Tra il porno e la violenza il legame è stretto
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LE PROVE ABBONDANO MA METTERE IN DISCUSSIONE UNO DEI PILASTRI DELL’ATTUALE RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA
Ogni volta che avviene uno stupro comincia inevitabilmente il balletto di accuse: contro i genitori che non educano, contro il patriarcato, contro il maschilismo… Nessuno, salvo i cattolici, mette il dito sulla vera piaga che delle violenze, anche tra le mura domestiche, è la principale responsabile: il dilagare della pornografia.
Gli psicoterapeuti riferiscono di adolescenti che raccontano che il loro primo rapporto è stato una violenza e questo perché ormai l’educazione affettiva di molti ragazzi è alimentata dall’esposizione a ore di video pornografici, che li portano a far coincidere il sesso con il dominio dell’altro. Un dato per tutti: Pornhub, una delle tante versioni pornografiche di YouTube, nel 2019, ha avuto 42 miliardi di visite, 115 milioni al giorno, salite a 130 milioni nel 2020; il disponibile sul sito equivale a 169 anni di video.
Ma oltre che su internet, dove chiunque ha modo di visionare scene di sesso spinto, talvolta violento, consumato, filmato e messo in rete magari da adolescenti; il nudo e il sesso sono ormai “sparati” ovunque: sui cartelloni pubblicitari, in tv, al cinema, dove non c’è serie tv o film senza attrici nude e corpi ansimanti che si aggrovigliano. Ormai pare che non ci possa essere amore senza sesso e il grado di assuefazione è tale che oggi la famosa scena del burro tra Marlon Brando e Maria Schneider nella pellicola Ultimo tango a Parigi – girata da Bernardo Bertolucci nel 1972 – che sollevò grandissimo scandalo, verrebbe tranquillamente trasmessa in fascia protetta.
A conferma della erotizzazione fuori controllo della società sono in grande aumento tra fasce di età insospettabili – 8 e 12/13 anni – fenomeni quali la masturbazione davanti ai compagni o alle compagne, richiesta di sesso orale, esibizione dei genitali. Lo scenario è molto spesso la scuola e tali episodi non riguardano bambini disadattati o provenienti da famiglie difficili, ma bambini del tutto normali, inseriti in famiglie normali, con genitori che li amano e che sono ben lontani dall’immaginare che il proprio figlio possa essere coinvolto in situazioni del genere. Quando non è la scuola stessa che in cui in ossequio alla ideologia LGBT introduce lezioni di sesso e avvio alla masturbazione.
Ovviamente è “proibito” puntare il dito contro quella che è stata la bandiera della rivoluzione sessantottesca e di cui il dilagare della pornografia è logica conseguenza: la liberalizzazione sessuale. Chi prova a farlo viene immediatamente tacciato di bigottismo; senonchè adesso c’è anche qualche “addetto ai lavori” disposto a denunciare i danni provenienti dalla pornografia. Uno di questi è la nota pornostar Rocco Siffredi, che intervistato da Libero ha invitato a tenere i ragazzi lontano dal porno. «Blocchiamo tutti i siti porno in rete», ha detto tra l’altro «Se necessario, mi offro come portavoce e accetterei anche la chiusura del mio sito. Per aiutare i giovani questo e altro. Io mi sento un po’ responsabile di ciò che sta accadendo, più come padre che pornostar. Perché noi non siamo educazione sessuale».
Nel 2021 fece un certo scalpore la confessione della cantautrice americana Billie Elish, la quale intervenendo a un programma radiofonico, The Howard Stern Show, trasmesso dall’emittente Sirius/XM disse di essere stata avviata alla pornografia quando aveva 11 anni, una pratica, parole sue, che le ha «distrutto il cervello». «Da donna dico che il porno è una vergogna. Davvero, guardavo tantissima pornografia», ammise la cantante oggi ventiduenne, che ebbe la sua iniziazione cedendo alla pressione dei coetanei, perché guardare quelle immagini lascive e violente la faceva sentire “una di loro”. Durante i suoi primi rapporti sessuali, ha ricordato parlando nel salotto televisivo, «non dicevo no a cose brutte» perché «pensavo che quello fosse ciò che doveva attrarmi».
Assordante il silenzio delle femministe, sempre meno credibili nelle loro ideologiche battaglie, che dovrebbero essere le prime a denunciare la mercificazione, la violenza e il degrado che ha comportato la pornografia per le donne.
Un’altra “autorevole” conferma dello stretto legame tra pornografia e violenza sessuale viene da Ted Bundy, giustiziato negli Stati Uniti nel 1989 dopo essere stato condannato per avere commesso più di cento omicidi ed atroci violenze su donne e bambine. La sera prima dell’esecuzione rilasciò una intervista in cui confessò di essere giunto a quegli omicidi a causa delle fantasie violente stimolate dalle riviste pornografiche e dai film trasmessi in televisione.
L’elenco delle “prove” è molto lungo, ma è inutile insistere perché ormai sono in pochi disposti a mettere in discussione uno dei pilastri dell’attuale rivoluzione antropologica. Forse neppure più certi cattolici, fuorviati da chi in confessionale ormai sorvola sul sesto comandamento ed è perfino disposto a benedire chi trasgredisce al nono.