Cara Mannoia, prendere a modello l’obbedienza a Lucifero è desolante!
di Gianni Toffali
–
FIORELLA MANNOIA E LE AFFERMAZIONI SUI “DISOBBEDIENTI”
La cantante Fiorella Mannoia, la scorsa domenica 13 ottobre, si è esibita nel noto talent show “Amici” in onda su Canale 5 cantando il suo ultimo brano “Disobbedire”.
Al termine della performance, si è lasciata andare ad un sibillino: “il mondo si è evoluto perché ci sono stati i disobbedienti, a partire da Eva”.
Ora, è a tutti noto il racconto biblico della Genesi, secondo il quale i progenitori Adamo ed Eva, disobbedendo al comandamento Divino ed obbedendo a Lucifero che aveva assunto le sembianze del serpente, introdussero il peccato originale e furono cacciati dal Paradiso terrestre. Fare l’apologia della disobbedienza e della trasgressione davanti ad un pubblico prettamente giovanile prendendo a modello l’obbedienza a Lucifero, è apparso decisamente desolante.
La narrazione popolare narra che il principe delle tenebre doni talenti singolari in cambio di un prezzo da pagare: l’anima. Da quando esiste il talento è sempre esistito il folklore e la credenza che ad esso sia legato a doppio filo un ‘pegno’ demoniaco per giustificarlo. Elencare i casi di artisti che in cambio del successo hanno barattato la loro “porzione” immortale richiederebbe tempi biblici.
Il cantante più noto è forse Bob Dylan. Durante un’intervista per la CBS, Bob raccontò di essersi accordato con il Diavolo. “Ho fatto una specie di patto di ferro con lui, un sacco di tempo fa”. Nell’intervista integrale spiegò che alcuni pezzi famosi gli uscivano “spontaneamente” senza il minimo sforzo. Ma la parte più straziante saltò fuori quando ammise l’impossibilità di revocare il patto unitamente alla consapevolezza di finire agli inferi.
Si potrebbe analizzare il comportamento umano con le fini parole di Marco 8,36-37: “E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua? Infatti, che darebbe l’uomo in cambio della sua anima?”. Ma vista la durezza di capoccia e comprendonio dell’uomo moderno si può prosaicamente concludere con un “chi è causa del proprio mal, pianga sé stesso!”.