Scienziato e non credente contro l’eutanasia
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LUCIEN ISRAËL SPIEGAVA PERCHÉ NON POSSIAMO ACCETTARE L’EUTANASIA
È datato gennaio 2007 ma come tutti i grandi libri è di una sconcertante attualità.
Stiamo parlando di “Contro l’eutanasia” (Lindau, 120 pagine, € 13), di Lucien Israël, un celebre oncologo, oltre che il presidente dell’Académie des Sciences Morales et Politiques dell’Institut de France e dell’UNI, l’Union Nationale Interuniversitaire, scomparso nel 2017.
Dobbiamo accettare l’eutanasia per le persone affette da malattie incurabili? Chi può decidere di porre fine alla vita di un uomo? Chi soffre di più, il malato o coloro che lo circondano?
In un momento in cui l’eutanasia è al centro di un aspro dibattito anche nel nostro paese, la voce autorevole di Lucien Israël – un uomo di scienza, un laico, un non credente – ci invita a riflettere, qualunque siano le nostre convinzioni e anche a costo di mettere in dubbio le opinioni più accreditate.
Israël ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro il cancro, la sofferenza e la morte. Ha vinto tante battaglie, altre le ha perse e ha accompagnato molti esseri umani negli ultimi mesi e giorni della loro esistenza.
Per questo sa di cosa parla quando si interroga, e ci interroga, sui problemi di fine vita. Per lui l’eutanasia non è né un gesto d’umanità né un atto di compassione, ma un progetto che mette in discussione la professione medica e, più in generale, il legame simbolico tra le generazioni.
Non solo il medico ha il dovere di non arrendersi alla morte, ma deve anche infondere al suo paziente speranza, fiducia, voglia e forza di lottare. E anche quando la sua vita volgerà al termine, dovrà sempre trasmettergli il senso profondo della sua «arte», che è quello di «prendersi cura» di chi gli si affida. Perché esistono malattie inguaribili, ma non esistono malattie incurabili.
D’altra parte, l’esperienza dimostra che non è quasi mai il paziente a chiedere di «farla finita», ma le persone sane che lo circondano e non sopportano più il confronto diretto con la sofferenza e la morte, che risvegliano le loro paure ancestrali.
Anche l’enfasi con cui da qualche tempo si promuove il cosiddetto «testamento biologico» è piuttosto sospetta. Di certo esprime la domanda di chi sta bene e non vorrebbe mai abbandonare questa condizione.
Nelle nostre società ci sono tanti anziani, tante pensioni da pagare, tante cure da prestare, e nella mente di Lucien Israël si insinua un dubbio inquietante e provocatorio: e se l’eutanasia (con tutto ciò che vi ruota intorno) fosse una «soluzione economica», una risposta tecnica a un problema pratico, celata dietro la nobile richiesta di una morte dignitosa?