La figura di San Paolo, lontana da stereotipi
di Bruno Volpe
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INTERVISTA AL TEOLOGO E ICONOGRAFO DON ANTONIO PARISI
Il teologo ed iconografo cattolico di rito bizantino don Antonio Parisi ha dedicato un interessante volume a San Paolo di Tarso. Spesso Paolo, mal interpretato, è stato sottoposto a giudizi non sempre benevoli, quando si sono prelevati come una sorta di biopsia pezzi delle sue lettere isolati dal contesto e gli si è attribuito di tutto, anche quello che non voleva dire specie sulle donne, ritenendolo persino misogino. Ecco allora le necessità di fare chiarezza. Va detto che Paolo è un giudeo convertito al cristianesimo e da feroce persecutore dei cristiani poi divenne l’Apostolo delle genti e, grazie a lui, il cristianesimo è arrivato in tanti posti.
Calisi, qual è l’attualità di Paolo?
“L’attualità del messaggio di San Paolo riguardo al ruolo attivo delle donne nella comunità cristiana è particolarmente rilevante nel contesto contemporaneo, in cui si cerca una maggiore inclusione e partecipazione di tutti i membri della chiesa, indipendentemente dal genere. Paolo, con le sue affermazioni e il riconoscimento di figure femminili, sottolinea l’importanza delle donne non solo come partecipanti, ma come leader e collaboratrici fondamentali nel ministero. Questo messaggio di inclusione e uguaglianza è cruciale per la crescita della comunità cristiana, poiché promuove un ambiente in cui tutti possono contribuire con i propri talenti e carismi. Quando le donne sono incoraggiate a prendere parte attivamente, la comunità beneficia di diverse prospettive e competenze, arricchendo il dialogo e la missione comune”.
Eppure molti pensano che l’apostolo Paolo sia contrario al ruolo attivo delle donne nelle comunità da lui fondate?
“Le sue lettere e gli Atti degli Apostoli dimostrano che le donne erano collaboratrici attive e leader nelle prime comunità cristiane. È fondamentale, quindi, rivedere la narrazione popolare che ha relegato Paolo a una figura misogina e comprendere il suo vero contributo alla promozione di un ministero apostolico inclusivo e collaborativo. La figura di Paolo, lontana da stereotipi semplicistici, emerge così come un apostolo che ha saputo valorizzare e integrare le donne nel tessuto della chiesa primitiva”.
Ci può fare qualche esempio tratto dai suo scritti?
“Un’analisi attenta dei testi paolini e degli Atti degli Apostoli rivela che Paolo non solo riconosceva il contributo delle donne, ma le considerava collaboratrici fondamentali nel suo ministero apostolico. Nella sua lettera ai Romani, Paolo menziona una donna di nome Febe, descrivendola come “diaconessa della chiesa di Cencrea” (Romani 16:1). Questo titolo non è da sottovalutare; indica un ruolo attivo e rispettato all’interno della comunità cristiana. Febe non è solo una figura passiva, ma una leader che svolge un compito cruciale nel diffondere il Vangelo e sostenere la chiesa. Inoltre, Paolo fa riferimento a Priscilla, che insieme al marito Aquila, è descritta come una “collaboratrice” (Romani 16:3). La sua menzione accanto a Aquila suggerisce che Priscilla non solo condivideva il ministero con il marito, ma aveva anche un ruolo di leadership. In Atti degli Apostoli, vediamo che Priscilla e Aquila insegnano Apollo, un predicatore eloquente, approfondendo la sua comprensione delle Scritture (Atti 18,26). Questo esempio dimostra che le donne non erano solo partecipanti, ma anche insegnanti e formatori all’interno della comunità cristiana. Le lettere di Paolo rivelano ulteriori nomi di donne che hanno avuto un impatto significativo nelle prime comunità cristiane. Ad esempio, Paolo menziona Giulia e Nereus, che erano parte della comunità di Roma (Romani 16,15), e parla di donne che hanno lottato al suo fianco per il Vangelo, come Evodia e Syntiche (Filippesi 4,2-3). Queste referenze indicano non solo la presenza di donne attive, ma anche il riconoscimento del loro lavoro e della loro dedizione. La visione di Paolo riguardo alle donne è quindi più inclusiva di quanto spesso venga percepito. In Galati 3,28, egli afferma: “Non c’è più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna; poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” Questa affermazione radicale mette in luce l’idea che, nel contesto del Vangelo, le distinzioni sociali e di genere non hanno più valore. Paolo, quindi, non solo accetta le donne nel ministero, ma le celebra come esseri uguali in Cristo”.
Ci sono delle affermazioni nelle sue lettere in cui dice che le donne devono tacere nelle assemblee e devono avere il capo coperto da un velo! È Vero?
“Alcuni passaggi, come quello di 1 Corinzi 14,33-34, sembrano indicare che le donne debbano tacere nelle assemblee: “Come in tutte le comunità dei santi, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge.” Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che Paolo non era affatto contrario alla partecipazione attiva delle donne; al contrario, riconosceva il loro carisma profetico. In 1 Corinzi 11,5, Paolo afferma: “Ogni donna che prega o profetizza col capo scoperto disonora il suo capo.” Qui, la chiave è il riconoscimento del carisma della profezia nelle donne. Paolo non solo ammette che le donne possono profetizzare, ma sottolinea anche l’importanza di farlo in modo rispettoso, indossando un velo. Questo gesto non è un segno di sottomissione, ma piuttosto un riconoscimento del loro ruolo profetico all’interno della comunità. La Bibbia di Gerusalemme commenta che questa affermazione implica un “ruolo di primo piano” per le donne, suggerendo che la loro voce e la loro capacità di comunicare la volontà di Dio sono essenziali. Profetizzare significa parlare a nome di Dio e Paolo riconosce che le donne possono e devono esercitare questo dono. Il velo, quindi, assume un significato profondo. Non è un simbolo di sottomissione, ma rappresenta il riconoscimento del carisma profetico della donna. Nella tradizione contemporanea, si possono vedere analogie con le suore che indossano il velo, un segno della loro consacrazione a Cristo e del loro impegno nel ministero. Questo parallelo evidenzia come il velo possa essere interpretato come un simbolo di autorità spirituale piuttosto che di subordinazione. San Paolo, pertanto, non sta negando il diritto delle donne di parlare; piuttosto, sta stabilendo un contesto in cui il loro parlare è visto come un atto di profezia. Il suo insegnamento non contraddice l’idea di una partecipazione attiva delle donne, ma piuttosto la incoraggia, sottolineando che le donne hanno un ruolo significativo e vitale nelle assemblee cristiane”.