Le tante apparizioni mariane o di Gesù stesso richiamano alla conversione

Le tante apparizioni mariane o di Gesù stesso richiamano alla conversione

Di Padre Giuseppe Tagliareni

“Ho fatto conoscere il tuo nome… e lo farò conoscere (Gv 17,26).

Gesù, il Figlio di Dio, ci fa conoscere il Padre: è questo il nome più proprio con cui chiamare Colui che in Cristo ci ha generati a vita nuova. I Testimoni di Geova sbagliano di grosso quando asseriscono che Gesù ha rivelato il dimenticato nome di “Geova” agli ignari suoi ascoltatori. Questo è erroneo e fuorviante. Tutti gli ebrei conoscevano quel nome, ma non lo pronunziavano mai per non rischiare di andare contro il secondo Comandamento (“Non nominare il Nome di Dio invano”); solo il Sommo Sacerdote lo pronunziava una volta all’anno per la festa di Pasqua. Gesù invece, ci fa conoscere (nel senso biblico vuol dire: ci fa entrare in intima relazione con) che Dio ci rigenera ad una vita nuova, come vero “Padre” che dà la sua vita ad ogni figlio generato, ci fa partecipi della vita del Suo Unigenito. In altre parole, Gesù ci fa entrare nella sua relazione con Dio suo Padre e così ci insegna a chiamarlo: “Padre nostro che sei nei Cieli…”. Proprio questa preghiera fatta da Gesù e da Lui insegnata agli Apostoli ci dice come dobbiamo rapportarci a Dio: non più come stranieri e peccatori o come semplici creature, ma come figli amatissimi e ben conosciuti.

Gesù ci comunica lo Spirito del Padre e del Figlio e ci fa figli adottivi. L’appellativo di “Padre”, che in Gesù diamo a Dio, non è solo un nome, ma esprime la sua realtà non solo di Creatore ma di genitore. Egli infatti dà l’esistenza a tutte le cose, ma a noi dà la vita di “figli” rigenerati in Cristo mediante il Battesimo. E che siamo figli, dice San Paolo, ne è prova lo Spirito che Egli ci ha dato, “in virtù del quale noi gridiamo “Abbà, Padre” (Rom 8,15). Siamo perciò figli, eredi di Dio e coeredi di Cristo, destinati a condividerne la gloria, dopo aver condiviso lotte e sofferenze per Lui. Ora è proprio lo Spirito Santo che ci comunica la vita del Figlio, mettendoci in piena comunione con le due prime persone della Trinità; è Lui che ci innesta al Capo quali sue membra e fa circolare in noi la vita divina.

Perciò “conosciamo” cioè sperimentiamo Dio intimamente come nostro vero “Padre”. “Dio nessuno l’ha mai visto, dice San Giovanni autore del quarto Vangelo, proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato” (Gv 1,18) e ci ha dato nel Suo Spirito “l’Intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio Suo Gesù Cristo: Egli è il vero Dio e la vita eterna” (1 Gv 5,20). Egli, col dono del Suo Spirito ci mette nel seno del Padre e ci fa figli Suoi: “Questa è la vita eterna, che conoscano Te, l’unico vero Dio, e Colui che Tu ha mandato: Gesù Cristo” (Gv 17,3). Chi come i Testimoni di Geova nega lo Spirito Santo, non può avere la conoscenza intima di Dio.

Gesù ci fa conoscere quello che il Padre ha detto a Lui. Nel contesto dell’Ultima Cena, Gesù rivela di averci comunicato tutto ciò che il Padre aveva detto a Lui (cfr. Gv 15,15). Questo è un segno dell’amore di benevolenza e di sincera amicizia di Gesù nei nostri confronti. Egli può fare ciò perché sa bene che il Padre ci ama; e ci ama perché noi abbiamo accolto Gesù e creduto che Egli è stato veramente inviato dal Padre per la nostra salvezza. La Sua Parola è Verità; riceverla in dono e accoglierla con gioia porta a credere nel Suo amore e in Colui che Egli ha mandato. Ciò gli dà soddisfazione, come dice Gesù stesso: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in Colui che Egli ha mandato” (Gv 6,29). Gesù ci rivela che per diventare figli del Padre, la prima cosa da fare è credere alla Sua Parola, presente nei Profeti e soprattutto in Lui: opere e parole, prodigi e miracoli, profezie e liberazioni, inviti  e comandi, parabole ed esortazioni.

Gesù ci dà la Misericordia del Padre. La rivelazione del Padre sarebbe incompleta senza la comunicazione della Sua Misericordia. Poiché siamo tutti peccatori, davanti alla giustizia divina cadiamo tutti nel giudizio di condanna. Ma Gesù si compiace di farci conoscere ciò che stupisce pure gli Angeli: Dio ha deciso di avvolgerci tutti nella Sua Misericordia, purché accettiamo il Figlio che Egli ha mandato per la nostra salvezza. In verità è proprio questi che, espiando il peccato di tutti con la sua morte di croce, ci ottiene di far aprire le cateratte della Divina Misericordia.

Allora noi “conosciamo” Dio non come giusto Giudice, ma come Padre che riaccoglie nella sua casa in festa il figlio prodigo ritornato pentito e umiliato. Egli si rivela come Padre a chi tale lo riconosce e per i meriti di Cristo gli concede la familiarità di prima, con tutti beni che spettano ai figli: la casa, l’eredità, la piena comunione, la coabitazione, la partecipazione alle Sue imprese, la sua mensa e tutti i mezzi di sostentamento, il decoro, il buon nome, i gioielli di famiglia. Tutto quello che di male c’era stato prima, è stato dimenticato e annullato pienamente. Una nuova vita è iniziata: la vita di veri figli amati dal Padre e viventi insieme a Lui. Solo questi conoscono Dio.

Gesù ci dà il suo Corpo e Sangue. È questo il dono supremo che Gesù fa ai discepoli che credono in Lui. La sua Eucaristia, che ha tanti e profondi significati (nuova manna, pane del Cielo, Nuova Alleanza, Sacrificio di lode, Vittima immolata, caparra della vita eterna, farmaco d’immortalità) è soprattutto cibo e bevanda di salvezza: nutre l’anima del discepolo comunicandogli la sostanza di Cristo (Corpo, Sangue, Anima e Divinità). “Il mio Corpo è vero cibo, il mio Sangue vera bevanda… Chi mangia di Me vivrà per Me, come Io vivo per il Padre…; dimora in Me e Io in lui…” (cfr. Gv 6). Questa comunicazione, che si ha facendo la santa comunione eucaristica, comunica ai fedeli Gesù in persona con tutte le sue prerogative e la sua vita. Egli così abita nel cuore degli eletti e comunica quanto è Suo: vita, rapporti, conoscenza intima del Padre. Chi come i Protestanti negano la presenza reale di Cristo nell’Ostia santa, non possono godere di questo meraviglioso dono, che è la forza che più plasma il cristiano, la fonte inesauribile della santità, la sorgente dell’apostolato e di tutte le opere sante. Essi perciò non hanno la piena conoscenza del Padre, come Gesù ci vuole comunicare fin da questa vita. Per questo, la negazione dell’Eucaristia è un gravissimo errore, che è purtroppo presente nella vita di tanti cristiani lontani dal Vangelo e dai Sacramenti. Molti presumono di conoscere la Bibbia e Gesù, ma se negano la Sua presenza eucaristica, si escludono dalla Sua intimità.

Gesù ci dà la vita eterna che viene dal Padre. Gesù, nella preghiera sacerdotale di Gv 17 dice non solo che ha fatto conoscere il Padre, ma anche che lo farà conoscere ancora di più. Ciò vuol dire che tutto ciò che aveva rivelato fino ad allora non era tutto; c’è dell’altro, che Egli promette di rivelare in seguito. Ora ciò non è da prendere come promessa di nuove rivelazioni e conoscenze magari esoteriche che possano  farci cadere in qualche forma di gnosi o di false religioni venute in seguito nello scenario mondiale. Niente affatto. La rivelazione si è chiusa con l’Apocalisse di San Giovanni, l’Apostolo prediletto; non c’è da attendersi nuove rivelazioni. Le tante apparizioni mariane o di Gesù stesso che costellano la storia della Chiesa, non fanno nuove rivelazioni, ma piuttosto richiamano alla conversione, attualizzano qualche insegnamento più trascurato, esplicitano dei dati biblici sicuri come ad esempio il Sacro Cuore di Gesù o la Divina Misericordia.

Cosa vuol dire allora, “ho fatto conoscere il tuo Nome e lo farò conoscere”? Significa una estensione nella profondità della conoscenza, nel numero degli eletti, nella vita divina comunicata anche al corpo. Le prime due cose sono ovvie: nella conoscenza non c’è limite, sia riguardo alla profondità che riguardo al numero. Dio è infinito; la sua “conoscenza” non potrà mai limitarsi e concludersi: è mistero insondabile da ogni punto di vista. Il Figlio ce lo va rivelando come vuole e nella misura che possiamo recepire. Quanto agli eletti, il loro numero aumenterà sino alla fine dei tempi; solo allora sarà completo. Ma la terza cosa è più importante: Gesù ci rivelerà in pieno la paternità del Padre quando per Suo comando farà risorgere i nostri corpi mortali, dandoci la vita divina come a Cristo risorto. Quel giorno anche per tutti i redenti si realizzeranno le parole del Salmo 2: “Tu sei mio figlio: Io oggi ti ho generato”. Allora, risorti con Cristo, entreremo nel Cielo e staremo alla presenza del Padre, che ci abbraccerà quali figli amatissimi, salvati dalla morte e dalla maledizione eterna. Allora conosceremo davvero le tenerezze del Padre.

 

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