Le bugie della sinistra sui tagli alla sanità
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RAFFAELE CERBINI, RESPONSABILE REGIONALE DEL DIPARTIMENTO SANITÀ DI FRATELLI D’ITALIA PER L’UMBRIA E CON FORMAZIONE MANAGERIALE IN SANITÀ PUBBLICA, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE SANITARIA
Dopo la tornata elettorale dell’8 e 9 giugno scorso si tornerà a votare prima della fine dell’anno in Liguria, Emilia Romagna e Umbria, mentre nel 2025 toccherà rinnovare i rispettivi Consigli regionali a Campania, Veneto, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. Come si sa la sanità è uno dei temi “caldi” in qualsiasi campagna elettorale, politica o amministrativa, e materia preferita dalla sinistra per confondere gli elettori con cifre sparate a casaccio e allarmi su presunti tagli alla sanità pubblica; ovviamente tacendo sul fatto che sono stati proprio i governi di sinistra, anche regionali, che hanno gestito una delle più intense stagioni di tagli alla sanità. Per non parlare della disastrosa gestione della pandemia da parte di uno dei peggiori, se non il peggiore in assoluto, ministri della salute: Roberto Speranza.
Informazione cattolica vuole far luce su alcune questioni interpellando il dottor Raffaele Cerbini, nominato responsabile regionale del dipartimento sanità di Fratelli d’Italia per l’Umbria, con oltre vent’anni di esperienza nel campo della ricerca clinica di farmaci innovativi e con formazione manageriale in sanità pubblica, organizzazione e gestione sanitaria.
Dottor Cerbini, l’accusa più ricorrente che la sinistra rivolge al centrodestra è di voler distruggere la sanità pubblica. Cosa risponde?
«La sinistra ama frasi shock come: “salviamo la sanità pubblica”; “le destre favoriscono i privati” oppure “la gente muore per colpa del Governo e della Regione” ma si guardano bene dal fornire dati reali. In Umbria, per fare un esempio, la sinistra è anche capace di smentire sé stessa perché attraverso la valutazione del nuovo sistema di garanzia, i cui indicatori sono stati introdotti e rifiniti proprio dai governi di sinistra a partire dal 2010, risulta che la valutazione ufficiale dell’Umbria – pubblicata dal Ministero della Salute – è molto positiva, situandosi tra le migliori regioni italiane. Altro cavallo di battaglia sono le liste di attesa. Ma si dà il caso che sia stato quello di Gorgia Meloni il primo governo in assoluto ad impegnarsi per aiutare le Regioni ad affrontare il problema».
Un rimprovero che viene fatto è quello di non avere stanziato fondi per le liste d’attesa.
«In realtà la legge di conversione è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale il 31 Luglio 2024 e, come recentemente anticipato in un’intervista dal Senatore Zaffini, presidente della Commissione sanità del Senato, per le liste di attesa c’è quasi un miliardo di euro. 300 milioni sono infatti destinati a retribuire le prestazioni fuori orario dei medici, dal momento che ci sono vuoti di organico altro non si può fare che retribuire la buona volontà di quelli in servizio. I restanti 680 milioni provengono dal PNRR Salute, che vengono allocati proprio per l’assorbimento delle liste d’attesa, con un vantaggio immediato per tutte le Regioni. Ma tornando al problema delle liste di attesa è stata istituita una piattaforma nazionale – fino ad oggi inesistente – per capire con esattezza dove intervenire. Si tratta di uno strumento di governo delle liste di attesa coerente con gli obiettivi del PNRR; il medico che prescrive un esame dovrà indicare il tempo massimo di attesa e le regioni non potranno più chiudere le liste. Le Regioni potranno fare ricorso anche alle prestazioni intramoenia nelle strutture pubbliche oppure alle strutture private accreditate ed è compito dei CUP sapere tutte le prestazioni offerte dal sistema pubblico e dal privato convenzionato. Ci sarà anche un sistema per garantire al cittadino tempi certi per le prestazioni. Infine, saranno premiati i dirigenti delle aziende sanitarie che rispetteranno gli obiettivi di riduzione delle liste d’attesa e penalizzati coloro che non lo faranno».
Dopo il taglio di 37 miliardi alla sanità tra il 2010 e il 2019, dopo la pandemia e la carenza di medici e infermieri il Servizio sanitario, diciamo la verità, comunque non se la passa bene. Secondo lei cosa ci possiamo aspettare?
«In una strategia di medio e lungo termine sarebbe necessario cercare di colmare il vuoto nei servizi sanitari che si è progressivamente creato per l’inerzia politica. Per ovviare alla scarsità di risorse il governo ha già programmato lo sblocco del tetto di spesa al personale sanitario, prevedendo sia il rinnovo dei contratti di lavoro, sia il potenziamento dell’assistenza territoriale con nuove assunzioni. L’investimento previsto è di 250 milioni di euro per il 2025 e 350 milioni di euro a partire dal 2026. L’altro fronte è quello di una riorganizzazione virtuosa dei processi di cura a domicilio, in particolare per le patologie croniche, avvalendosi della telemedicina per raggiungere e monitorare i pazienti. Il governo ha recentemente aggiornato il piano nazionale delle cronicità per migliorare l’accesso alle cure mediche e realizzare una transizione della gestione della cronicità verso un modello di rete che valorizzi sia il ruolo specialistico, sia tutti gli attori della assistenza primaria».
A sinistra però si continua a rinfacciare alla destra il taglio dei fondi.
«In effetti questa è la più grossa bugia raccontata. In realtà quest’anno il fondo sanitario nazionale ha raggiunto il suo massimo con 134 miliardi di euro e per i prossimi tre anni sono stati previsti ulteriori 12 miliardi, con il DEF che indica la spesa al 2027 a 147 miliardi. Ci sono stati ben 20 miliardi di euro in più rispetto al periodo pre-pandemico. Non va dimenticato che l’attuale opposizione nel dicembre 2021 votò una legge di bilancio che programmava 128,06 miliardi di spesa sanitaria per il 2024 e nell’aprile 2022 il governo Draghi ha corretto parzialmente portando la somma a 128,87 miliardi per il 2024 e 129,52 per il 2025. In questo caso nessuno protestò. Il governo Meloni ha invece stanziato 134,02 miliardi per il 2024 e 135,39 per il 2025. Un aumento, dunque, di 5,15 miliardi per l’anno corrente e di 5,87 miliardi per l’anno prossimo: in totale oltre 11 miliardi in più di quanto fatto da Draghi. Si poteva fare di più? Sarebbe stato certamente desiderabile, ma la zavorra del superbonus continua a pesare per oltre 20 miliardi all’anno. Detto questo, proprio recentemente il Ministro Schillaci ha annunciato di voler portare il rapporto tra spesa sanitaria e PIL al 7%: personalmente credo che si tratti della strada giusta da perseguire»
Ma c’è l’inflazione…
«Nei quindici anni precedenti la pandemia l’inflazione è rimasta stabile e bassa. Quando nel 2022 il governo di sinistra programmò la legge di bilancio l’inflazione era all’8,7%, diretta conseguenza del periodo pandemico e della guerra tra Russia ed Ucraina, poi scesa al 5,8%, l’anno successivo. Qualche giorno fa Eurostat ha certificato che attualmente l’inflazione è all’1,6%, mentre ISTAT prevede che si attesterà attorno all’1,2%. Siccome la matematica non è una opinione le cifre aggiuntive stanziate dal Governo Meloni, ovvero gli 11 miliardi sopra citati, pesano molto di più di quelle del signor Draghi e compagni».