Economia francescana, ovvero come i francescani fondarono banche
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LA RIFLESSIONE SULLA STORIA ECONOMICA EVIDENZIA L’IMPORTANZA DEL PENSIERO FRANCESCANO CHE PORTÒ ALLA AMMISSIONE DEL PRESTITO AD INTERESSE IN AMBITO CATTOLICO, STABILENDO IL PRINCIPIO CHE IL DENARO DOVEVA ESSERE UTILIZZATO PER LO SVILUPPO DELLA ATTIVITÀ ECONOMICA REALE, FINALIZZATA AL BENE COMUNE
Le crisi della economia contemporanea hanno portato a una riflessione sul capitalismo. Un fenomeno contemporaneo è la riflessione sulla cosiddetta finanziarizzazione della economia, cioè sulla valutazione solo finanziaria dei fenomeni economici. L’economia reale è spesso rappresentata e gestita facendo riferimento solo a modelli finanziari che partono dalla “trasformazione” di asset reali in strumenti finanziari, come avviene per esempio per gli immobili. Queste operazioni portano sempre ad una visione di corto periodo che spesso cancella altri aspetti della economia e porta ad avere una economia che da scienza sociale destinata a conseguire la pubblica felicità come affermato dall’abate Genovesi (1713-1769), ad essere una tecnica finanziaria che provoca gravi sofferenze sociali e non persegue il bene comune ma l’interesse di gruppi sempre più ristretti. L’accentramento della ricchezza cancella i corpi sociali intermedi e desertifica economicamente i territori.
Il recupero della storia economica è utile per evitare queste derive. In particolare + interessante approfondire il tema della “economia” francescana, cioè del ruolo del movimento francescano nel ridefinire l’etica economica in un periodo di grandi mutamenti come quello del XIII e XIV secolo. Padre Marco Asselle, ofm, docente e autore, fra gli altri, del libro “Sorella economia”, è uno dei pensatori che studiato il fenomeno.
L’importanza dei francescani nella formazione di una visione economica, sembra paradossale per la scelta dell’ordine di rinunciare completamente alla proprietà, sia personale che collettiva. E’ noto il “privilegium paupertatis” chiesto a Papa Gregorio IX da santa Chiara di Assisi, per permettere che il monastero delle clarisse di San Damiano potesse vivere solo di elemosine.
Eppure l’importanza del pensiero francescano fu notevole ed esso ha affrontato questioni, come quelle la rapporto fra economia reale e finanza, che sono tornate molto attuali oggi.
Come afferma il prof. Bezzicchi “A Bonaventura, all’Olivi, a Duns Scoto, Alessandro di Alessandria, Astesano di Asti, Occam, Bernardino da Siena e a tantissimi altri pensatori francescani va il merito di aver formulato il principio secondo cui la sfera socio-economica, quella governativa (della civitas) e quella evangelica (della relazionalità, della reciprocità e della fraternitas) sono tre gradi differenti, ma integrabili, di un’organizzazione della realtà sociale.”
Il ruolo di Pietro di Giovanni Olivi, francescano provenzale vicino alla teologia di Gioacchino da Fiore, fu importante per definire in ambito cattolico la liceità del prestito ad interesse, qualora il capitale fosse remunerato perché legato ad una attività reale.
L’abbandono della avidità della proprietà che costituiva la regola della vita francescana, non voleva dire però la disattenzione per le necessità delle persone e delle comunità Da qui la nascita dei Monti di Pietà che non si caratterizzavano per una azione di mera carità, ma per l’applicazione di un principio economico che ne assicurava al contempo la permanenza nel tempo e la funzione sociale contrastando la piaga dell’usura.
Prima di Francesco, i Templari “inventarono il
” traveller cech” x le spese durante le crociate.
Furono sterminati dal Re Francese che si rifiutava di pagare il forte debito accumulato…cosi andava il mondo…