L’esperienza di Dio di San Francesco d’Assisi

L’esperienza di Dio di San Francesco d’Assisi

di G. C. Bottini

LA PREGHIERA DI SAN FRANCESCO 

Parlare della preghiera di san Francesco equivale a parlare della sua esperienza di Dio in tutta la sua vita. Scrive un esperto: «In tutti i momenti importanti della vita del santo è la preghiera che svolge un ruolo decisivo: una preghiera contrassegnata dagli atteggiamenti essenziali che la costituiscono, quali: a) la fede in un Dio personale e vivente; b) la percezione o intuizione mistica d’una divina presenza con la quale si può parlare; c) una fiducia e un sentimento di amicizia per Dio che ascolta e si manifesta in vario modo» (E. Mariani, «Preghiera», 1431-1432).  Così fu: per il «momento iniziale della nuova vita, che Francesco indica come conversione dai peccati»; per il momento della «scelta tra vita eremitica e vita apostolica, vita monastica e vita “in mezzo alla gente la gente”»; per il «viaggio a Roma per sottoporre la sua intenzione a papa Innocenzo III» (virgolettato in E. Mariani, «Preghiera», in Dizionario francescano, Padova 1983, 1432-1433).

Dire che Francesco interpella Dio con la preghiera propria o di altre persone nei momenti eccezionali ricordati non comporta «diminuire il significato della preghiera abituale che in Francesco si presenta con smisurata ricchezza di  tonalità, come fuoco, luce, abbandono, compassione, gioia, estasi. Ma è importante notare che nei momenti decisionali Francesco supera le sue perplessità col coinvolgere il Signore e non ha dubbi che il Signore stesso intervenga dal momento che egli gli si rivolge con quella fede che trasporta le montagne. La sua magnanimità nell’intraprendere sempre nuove imprese, il suo coraggio nelle prove difficili, hanno qui la loro radice» (Mariani, «Preghiera», 1433).

1. La preghiera espressione del rapporto di Francesco con Dio 

Per cogliere qualcosa dell’esperienza personale di Dio che san Francesco ebbe, la via privilegiata se non obbligata è costituita dalle sue preghiere. Dice L. Lehmann: «La preghiera e la meditazione occupano nella vita di san Francesco, una posizione centrale e costituiscono il vero segreto della sua persona« (Francesco maestro di preghiera, Roma 1993, 21-22). L’esperienza di fede e la preghiera infatti si appartengono necessariamente. Inoltre, insieme ai gesti riferiti dai biografi, le parole possono aprirci una finestra sul mondo interiore di Francesco e suggerire un orientamento autorevole e fecondo a livello personale e comunitario.

2. La preghiera elemento ricorrente degli scritti di Francesco

Dalla lettura degli scritti risultano alcuni elementi significativi per comprendere quanto centrale e pervadente fosse la dimensione della preghiera in san Francesco. Francesco pensò e scrisse la Regola digiunando e pregando; la Benedizione scritta per Fra Leone fu formulata dopo l’esperienza mistica delle stimmate sulla Verna; il Cantico di Frate Sole nacque dopo una lunga meditazione durante l’ultima malattia. Nelle sue lettere, che di solito esprimono comandi forti e richiami morali esigenti, ricorrono all’inizio e alla fine formule e espressioni di preghiera: il segno della croce nella 2LetFed e nella LetOrd, la benedizione nella LetMin e nella LetLeo. Sempre nelle lettere vi sono interi brani che costituiscono delle vere e proprie preghiere o esclamazioni di giubilo spirituale, per es.: 2 LetFed 54-62; LetOrd 27.38-39.50-52. Nei capitoli 22-23 della Regola non bollata si trova un’ampia catechesi sulla preghiera e un inno che è stato definito il «prefazio francescano», perché strutturato sul ritmo di un ritornello «Gratias agimus tibi / Ti rendiamo grazie» (cf. Lehmann, Francesco maestro di preghiera, 22).

Tra gli scritti di san Francesco si distinguono come un gruppo a sé i testi che per la forma e il contenuto sono classificati come preghiere. Sono indubbiamente tra le cose più preziose che ci sono rimaste del nostro serafico padre. Gli studiosi ritengono che anche letterariamente le preghiere sono da considerare come i testi più belli e questa qualifica non vale soltanto per il Cantico di Frate Sole annoverato tra i capolavori della letteratura italiana e mondiale, ma anche per esempio per la Esortazione alla lode di Dio, meno nota ma non meno bella.

Quanto al contenuto le preghiere di san Francesco sono caratterizzate dalla lode, dal ringraziamento e dall’adorazione. Solo in due casi si tratta di preghiere di domanda: la Preghiera davanti al Crocifisso (FF 276) e la preghiera nella Lettera a tutto l’Ordine (cf. 50-52; FF 233). La richiesta tuttavia riguarda unicamente doni spirituali: la fede, la speranza, la carità, la conoscenza per compiere il beneplacito di Dio nel seguire le orme di Cristo.

3. Modalità, luoghi e tempi della preghiera di San Francesco

Per avere informazioni su come, quando e dove san Francesco pregava bisogna interrogare le fonti biografiche. Un primo testo riassuntivo si legge nella Vita Prima di Tommaso da Celano.

Suo porto sicuro era la preghiera non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma prolungata per lungo tempo, piena di devozione e di serena umiltà. Se la iniziava la sera, a mala pena terminava la mattina. Era sempre intento alla preghiera, sia che camminasse, o sedesse, sia nel mangiare e nel berea. Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare (1 Cel 71b; FF 445).

a) I luoghi esteriori della preghiera di San Francesco

Alla luce di questa testimonianza e di altre analoghe si osserva anzitutto che Francesco con determinazione cerca spazi interiori ed esteriori di preghiera. Chiese solitarie, caverne, rupi e selve costituiscono gli spazi esteriori della preghiera con cui Francesco cercava di orientare tutto il suoessere a Dio «non soltanto col suo spirito, ma con le singole membra. E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello. E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica. per non svelare la manna nascosta» (2 Cel 94; FF 681). La Leggenda dei tre Compagni offre una testimonianza che risale al tempo della giovinezza di Francesco.

Spesso e quasi ogni giorno si immergeva segretamente nell’orazione. A tutto questo lo spingeva in certo modo anche quella misteriosa dolcezza che, facendogli visita sempre più spesso nell’anima, lo sospingeva alla preghiera perfino quando stava in piazza o in altri luoghi pubblici (3 Comp 8; FF 1403).

La ricerca e l’esperienza personale devono aver suggerito a Francesco la stesura di una Regola di vita negli Eremi (FF 136-138) per i frati desiderosi di vivere negli eremitaggi. Non è fuori luogo ricordare che tutte o quasi tutte le residenze di Francesco sono romitaggi originariamente cercati per dedicarsi nel silenzio e nella solitudine alla preghiera e alla contemplazione delle cose divine. Basti nominare San Damiano, le Carceri, Rivotorto, Greccio, Fonte Colombo, la Verna.

b) Il luogo interiore della preghiera di San Francesco

Il «tempio del cuore» è lo spazio interiore della preghiera di san Francesco. Si deve dire che la stessa ricerca di spazi esteriori, appena ricordati, aveva come fine l’edificazione e la custodia di questo spazio interiore costituito dal cuore. Vi era come una corrispondenza tra i due spazi. Basta citare al riguardo una sola testimonianza.

Sempre frapponeva fra sé e gli astanti qualcosa, perché non si accorgessero del contatto dello sposo: così poteva pregare non visto anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave. Infine, se non gli era possibile niente di tutto questo, faceva un tempio del suo petto (2 Cel 94; FF 681).

4. Preghiera fatta con tutta la persona

Un altro elemento che caratterizza il modo di pregare di Francesco è costituito dal fatto che egli nella preghiera si coinvolgeva interamente, anima e corpo. Egli che era abituato a controllare le sue emozioni interiori, perché non apparissero all’esterno e a contenere i suoi sensi esteriori (cf. 1 Cel 71), quando si trovava in solitudine dava libero sfogo ai sentimenti del cuore e dello spirito, come riferisce il biografo Tommaso da Celano.

Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente (2 Cel 95; FF 682).

L’intera persona di Francesco è coinvolta nella preghiera: cuore, corpo, sensi. Si comprende così che la sua disposizione continuata alla preghiera lo trasforma in preghiera stessa «momento questo che giungerà al suo apice nella stigmatizzazione sul monte La Verna» (Lehmann, Francesco maestro di preghiera, 28).

Il carattere concreto e sensibile della preghiera di Francesco è sottolineato anche da un altro testo celebre del biografo.

Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra (1 Cel 115; FF 522). 

Scriveva Costantino Koser, fine teologo e per molti anni Ministro Generale dei Frati Minori (1965-1979), su questa mirabile esperienza spirituale di Francesco: «In S. Francesco, tutto l’uomo, con tutte le sue qualità e con tutte le sue energie, di corpo e di anima, di intelligenza e di volontà, di emotività e affettività: tutto era assorbito nella vita con Dio: “Tutti dobbiamo amare (…) il Signore Dio in uno sforzo totale, con tutto l’affetto, con tutti i sentimenti, con tutto il desiderio di cui siamo capaci»» (Rnb 23: Koser, Vita con Dio, Roma 1971, n. 96).

La preghiera di Francesco è spesso accompagnata dal digiuno, una esigenza che nasce in lui dal bisogno di imitare Gesù, scrive il biografo san Bonaventura:

In pegno di una singolare devozione verso di lui, a cominciare dalla festa dell’Epifania per quaranta giorni continui, cioè per tutto il tempo in cui Cristo rimase nascosto nel deserto, si ritirava nella solitudine e, recluso nella cella, riducendo cibo e bevanda al minimo possibile, si dedicava senza interruzione ai digiuni, alle preghiere e alle lodi di Dio (LegMaior IX 2; FF 1163). 

Anche nelle due Regole del resto il digiuno è congiunto con la preghiera: un capitolo porta il titolo «Del divino ufficio e del digiuno» (Rnb 3; Rb 3) con esplicito riferimento al Vangelo (cf. Mc 9,28 e Mt 6,16; Rnb 3,11). 

  1. «La parola di Dio nel cuore e il cuore in Dio»

Con questa espressione alcuni studiosi esprimono la dimensione affettiva che caratterizza la preghiera di San Francesco. Egli infatti esorta spesso a rivolgere il cuore a Dio e a farne la dimora di Dio e della sua parola. Nel capitolo 22 della Regola non bollata ricorda il pericolo cui sono esposti gli uomini quando «subito viene il diavolo e porta via quello che è stato seminato nei loro cuori, perché non credano e siano salvati» (Rnb 22,13; FF 58), e ammonisce: «…e guardiamoci bene dalla malizia e dall’astuzia di Satana, il quale vuole che l’uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio» (Rnb 22,19; FF 59) e raccomanda che tutta la preoccupazione dei frati sia «servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose» (Rnb 22,26; FF 60).

Si capisce perché gli stia sommamente a cuore che nessun pensiero e nessuna attività, né il lavoro materiale, né quello intellettuale, sia pure teologico, metta in pericolo e estingua «lo spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre cose temporali» (Rb 5,2; FF 88; LetAnt 2; FF 252).

Dai suoi scritti si vede come davvero la preghiera del cuore è ininterrotta in Francesco che continuamente prorompe in inni, esclamazioni estatiche e esortazioni con accumulazione di espressioni sovrabbondanti. Nella Regola non bollata si legge ad esempio qùesto invito infuocato e incalzante:

Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga a che noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veracemente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui, e amano lui (Rnb 11; FF 71).

6. La grande preghiera di lode

Fino a che punto Francesco avesse il cuore in Dio può indicarlo il testo che viene chiamato Lodi di Dio Altissimo, di cui conserviamo l’originale da lui scritto con mano piagata sulla pergamena che contiene la Benedizione a Frate Leone. Tommaso da Celano riferisce che Francesco, accondiscendendo al desiderio di Frate Leone, disse: «Voglio scrivere le parole e le lodi del Signore come le ho meditate nel mio cuore» (2 Cel 49; FF 635). Rileggiamolo facendo attenzione alla sorprendente profusione di titoli o appellativi dati a Dio.

Tu sei santo, Signore, solo Dio che operi cose meravigliose.

Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,

Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.

Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,

Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero.

Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,

Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,

Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.

Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza, Tu sei giustizia,

Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza.

Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine,

Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore,

Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio.

Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità.

Tu sei la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita etema, grande e ammirabile Signore,

Dio onnipotente, misericordioso Salvatore (LodAlt; FF 261).

Lo stupore dinanzi all’accumulazione mirabile di titoli riferiti a Dio si fa maggiore se proviamo a scoprire per quanto è possibile ciò che questi titoli significano e quanti e quali aspetti vitali essi evocano. «Ciascuna espressione vale un trattato intero» (Koser, Vita con Dio, n. 97).

7. Preghiere brevi

Le biografie e gli scritti di San Francesco testimoniano che spesso egli si esprime con preghiere brevi ripetute con frequenza e a forma di giaculatorie. Fra Leone sul monte della Verna ha ascoltato Francesco ripetere: «Chi se’; tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo» (Fioretti; FF 1915). Gli stessi Fioretti riferiscono la celebre espressione: «Deus meus et ommia / mio Dio e mio tutto (o tradotto più fedelmente: Mio Dio e tutte le cose». Tommaso da Celano riferisce che Francesco ripeteva con frequenza l’invocazione di risonanza evangelica…«O Dio, abbi misericordia di me peccatore» (1 Cel 26; FF 363, cf. Lc 18,13). Anche il gusto spirituale che Francesco provava, secondo i biografi, nel ripetere incessantemente il nome «Gesù» rivela che la sua preghiera conosceva una grande semplificazione e condensazione. Attraverso la ripetizione del nome egli meditava tutta la vita e i misteri del Figlio di Dio.

8. La preghiera come contemplazione nella fede

La preghiera portava Francesco a «vedere» oltre le parole e i segni sacramentali. Fondamentale al riguardo quanto egli scrive sull’Eucaristia nella prima Ammonizione dedicata al «Corpo e Sangue del Signore»

E come [il Figlio di Dio] ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero (1,1 9-21; FF 144).

Annota Lehmann a proposito dell’Ammonizione: «È da tener presente il passaggio da “vedere” a “contemplare». Bisogna, infatti, guardare con occhi spirituali, cioè, con gli occhi dello “Spirito del Signore che abita nei suoi fedeli”» (Am 1,12» (Lehmann, Francesco maestro di preghiera, 35).

L’abitazione di Dio in un cuore purificato permette di vedere con occhi spirituali, cioè con gli occhi dello Spirito, e conduce all’unione con Dio, verso cui tende la preghiera. Dice Francesco nell’Ammonizione 16 dedicata alla «purezza di cuore»

«“Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio” (Mt 5,8). Veramente puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai  di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro (Am 16; FF 165).

9. La Sacra Scrittura, fonte della preghiera di san Francesco

È noto che Francesco aveva una grande conoscenza della Bibbia, una conoscenza frutto della sua assiduità alle celebrazioni liturgiche e della sua lettura personale. Perciò non stupisce vedere che la Sacra Scrittura è per lui una fonte di preghiera. Non ha bisogno di dimostrazione che le sue preghiere non solo sono impregnate dello spirito della Scrittura, ma sono un mosaico di parole bibliche. Basti pensare all’Ufficio della Passione composto da lui con poche parole proprie e con tanti testi scelti dai Salmi e da altri passi della Bibbia. In questo Ufficio Francesco contempla il cammino terreno di Gesù e tutti i suoi misteri dalla nascita all’ascensione, anche se l’accento più forte è messo sulla passione.

10. Il libro della croce di Cristo

Nonostante la stima e l’amore sommo e riverente che Francesco aveva per «le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita» (2 LetFed 3; FF 180), egli poteva fare a meno anche della Bibbia. Grazie alla sua forza immaginativa e al suo amore egli poteva concentrarsi sul mistero di Cristo e in particolare sulla croce. È noto infatti che un episodio decisivo e determinante per tutto il resto della sua vita fu l’incontro con il crocifisso di San Damiano. Decisivo e determinante, perché lo segna a tal punto interiormente che sulla Verna l’immagine del crocifisso apparve in lui anche esteriormente da farne un «altro Cristo». Un altro indizio di quanto il mistero della croce alimentasse la sua vita di orazioneè la preghiera «Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo» (Test 5; FF 111).

A questa testimonianza si può aggiungere quella altrettanto significativo di San Bonaventura il quale riferisce che quando i frati si trovavano a Rivotorto e non avevano ancora i libri liturgici per poter recitare le ore canoniche «leggevano… il libro della croce di Cristo, istruiti dall’esempio e dalla parola del loro Padre, che parlava spesso della croce di Cristo» (LegMaior IV 3; FF 1067).

L’Ufficio della Passione di Cristo composto da Francesco contiene ben sette salmi che del mistero della croce sottolineano specialmente l’obbedienza, la fiducia e l’abbandono di Gesù nei confronti del Padre.

11. La dimensione cosmica

Dicono gli studiosi di francescanesimo che una caratteristica della spiritualità di Francesco è la dimensione cosmica della quale una prova eccezionalmente limpida di questo è il Cantico di Frate Sole.

Anche per questo aspetto una testimonianza di Tommaso da Celano è molto significativa.

Desiderando questo felice viandante uscire presto dal mondo, come da un esilio di passaggio, trovava non piccolo aiuto nelle cose che sono nel mondo stesso. Infatti si serviva di esso come di un campo di battaglia, contro le potenze delle tenebre, e nei riguardi di Dio come di uno specchio tersissimo della sua bontà.

In ogni opera loda l’Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle· riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: “Chi ci ha creati è infinitamente buono”. Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono (2 Cel 165; FF 750).

Gli scritti di San Francesco confermano questa osservazione del biografo. Basti citare l’Esortazione alla lode di Dio dove egli invita tutte le creature a lodare Dio (FF 265a: «voi tutti… cieli e terra… fiumi tutti…ogni vivente… voi tutti che leggete queste parole… creature tutte… voi tutti uccelli del cielo… tutti i bambini… giovani e fanciulle»; cf. anche Uff VII 4; IX 7; XV 9).

Conclusione

A conclusione della visione panoramica della preghiera di e in Francesco aggiungo qualche annotazione che aiuta a valutare meglio quanto abbiamo osservato.

Nella preghiera di Francesco non si riscontra nessuno di quegli aspetti negativi che gli studiosi indicano talvolta presenti nella storia della preghiera, come, per esempio un eccesso di spiritualizzazione, una dissociazione tra preghiera e metodo (o gradi) di preghiera, una separazione tra preghiera vocale ripetitiva e colloquio personale con Dio, un salto della mediazione di Cristo, una dimenticanza della condizione di peccatore a favore del fervore, una distinzione arbitraria tra preghiera spontanea e preghiera liturgica. Anche nel misticismo (cf. esperienza della Verna) o in altri fenomeni straordinari di Francesco restano in lui inseparabili la volontà di amare e soffrire  e il dominio di sé (cf. Mariani, «Preghiera», 1451-1452).

«La preghiera di Francesco è soprattutto ascolto: egli desidera conoscere cosa vuole Dio da Lui. È semplicità e umiltà “profonda” davanti a Dio Altissimo, fino all’estremo della vita. È lode, ringraziamento, gioia. È, infine, amore: di figlio verso il Padre; di fratello verso Cristo Crocifisso; di sposo verso lo Spirito Santo, guida nella pratica delle virtù e vero “ministro generale del suo Ordine, che si posa ugualmente sul povero e sul semplice” (2Cel 193; FF 779), come sui ricchi e sapienti» (Mariani, «Preghiera», 1452).

La vita e gli scritti del santo di Assisi sono da sempre un modello e una sorgente freschissima di spiritualità nella Chiesa e nel mondo. Ne era consapevole lui stesso, almeno nei confronti dei suoi frati, che esortava con queste parole:

Nel nome del Signore! Prego tutti i frati di imparare la lettera ed il contenuto delle cose che in questa forma di vita sono state scritte a salvezza della nostra anima, e di richiamarle frequentemente alla memoria. E prego Dio affinché egli stesso, che è onnipotente trino e uno, benedica tutti quanti insegnano, imparano, custodiscono, ritengono a memoria e praticano queste cose, ogni volta che ricordano e fanno quelle cose che in essa sono state scritte per la salvezza della nostra anima. E supplico tutti, baciando loro i piedi, che le amino molto, le custodiscano e le conservino (Rnb 24,1-3; FF 72).

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