Attacchi all’Unifil, non c’è “legittima difesa” di Israele
di Daniele Trabucco
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L’ ATTACCO ALLA MISSIONE “UNIFIL”: LO SGUARDO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
“Unifil” é una delle piú longeve missioni di pace, operante in Libano per mandato delle Nazioni Unite a seguito delle risoluzioni n. 425 e n. 426 adottate dal Consiglio di Sicurezza in data 19 marzo 1978, con il compito, soprattutto dopo la risoluzione 11 agosto 2006, n. 1701, di stabilizzare il sud del paese dei cedri e promuoverne lo sviluppo, evitando una ripresa del conflitto tra Hezbollah ed Israele. Tuttavia, l’esercito israeliano (IDF) ha aperto il fuoco, con attacchi ravvicinati, proprio contro le postazioni della missione, sostenendo che il suo obiettivo era quello di colpire i miliziani di Hezbollah.
Sul piano del diritto internazionale pubblico, oltre ad una violazione, da parte israeliana, della risoluzione n. 1701/2006 specialmente per il superamento della c.d. “linea blu” (che non é un confine politico, bensì la linea di ritiro delle forze armate israeliane nel 2000) resa pubblica dalle Nazioni Unite il 07 giugno 2000, siamo in presenza di un vero e proprio attacco armato, concetto all’interno del quale vanno considerate (cfr. Antonio Cassese) anche le aggressioni contro le forze armate di uno Stato stanziate all’estero per motivi umanitari. E non sussiste, a riguardo, alcun diritto di legittima difesa da parte dello Stato di Israele.
Questo, secondo la nota formula Webster, non basta sia dettato dalla necessità e dall’urgenza (impedire un possibile attacco orchestrato da Hezbollah), ma deve contenere i caratteri della proporzionalità e della ragionevolezza, ovvero rispettivamente l’utilizzo di quel tanto di forza sufficiente per respingere l’attacco e l’individuazione chiara del nemico da colpire che non puó essere un soggetto o una realtà terza ed estranea rispetto ai chi é direttamente coinvolto.
Peraltro, si potrebbe discutere se attacchi ripetuti di scarsa portata ma molto frequenti ad opera di attori non statali (come nel caso di Hezbollah) possano costituire un attacco armato e, dunque, giustificare lo “ius ad bellum”, ovvero l’esercizio del diritto di legittima difesa in capo allo Stato israeliano.
La Corte internazionale di Giustizia non ha escluso che l’accomulazione di eventi in certe circostanze possa essere invocata quale aggressione armata (cfr. sentenza Nicaragua del 1986, sentenza Piattaforme petrolifere del 2003, sentenza Congo vs Uganda del 2005), ma sarebbe doverosa una valutazione complessiva che, vuoi anche per mantenere volutamente l’indeterminatezza della nozione di aggressione armata indiretta, é fino ad oggi mancata.