Riaprono le scuole, si svuotano i portafogli

Riaprono le scuole, si svuotano i portafogli

di Pietro Licciardi

LIBRI, ABBONAMENTI, ZAINI… UN SALASSO PER COSA? GIOVANI SEMPRE PIU’ IGNORANTI

Le vacanze estive sono terminate e riaprono le scuole. Puntuale arriva pure quest’anno il salasso per le famiglie che secondo i soliti conteggi pubblicati dai media arriva fino a 800 euro tra libri, corredo, abbonamenti… Ovviamente se si ha un solo pargolo, perché altrimenti ci vuole un prestito o un mutuo in banca. Va un po’ meglio, ma di poco, se si ricorre ai benemeriti mercatini dell’usato. Il tutto alla faccia dell’articolo 34 della Costituzione – che chissà perché ancora ci si ostina a considerare “la più bella del mondo” – secondo il quale «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita».

Come informa l’agenzia Ansa due studenti su tre avranno nello zaino libri nuovi, la voce di bilancio più onerosa, con un aumento della spesa rispetto all’anno scorso del 50% mentre chi si rivolge all’usato spenderà in media tra i 200 e i 300 euro. Oltre ai libri ci sono i diari, gli zaini e tutto il materiale “di consumo” (penne, matite, gomme per cancellare…); altri 160 euro in media. Un po’ meno se si scartano articoli di marca.

Insomma, far studiare i figli sta diventando per sempre più genitori un lusso; il che può anche essere, entro certi limiti accettabile, in quanto si tratta di un investimento sul futuro. Cadono le braccia però se si pensa alla qualità di questo investimento. Le famiglia subiscono un salasso continuo, che non si limita alla spesa iniziale ma che accompagna per tutto l’anno con la retta per la mensa, i contributi “volontari” che parecchi istituti superiori hanno cominciato a chiedere con il pretesto della scarsità di fondi, le gite scolastiche e via elencando, al termine del quale si ritrovano con i propri ragazzi ignoranti come capre o poco più – ce lo dicono i rapporti Ocse, Pisa e Invalsi –  un buon numero dei quali non sa leggere correntemente o non è in grado di capire tutto quello che legge; magari sa tutto sui diritti gay e lgbt ma non è capace di associare correttamente la targa automobilistica a ciascuna provincia o ha serie difficoltà a indovinare la data della marcia su Roma.

Chi scrive ricorda con nostalgia quando alla scuola elementare si stava dalle 8.30 alle 12.30 e si portavano in cartella due soli libri: quello di lettura, pieno di tanti bei racconti, e il sussidiario per imparare la storia e le altre materie. Dalla quinta si usciva sapendo tutto o quasi delle regioni d’Italia, si sapeva quali erano almeno le capitali europee, si conoscevano quasi tutte le bandiere degli stati del mondo e tante altre belle cosette che oggi i giovani di terza media e oltre hanno difficoltà a sapere. E, cosa affatto secondaria, si sapeva scrivere in un italiano corretto.

Oggi si vedono bambinetti trascinare enormi zaini pieni di libri, dispense, fotocopie il cui volume è aumentato in maniera direttamente proporzionale alla diminuzione delle nozioni assimilate. E se si pensa che c’è chi vorrebbe dare la cittadinanza italiana col conseguente diritto di voto solo dopo dieci anni, o meno, passati in questa scuola vengono i brividi.

Noi avevamo suggerito a questo governo di por mano, e in fretta, a una radicale riforma dell’istruzione, ma forse è giunto il momento, per il bene dei figli e il futuro dell’Italia, a prendere in considerazione una fuga in massa da questa scuola per tornare a modelli educativi più adeguati ed efficaci, come le scuole domestiche. Prima che sia troppo tardi.

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