sul suo amore piuttosto che sui beni e sulle persone di questo mondo.

Vivere sapendo che stiamo lavorando la vigna di un Altro a cui dovremo un giorno rendere conto, da una parte ci libera dall’egoismo di chi crede di dover vivere difendendo qualcosa di suo, dall’altra ci toglie la paura di non essere all’altezza: io cerco di operare come piace a Lui, di osservare i suoi comandamenti, di vivere in grazia di Dio, di far fronte, al meglio che posso, alle mie responsabilità. Il resto ce lo metterà Lui, è Lui che mi ha chiamato alla vigna, non ci sono andato di testa mia!

Il Signore ci invita a fidarci di Lui, a non avere paura, anche quando la vita ci chiede di fare scelte scomode, anche quando la vita ci mette alla prova, anche quando la vita ci mette davanti a scelte difficili, anche quando scegliere la via del Signore comporta sacrificio. Fidiamoci di Lui, in ogni circostanza della vita sforziamoci di agire come avrebbe fatto Lui: senz’altro non abbandonerà coloro che hanno messo tutto nelle sue mani. 

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