Scuola, le inquietanti chat dei genitori
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NON APRITE QUELLA CHAT…
Alle 17.17 ho avuto un sussulto. 45, e dico 45, messaggi nella chat dell’ultimo anno di liceo dell’ultima figlia.
Non ho avuto il coraggio di aprire Whatsapp. Anzi, sono stata così vigliacca da chiudere tutto. Non senza però sbirciare. La parola “registro elettronico” mi ha colpito come un corpo contundente.
Perché, Signore e signori, io non ne posso più. Tre anni di medie e cinque di liceo, moltiplicato per tre figli, quanti messaggi di Whatsapp nel gruppo genitori totalizza?
Ve lo dico io: una enormità. Una enormità di entropia di cose di cui mai un genitore di un figlio adolescente si era mai occupato (né si dovrebbe occupare).
Le gite. I voti. I compiti assegnati dai professori. Le date delle verifiche. I contenuti delle verifiche. I contenuti delle verifiche rispetto allo stato di avanzamento del programma ministeriale. Ché, non so voi, io a stento mi ricordo di averlo fatto, il liceo. Ho qualche vaga memoria di compiti in classe e maratone di studio per le interrogazioni di fine trimestre. Ma mai nella vita sarei in grado di ricordarmi cosa studiavo, né quando.
Invece no, sti genitori, campioni mondiali di farsi gli affari non loro, sanno tutto. Non solo giurano e spergiurano che in filosofia la classe sia indietro (anzi, loro dicono: siamo indietro, come se noi a cinquant’anni e passa non avessimo ancora finito il liceo). E pure in Letteratura italiana e in Fisica, in cui avremmo dovuto fare questo e quello.
I genitori informati dei fatti sanno che il prof di Matematica ieri è entrato in classe con gli occhi rossi e sembrava non aver dormito una notte intera. Che la prof d’Inglese ha un profilo Instagram in cui pubblica le di lei foto in costume. Che la talatra prof abita dietro scuola e tutte le mattine porta a spasso il cane, se non ha la prima ora di lezione.
Tutti gossip che prevedo provengano da qualche figlio gola profonda, che mette a parte la famiglia di tutte le informazioni che ha rastrellato in giro, sui suoi prof.
Informazioni che hanno occupato il tempo che più proficuamente avrebbe potuto impiegare studiando. O anche solo fissando torvo il soffitto, con un disco di musica rock in sottofondo (tutti noialtri boomer, da adolescenti, abbiamo passato interi pomeriggi a fissare il soffitto, struggendoci su noi stessi, con musica inquietante in sottofondo).
Molti dei liceali di oggi no. Loro passano i pomeriggi a stalkerare gli insegnanti. O i compagni. E rivelano tutto ai genitori, che, invece di farsi una vita loro, entrano garruli nella chat di classe, facendo a gara a chi ha l’indiscrezione più pepata o il resoconto più dettagliato di quello che è successo ieri, a metà della terza ora.
E queste rivelazioni, invece di essere accolte da un coro unanime di: “chissenefrega”, vengono commentate, arricchite di dettagli, o speculazioni, chiosate.
Quindi, ti ritrovi con 45 messaggi in due minuti e le comunicazioni continuano ad aumentare, manco fosse muffa su un pezzo di provola.
Per questo io non ce la posso fare: è l’ultimo anno dell’ultima figlia. Dovrei affrontare con dignità il rush finale. Dovrei darmi un contegno e trattare la chat di questa classe con lo stesso zelo e considerazione che ho avuto per tutte le altre chat, delle altre classi, delle altre figlie.
Ma non ce la faccio. E intanto che scrivevo questo articolo sono arrivate così tante notifiche, che ho paura di guardare.