In Israele proteste per gli ostaggi ma non per la fine della guerra
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SI SCIOPERA PER SPINGERE NETANIAHU A TRATTARE MA C’E’ CHI VORREBBE ESPELLERE I PALESTINASI ANCHE DALLA CISGIORDANIA
In Israele ancora si spera di salvare altri ostaggi dei 250 catturati nei raid 7 ottobre 2023 di Hamas ma sale il malcontento dei confronti del primo ministro Benjamin Netanyahu, come ha esplicitamente dichiarato all’agenzia missionaria Asia News Jeremy Milgrom, rabbino israeliano membro della organizzazione non governativa Rabbis for Human Rights.
Secondo il religioso ebreo il governo di Tel Aviv dovrebbe insistere per la liberazione dei rapiti e dare la speranza, ma il primo ministro sembra essere più interessato agli accordi di coalizione, al sostegno dei partiti di estrema destra che finirebbero per abbandonarlo se fa concessioni. «Combattere Hamas fino alla fine» ha aggiunto il rabbino «anche sulla pelle degli ostaggi stessi per l’estrema destra è parte della propria ideologia, ma per Netanyahu è sopravvivenza politica».
Da qui le proteste di piazza nella capitale israeliana e in altre città dopo la notizia della morte di altri sei ostaggi, che secondo fonti palestinesi sarebbero stati uccisi all’interno dei tunnel di Gaza dagli stessi soldati di Israele. Per sensibilizzare l’esecutivo diverse strade e vie di collegamento in tutto il Paese sono state bloccate dallo sciopero generale indetto da diverse associazioni e parte della popolazione con la richiesta di giungere ad un accordo con i paramilitari del movimento estremista che controlla la Striscia.
A indire la protesta di massa, fra le più imponenti dell’ultimo anno, il potente gruppo sindacale Histadrut, fra quelli con maggiore seguito nel Paese, mentre il governo sta studiando azioni legali contro i cittadini in piazza accusati di interruzione di pubblico servizio.
«Sembra chiaro» ha sottolineato Jeremy Milgrom «che la decisione del governo di non negoziare, ma di continuare a usare l’esercito per cercare di sconfiggere Hamas è costata la vita di molti israeliani. La domanda è se possiamo credere all’esecutivo e gli ostaggi siano stati davvero uccisi da Hamas, o dai soldati che si stavano avvicinando nel tentativo di liberarli, vittime del fuoco amico. Già in passato» ha osservato il rabbino «è capitato che militari abbiano ucciso, seppur non intenzionalmente, degli ostaggi per un uso eccessivo della forza».
L’intransigenza del Governo Netanyahu e dei partiti che lo sostengono sarebbe motivata dal timore che la nascita di uno stato palestinese finirebbe per rendere meno liberi e meno sicuri gli israeliani. Da qui una escalation del conflitto che ormai non riguarda più solo Gaza, ma interessa la Cisgiordania, che una parte dell’esecutivo, come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, ritiene parte integrante di Israele, da cui i palestinesi devono essere cacciati per fare spazio ai coloni.
Purtroppo la posizione del rabbino e della organizzazione non governativa Rabbis for Human Rights sembra essere ancora minoritaria in Israele, dove la maggior parte della popolazione chiede sì la liberazione degli ostaggi, ma sostiene anche la prosecuzione della guerra senza opporsi alla sottomissione dei palestinesi di Gaza e del West Bank.