Il fiorire della tradizione, il vero “nuovo” che avanza
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SI MOLTIPLICANO I SEGNALI DI UNA RIPRESA DELLA CATTOLICITA’, ANCHE NELL’ATEO, PAGANO E ISLAMIZZATO OCCIDENTE
Per negare la crisi drammatica che sta attraversando oggi la Chiesa cattolica bisogna avere due spesse fette di prosciutto sugli occhi o essere affetti da una potente dose di ottusa ingenuità e tuttavia quel “non prevalebunt” che ha accompagnato fin dall’inizio la sposa di Cristo ci dà la certezza che nulla potrà impedire la sua missione salvifica nel mondo: né le numerose eresie che l’anno da sempre infestata, né i suoi nemici esterni e tantomeno i nemici interni, che sembrano avere preso il sopravvento nel corso di un pontificato che sarà presto e volentieri dimenticato.
La nostra non è una speranza ma una certezza, sempre più suffragata dai fatti. Si moltiplicano infatti i segnali di una ripresa della cattolicità in numerose aree del mondo; non soltanto in Africa, dove si concentra il maggior numero di martiri del mostro tempo e dove numerose conferenze episcopali hanno rifiutato la controversa dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede, Fiducia supplicans, ma anche nel secolarizzato, pagano e ateo Occidente.
Dopo gli imponenti pellegrinaggi e processioni che hanno accompagnato il Congresso eucaristico nazionale che si è svolto a Indianapolis (Usa) e le notizie riguardanti la crescita delle parrocchie che celebrano la Messa in latino anche il clero argentino si è accorto che l’aria nella Chiesa sta cambiando.
Fino ad oggi i modernisti si sono autocelebrati come i profeti in grado di leggere i segni dei tempi ma mentre si parla con enfasi di una nuova chiesa sinodale tutto sembra puntare in senso contrario. Si assiste infatti al fenomeno di sempre più giovani che chiedono più tradizione, fanno faticosi pellegrinaggi a piedi tornano alla recita dell’”obsoleto” rosario, amano i riti religiosi, magari in latino, e tornano a frequentare i santuari mariani, come ha esplicitamente ammesso monsignor Héctor Rubén Aguer in articolo pubblicato sul quotidiano La Prensa il 15 Agosto scorso, giorno dell’Assunta.
L’arcivescovo emerito della diocesi argentina de La Plata, dopo aver manifestato forte scetticismo sulle recenti aperture della Chiesa e aver denunciato il falso mito che la tradizione attira soltanto i vecchi, mentre i giovani sono attratti dalle novità, ha scritto che «assistiamo ad una gradita sorpresa: dove ha regnato incontrastata la sindrome post-conciliare, folle di giovani stanno riscoprendo con gioia la tradizione di un tempo e l’abbracciano come realtà autentica di una chiesa che fiorisce»
Il mito della obsolescenza della tradizione, ha scritto monsignor Aguer, ha regnato incontrastato nel post concilio e i modernisti ci hanno costruito su un fantomatico “spirito del concilio”, come se le loro illusioni fossero ispirate dallo Spirito Santo. Ma sono stati smentiti dai fatti, ovvero dai seminari e le chiese vuote; il che ha minato tutta la loro costruzione ideologica.
Del resto il progressismo, anche cattolico, si fonda sul mito della rivoluzione perpetua: l’aggiornamento e l’adeguamento continuo ad un mondo che diventa sempre più moderno; ma questa corsa verso il nuovo ha mostrato senza ombra di dubbio tutto il suo fallimento, come mostra inequivocabilmente il crollo della pratica religiosa e della devozione, anche in quei pochi che ancora entrano in chiesa.
Ma ecco che pure in questo deserto opera la grazia di Dio che, come scrive ancora monsignor Héctor Rubén Aguer, suscita il ritorno della tradizione, «non come una nostalgia del passato ma come realtà autentica di una Chiesa che rifiorisce». Realtà ancora piccole ma che stanno crescendo e puntano con dinamismo un una direzione sempre più grande. Per monsignor Aguer è iniziato un nuovo ciclo cristiano, specialmente negli Stati Uniti, mentre situazioni analoghe si verificano in Argentina, Spagna e paesi iberici dove i gruppi tradizionalisti traboccano di giovani ferventi seriamente impegnati a celebrare la gloria di Dio e cercare la propria santità. Anche nella islamizzata e laicista Francia i modernisti si sono rassegnati a non contrastare il numero crescente di sacerdoti che vogliono celebrale con il messale antico.
In conclusione tutto lascia intendere che la tradizione sia vissuta oggi come una reazione ai soprusi della cultura anticristiana, ultimamente messi in piazza nel corso delle Olimpiadi di Parigi, e una speranza nel futuro della Chiesa, mentre quel modernismo progressista che ha preso piede all’indomani del Concilio rappresenta ormai una retroguardia reazionaria che tenta con l’arroganza del potere nel frattempo conquistato nella curia vaticana, nelle diocesi e nelle facoltà teologiche di procrastinare la sua inevitabile e prossima scomparsa.