Insegnate la verità, non la fluidità

Insegnate la verità, non la fluidità

di Antonella Paniccia 

UNA DEVASTANTE BOMBA H NEL CAMPO DELLA DIDATTICA E DELL’EDUCAZIONE SCOLASTICA

E così, infine, ci siamo arrivati. Pian piano, tra un asterisco qui e uno là, tra calzini spaiati e arcobaleni rovesciati, corsi di  indottrinamento da anni magistralmente proposti ai docenti come lotta al bullismo e altre brillanti manifestazioni didattiche all’insegna dell’inclusione (la nuova parola talismano), l’educazione scolastica italiana ha ora toccato il traguardo…

Un traguardo cupo e profondo, però, perché più in basso di così non si può. E noi, assuefatti come siamo alla follìa contemporanea del pensiero woke, forse timorosi di apparire trogloditi, boomer o quantomeno bigotti, quasi quasi lasciamo passare la notiziola inosservata perché tanto, alla fine, ci si abitua a tutto. 

I fatti sono ormai noti: su una verde locandina coronata da un arcobaleno di cinque colori, su proposta dell’Università Roma 3, è stato pubblicizzato un laboratorio riguardante “Un progetto di Ricerca con strumenti Ludico-Creativo per ascoltare e accogliere le storie di Bambin* e Ragazz* (5-14 anni) condotto da Ricercator* della Comunità e un’insegnante Montessoriana”.

Per questa inquietante opera – che già dal titolo si prefigura come una devastante bomba H nel campo della didattica e dell’educazione scolastica – verranno utilizzati strumenti impropriamente definiti “ludico-creativo” (semmai ludico-creativi), avvalendosi “di ricercator* e di un’insegnante” (dunque di sesso femminile) Montessoriana. Così, supportato con fondi pubblici e con l’approvazione del Comitato Etico dell’Ateneo romano, si attiverà un laboratorio nel quale verranno accolti e ascoltati “bambin* trans e gender” ansiosi di raccontare (presunte) storie di fluidità.

Poiché questa iniziativa lascia ipotizzare che nella scuola primaria i docenti abbiano, forse, quotidianamente a che fare con simili problemi, viene da chiedersi se gli stessi insegnanti non abbiano qualcosa da eccepire… o possono confermarlo?

Giustamente scrive la giornalista Rai Costanza Miriano: “…io non credo assolutamente che ci siano bambini così piccoli che vivano davvero questa condizione ma semplicemente bambini e ragazzi che stanno crescendo, con i loro tempi”. 

In tanti anni di insegnamento nella scuola primaria, io stessa posso assicurare che mai ho avuto esperienza di bambini che lasciassero supporre le problematiche previste nella locandina, alunni che, magari durante la ricreazione, manifestassero ai compagni il desiderio di voler cambiare sesso o la sensazione di essere nati in un corpo sbagliato (non lo pensavano neanche lontanamente!). 

Bisognerebbe quindi chiedere ai membri del Comitato “etico” dell’Università Roma 3 – guidati dalla ricercatrice Michela Mariotto – quale significato attribuiscono al termine etico con cui si connota il Comitato stesso. Quali valori? Quale morale? Quale criterio di discernimento tra bene e male? Quale lo scopo che questo organismo si prefigge?

Appaiono tutt’altro che rassicuranti le parole del professor Massimiliano Fiorucci, Rettore dell’Ateneo, quando afferma che “L’Università sarà pioniera della discussione sulla diversità” e sottolinea che essa si propone di conoscere il “contesto sociale in cui i baby trans si muovono”. 

I baby trans? Ecco quindi svelato l’obiettivo. Scrutare, indagare sulla vita di bambini di appena cinque anni, analizzare le loro abitudini vagliando e giudicando – secondo i loro modelli – i giochi e le attitudini tipiche dell’età infantile per aiutarli magari a parlare “liberamente” del sesso al quale  desiderino appartenere. Può essere considerato lecito? Il pianeta scuola tace.

Guai al mondo per gli scandali!”. E il mondo oggi ha dimenticato che già duemila anni fa ci fu un tale, di nome Gesù, il quale ammonì severamente gli adulti perché convertissero i loro cuori per farli diventare semplici come quelli dei bambini. Non il contrario. Egli disse: ”Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Vangelo di Matteo 18,6). 

In molti dovrebbero riflettere se anche le femministe hanno voluto far sentire la loro voce dichiarando che non bisogna influenzare le menti dei bambini e, soprattutto, che non esistono bambini trans? Come non si comprende che è cosa folle creare confusione nella mente dei fanciulli incoraggiando in essi dubbi sulla loro identità? 

Lasciate in pace i bambini, lasciate che vivano serenamente il loro tempo, l’innocenza, i loro sogni, la loro infanzia! Ovviamente direte che ci sono gli esperti, ci sarà anche un’insegnante “Montessoriana”. Un programma interessante allora!

Il metodo Montessori lascia presumere una didattica innovativa e tale fu nel periodo in cui Maria Montessori era vissuta. Ella fu infatti anticipatrice nel suggerire un’educazione mirante a favorire l’autodisciplina e l’autorganizzazione dei ragazzi ideando anche un ambiente didattico creato a misura di bambino, con arredi e materiali didattici appositamente strutturati, pensati per stimolare e rispettare le esigenze di sviluppo fisico e intellettuale dei fanciulli. Argomenti sicuramente convincenti, soprattutto in un’epoca in cui l’educazione era rigidamente improntata, ma nel contesto odierno, in cui si mira a sperimentare sui bambini le nuove ideologie, bisogna innanzitutto cominciare a chiedere chiarezza su quali strumenti ludico-creativi si vogliono proporre ai bambini e quali obiettivi devono essere raggiunti. Esiste un programma di lavoro ben definito e che possa essere pubblicamente condiviso?

Maria Montessori, laureata in medicina e poi specializzatasi in pedagogia, era agnostica ed eugenista, fu in contatto con ambienti della massoneria e fautrice di un tipo di educazione libertaria e anticristiana: non fu, in realtà, la santa maestra dei bambini come comunemente viene intesa e mitizzata dai più.

Chiaramente ostile alla famiglia tradizionale, ella fu anche propugnatrice di una precoce e libera educazione sessuale. Quindi, la scelta di un’insegnante Montessoriana potrebbe apparire oggi quasi uno specchietto per le allodole usato al fine di conquistare adesioni e simpatie.

Si dirà pure che, con la Montessori, veniva esaltata la capacità di autoapprendimento del bambino, la sua libertà di scelta, il “diritto” – se così si può dire – di essere ascoltato sempre dall’adulto, la libertà di intervenire su qualsiasi ragionamento.

Apparirà forse attraente questa prematura conquista della libertà da parte di ogni fanciullo, va però osservato che, ai nostri giorni, le conseguenze di un metodo educativo eccessivamente permissivo si scontano nella scuola con una palese “inosservanza” del rispetto e dell’obbedienza dovuti al docente.

Si criticava anche il fatto che i ragazzi dovessero stare seduti nei banchi… Ora, però, in classe capita sovente di trovarsi a vivere situazioni da Far West, con alunni litigiosi, irrequieti, incapaci di stare seduti ad ascoltare la lezione. 

Si disapprovava, infine, la lezione frontale, considerata una noia mortale per i ragazzi. Ma se questo è il pensiero di alcuni docenti, bisogna dir loro che forse non sono proprio tarati per l’insegnamento. Essere docenti implica anzitutto la capacità di sapersi esporre, di conquistare l’attenzione con tutti i mezzi possibili: anche con il proprio atteggiamento, con uno sguardo di benevolenza, con un sorriso, con una pausa ben studiata, con una parola di incoraggiamento alla risposta. Per questo è necessario saper coinvolgere tutti, usare con saggezza la propria voce e le giuste parole per trasportare i ragazzi in un ambiente ideale che essi sogneranno ad occhi aperti. Bisogna affascinarli, sì! 

Cos’è l’educazione se non una meravigliosa, creativa opera didattica? 

Forse taluni docenti, magari, non hanno mai sperimentato il gusto di parlare agli alunni camminando lentamente fra i banchi, guardandoli in volto, uno per uno, disegnando alla lavagna i personaggi e gli animali di cui narra una storia mentre la si racconta, invitandoli ad imitare i suoni della natura e le voci stesse dei personaggi. 

Signori… questa è la lezione frontale! Ed è momento di gioia reciproca, di ascolto profondo, di suspance, di rilassamento, di emozioni infinite. Triste sarà, invece, quel docente che interpreta la lezione frontale come uno sterile sedersi in cattedra per pontificare: per lui sarebbe assai preferibile cambiare lavoro!

Basterà infatti un po’ di fantasia per trasformare una giornata scolastica e la lezione darà gioia e soddisfazione agli stessi insegnanti che si emozioneranno nel percepire il coinvolgimento dei ragazzi. 

E allora, cari docenti, ben venga la lezione frontale! E parlate ai vostri alunni, parlate loro con occhi luminosi e col cuore appassionato, con voce chiara, parlate di poesia e di letteratura, trasferite l’amore per la nostra meravigliosa lingua italiana, raccontate loro il mondo che è stato ma anche quello attuale, così difficile, ingannevole, che sovente vuole indurli in errore. Insegnate a vedere, insegnate a ragionare, insegnate ad ammirare e scoprire le leggi della natura. 

Insegnate la verità. Non la fluidità, quella cosa che sicuramente i bambini non hanno.

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