Perché gli USA devono rifiutare l’isolazionismo e i suoi pericoli

Perché gli USA devono rifiutare l’isolazionismo e i suoi pericoli

A cura di Tradizione Famiglia e proprietà

ALCUNE CONSIDERAZIONI ALLA LUCE DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Mentre l’attuale ordine liberale si sta sgretolando, molti propongono alternative che richiedono grandi cambiamenti alle strutture difettose e globalizzate che ora danno forma al mondo. Alcuni settori dell’opinione pubblica si rivolgono a movimenti nazionalisti e populisti che guardano all’interno e chiedono di abbandonare gli impegni mondiali e di concentrarsi esclusivamente sui problemi locali. Nell’attuale pericoloso scenario mondiale, tali soluzioni non riescono a considerare il quadro più ampio.

Di fronte a questi sviluppi, la Società Americana per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP) presenta le seguenti riflessioni sull’isolazionismo e sui suoi pericoli. Ci limitiamo all’isolazionismo e non discutiamo qui altri temi importanti. Come laici cattolici, attingiamo al ricco tesoro degli insegnamenti sociali della Chiesa per contribuire a questo urgente dibattito.

Introduzione

C’è chi sostiene che l’America debba ritirarsi dal suo ruolo di guida mondiale. Il tempo della proiezione di potenza, se mai c’è stato, è finito. Sta entrando in scena una nuova ondata populista e nazionalista, che richiede all’America di consegnare il mondo a un sistema di Stati nazionali indipendenti e non interventisti.

In effetti, affermano, il mondo non ha più bisogno di nazioni forti che proteggano quelle più deboli, che esercitino una buona influenza e che contribuiscano a difendere il commercio internazionale, la fede e la cultura cristiana o lo Stato di diritto. Ogni Paese dovrebbe invece perseguire unicamente il proprio interesse. Una politica di sovranità nazionalista sostituirà il globalismo sfrenato. I problemi del mondo iniziano quando le nazioni forti sorgono e cedono a tentazioni imperiali.

Questa prospettiva nazionalista afferma inoltre che la guerra fredda è finita da tempo e la sua politica di potere non è più applicabile. Al suo posto c’è un mondo postmoderno multipolare in cui le nazioni interagiscono e tracciano i loro percorsi indipendenti. L’America può continuare a essere una nazione influente e prospera. Tuttavia, il fattore determinante delle relazioni internazionali dovrebbe basarsi sul modo in cui le politiche andranno a beneficio diretto dei cittadini dei Paesi coinvolti.

Se alcune nazioni hanno bisogno di protezione o di aiuti, dovrebbero pagare questi servizi. Se altri preferiscono non interagire, dovrebbero essere lasciati sprofondare in un confortevole isolazionismo, un invito esteso anche all’America.

La storia smentisce l’isolazionismo

La storia cospira contro questa visione. Ovunque si formino società umane, sorgono sempre relazioni e difficoltà tra comunità vicine. L’armonizzazione di queste relazioni richiede fiducia, cooperazione e sforzi reciproci, che possono domandare il sacrificio di alcuni interessi propri in nome di un bene più grande.

Inoltre, eventi drammatici come l’attacco a Pearl Harbor del 1941 possono spazzare via rapidamente l’opzione isolazionista. Il mondo reale è pieno di avversari motivati da ambizione, avidità o cattiveria ideologica che sono intenzionati a rompere la pace se questo aiuta a far progredire i loro programmi. Pertanto, quando sono minacciate da attacchi ingiusti, le nazioni più deboli devono cercare forti alleanze difensive. I Paesi più forti agiscono al di là dei loro interessi immediati, venendo in loro aiuto.

Entrambe le situazioni richiedono gli sforzi congiunti di una comunità di nazioni in grado di affrontare le minacce e di agire insieme per salvaguardare la pace internazionale. Questi accordi reciproci e queste alleanze di difesa devono essere basati su principi morali che obbediscono a una legge superiore e trascendono il proprio interesse, per evitare che si trasformino in brutali schemi di potere dannosi per il benessere generale delle nazioni.

Pertanto, le soluzioni reali devono essere radicate in una corretta comprensione della natura umana e della sua dimensione sociale e di come questa natura condivisa leghi i popoli tra loro. Esse richiedono anche una corretta nozione dei principi di giustizia e carità che modellano il funzionamento di una comunità di nazioni e di come uno o più Paesi possano intervenire in altri. 

Il Magistero tradizionale della Chiesa cattolica, così come l’insegnamento dei teologi e dei filosofi cattolici, fornisce potenti intuizioni sull’ordine sociale e sulla legge naturale e su come vedere e valutare correttamente questi problemi. Esse offrono una guida molto necessaria e reale su come navigare in questi tempi incerti.

L’isolazionismo da due punti di vista

Una discussione sull’isolazionismo e sui suoi pericoli deve risolvere la tensione artificiale tra idealismo e realismo negli affari esteri. Si tratta di due prospettive. La prima prospettiva è una discussione teorica di un sano idealismo, in grado di definire i principi che dovrebbero governare il corretto rapporto tra le nazioni. Dovrebbe spiegare il ruolo ideale delle potenze dominanti e l’obbligo morale universale delle nazioni di aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà.

La seconda prospettiva discuterebbe il realismo delle politiche estere di fronte all’ideale. Spiegherebbe quando e come le nazioni dovrebbero intervenire prudentemente negli affari mondiali come mezzo per mantenere la pace. Questa prospettiva pratica, che è particolarmente pertinente per l’America, deve definire ulteriormente le condizioni per l’esercizio di politiche di principio nei confronti di altre nazioni e deve evitare la tentazione dell’opportunismo politico.

Così, una prospettiva cattolica trova un saggio equilibrio tra i giusti ideali e le prudenti esigenze del realismo in politica estera, suggerendo una strada da percorrere. Queste questioni devono essere affrontate con una certa urgenza, visto lo stato caotico del mondo.

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A-Ideali di politica estera e la tentazione isolazionista

  1. L’isolazionismo degli individui

Per capire meglio come l’isolazionismo influisca sulle nazioni, si può prima analizzare il suo effetto sugli individui.

Gli individui possono affrontare la tentazione dell’isolazionismo. Consiste nel rinunciare all’istinto sociale per risolvere i propri problemi, facendo affidamento solo su sé stessi. Essere sociali richiede la dipendenza dagli altri. Implica anche umiltà, complicazioni e sforzi che le anime egoiste preferiscono non impiegare.

Il pesante fardello della natura umana decaduta spinge le persone all’avidità e all’autoindulgenza, spesso perseguite ignorando i legittimi interessi degli altri. L’isolazionista rifiuta le interazioni sociali a favore di freddi contratti.

Tuttavia, questo isolamento non è una scelta priva di conseguenze. Danneggia sia gli individui che la società. In effetti, l’insegnamento della Chiesa è che gli individui non possono generalmente perfezionarsi da soli. Gli individui sono esseri sociali contingenti e dipendono dalla società – soprattutto dalla famiglia, dalla comunità locale, dalle associazioni intermedie, dallo Stato e dalla Chiesa – per superare le proprie carenze. Le persone hanno bisogno gli uni degli altri per dare e ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno per raggiungere la perfezione della loro natura essenzialmente sociale. 

Il bisogno di comunità è così importante che il filosofo sociale e politico cattolico Heinrich A. Rommen scrive con enfasi: “Qualsiasi tipo di isolamento dalla pienezza della vita comunitaria significa in ultima analisi per l’individuo una perdita personale, un’automutilazione, un’atrofia, un difetto di autorealizzazione”. 

Pertanto, qualsiasi spostamento verso l’isolamento è contrario al progresso e al perfezionamento dell’individuo. Inoltre, danneggia la società. L’isolamento di un individuo priva gli altri delle sue qualità. Ha un impatto sul bene comune, poiché la società ha bisogno e beneficia del contributo di tutti.

  1. Le nazioni dipendono anche da altri

L’avversione dell’individuo isolato per la dipendenza e l’interazione sociale può essere trasposta nella politica isolazionista di alcune nazioni. Chiuse in sé stesse, queste nazioni soffrono di una soffocante autarchia e non possono sviluppare appieno il loro potenziale.

Così come gli individui trovano la pienezza stando in comunità con gli altri, anche le nazioni hanno bisogno di altre nazioni. Da questo bisogno si forma naturalmente una comunità di nazioni

Questo è particolarmente vero per le nazioni cristiane che trovano l’una nell’altra una vera fratellanza in Cristo, motivata dalla carità e dalla grazia. Questo legame è stato vissuto per secoli nella nozione di cristianità. 

  1. Il diritto al commercio tra le nazioni

Un esempio della necessità di una comunità di nazioni è il commercio internazionale. La dottrina del diritto naturale difende la necessità del commercio perché l’insufficienza delle risorse delle nazioni le costringe a cercare l’aiuto degli altri attraverso lo scambio di beni e servizi. 

Dio ha dato la terra all’umanità nel suo insieme e quindi tutti godono di alcuni diritti sulla terra in virtù della loro comune natura umana. Tuttavia, questi beni sono distribuiti in modo diseguale tra le nazioni. Alcuni Paesi avranno sempre beni e risorse di cui altri hanno bisogno, da cui deriva il diritto al commercio internazionale.

Pertanto, tutte le nazioni hanno diritto a un certo grado di accesso alle ricchezze della terra, che il commercio internazionale facilita. Un rigido isolazionismo nega questo diritto universale e impedisce agli altri di esercitarlo, a scapito di tutte le nazioni coinvolte.

Il diritto al commercio facilita i legami che vanno oltre la semplice fornitura di beni materiali. Anche le interazioni spirituali e culturali svolgono un ruolo nello sviluppo delle nazioni. Questi legami aiutano i popoli ad ampliare i loro orizzonti, le loro culture, i loro talenti artistici, le loro conoscenze scientifiche e le loro tecnologie. Il ruolo delle nazioni leader è particolarmente efficace in questo senso. Soprattutto, questo interscambio può creare le condizioni per far conoscere e accettare il Vangelo in tutto il mondo.

Un altro aspetto di questo diritto al commercio è che porta naturalmente alla creazione di regole e meccanismi stabili per facilitare il commercio e la forza militare necessaria per proteggerlo.

 

  1. Le condizioni per lo sviluppo del commercio internazionale

Il commercio tra le nazioni deve essere ampio e comune. Tuttavia, deve anche avere limiti ragionevoli. Tale commercio deve rispettare le regole, la proprietà privata e la sovranità nazionale. Il commercio internazionale non deve dominare o distruggere la cultura e l’economia locali. Non deve ostacolare la produzione nazionale di beni strategicamente importanti. Così come le nazioni devono rispettare i diritti delle altre nazioni, hanno anche il diritto di difendersi dalle pratiche commerciali sleali.

Se le condizioni sono rispettate, il commercio internazionale è vantaggioso per tutti. Il commercio internazionale è un’attività di grande importanza, che dà origine a istituzioni internazionali di “guardia” che possono aiutare la comunità delle nazioni a commerciare in modo equo e con rispetto reciproco. Prepara le basi per la definizione di standard comuni per la consegna della posta, per la protezione del copyright, per la liquidazione dei sinistri, per i contratti e per numerosi altri strumenti che aiutano le relazioni internazionali e il commercio a prosperare.

D’altra parte, un rigido isolazionismo mette a rischio il normale sviluppo dei singoli Paesi e danneggia il bene comune della comunità delle nazioni. Taglia fuori le nazioni dagli aiuti stranieri in tempi di crisi e priva i cittadini dei beni e dei servizi di cui hanno bisogno per il loro legittimo sviluppo.

  1. Andare oltre il commercio – Interventi esteri

Molti isolazionisti accettano la necessità del commercio internazionale e delle relative regole e istituzioni concordate dalla comunità delle nazioni. Il commercio, sostengono, serve all’interesse proprio della nazione; pertanto, tali legami non sono in conflitto con il pensiero nazionalista o populista che mette al primo posto l’interesse proprio della nazione.

Tuttavia, questi isolazionisti hanno problemi con coloro che antepongono gli ideali agli interessi. Non capiscono gli interventi internazionali che vanno oltre il semplice commercio, soprattutto quelli che comportano conflitti, sacrifici e spese. Per loro, il non interventismo rappresenta il miglior interesse della nazione e dei suoi cittadini.

Pertanto, gli isolazionisti si oppongono a essere coinvolti nel fermare l’ingiusta aggressione di una nazione contro un’altra se non c’è un pericolo immediato per il proprio Paese. Potrebbero opporsi alla formazione di potenze mondiali. Considerano l’egemonia esercitata da questi pesi massimi un abuso di influenza e potere e pensano che il mondo sarebbe un posto migliore senza di essa, in modo che le nazioni possano operare come meglio credono.

L’ideale nazionalista sbagliato che favorisce l’isolazionismo e il non interventismo vede le relazioni internazionali solo come un esercizio della volontà sovrana di una nazione, non come l’applicazione di principi morali universali. Per i nazionalisti, il diritto internazionale è una mera concessione che la nazione sovrana concede sulla base di politiche pragmatiche determinate dalle esigenze nazionali.

Come è ben noto, lo statista inglese Lord Palmerston (1784-1865) disse: “Non abbiamo alleati eterni, né nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui, ed è nostro dovere seguirli”

Nella mente degli isolazionisti non esiste una vera comunità di nazioni, ma solo gli interessi di un ordine commerciale garantito da strategie politiche e contratti. I legami internazionali sono modellati da una visione mercantile che insegue il vantaggio e il profitto.

  1. La vera natura di una comunità di nazioni

Sebbene il proprio interesse sia importante, non può essere l’unico fattore che determina l’interazione tra le nazioni. La vera natura di una comunità di nazioni trascende l’economia e gli “interessi eterni” di Lord Palmerston

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La vibrante natura sociale dell’uomo si manifesta in modo diverso a ogni livello della comunità. La famiglia è la più intima delle relazioni, in cui gli individui si identificano come membri legati da vincoli di sangue e governati dall’amore familiare.

Al di là della famiglia, l’uomo trova la sua realizzazione nella società politica, di cui la nazione è l’espressione perfetta. Egli si identifica come cittadino ed è governato dalle leggi della nazione.

La comunità di nazioni è la conseguenza più remota della natura sociale dell’uomo e costituisce il cerchio più ampio e meno intimo dei suoi legami. Comprende le comunità più piccole della famiglia e della nazione e si estende, infine, all’umanità in generale. Come la famiglia e la nazione, anch’essa è soggetta alla legge naturale, che obbliga l’uomo a fare il bene e a evitare il male, quando si relaziona con gli altri, sia a livello individuale che internazionale.

  1. Difendere i diritti al di là della famiglia e della nazione

Così, l’uomo in quanto uomo si identifica con tutta l’umanità. Poiché tutti gli uomini hanno la stessa natura razionale e libera, hanno determinati diritti e doveri che hanno implicazioni individuali e sociali.

Tra i diritti di ogni uomo ci sono il diritto alla vita, all’onore, alla costituzione di una famiglia e alla proprietà privata. La solidarietà e la pratica della giustizia sono tra i doveri che obbligano tutti.

Il più alto riconoscimento temporale di questi diritti e doveri universali si trova in una comunità libera di nazioni. La Chiesa cattolica universale è la controparte spirituale di questa comunità.

Poiché questi diritti e obblighi fondamentali si applicano a tutta l’umanità, essi trascendono i confini nazionali. Tutti gli Stati sono tenuti a riconoscerli. La comune condizione di essere umano dà origine a una famiglia di nazioni legate da vincoli di solidarietà per ricercare la giustizia, la pace, la sicurezza e il benessere generale di tutte le nazioni.

  1. Il caso dell’intervento

Questa vera solidarietà che unisce l’umanità invita le nazioni a intervenire individualmente o collettivamente nei momenti di bisogno. L’azione può comportare aiuti materiali, diplomatici o militari.

Le occasioni di intervento includono disastri naturali, pirateria, schiavitù, genocidio, persecuzione religiosa o oppressione ideologica. Laddove il principio fondamentale della legge naturale, “fare il bene ed evitare il male”, viene violato in modo eclatante, le nazioni devono parlare e, se possibile, agire.

Una catastrofe naturale, ad esempio, è un caso di necessità che invita la comunità delle nazioni a mettere da parte le differenze e ad aiutare il più possibile la nazione colpita. L’umanità della popolazione devastata invita gli altri a fare sacrifici per aiutarla, non per un guadagno monetario ma perché è la cosa giusta da fare.

Allo stesso modo, le nazioni devono aiutare a difendere altre nazioni dall’ingiusta aggressione altrui. A tal fine, possono stipulare trattati di difesa a lungo termine per aiutare a dissuadere gli avversari dal violare i diritti dei Paesi membri. Possono anche fornire alla nazione vittima sostegno morale, aiuti umanitari diretti, rafforzamento diplomatico e persino intervenire economicamente e militarmente a suo favore.

A seconda dei mezzi e delle circostanze, le nazioni sono moralmente obbligate a sostenere le giuste cause di altre nazioni, anche quando questa assistenza non ha alcun beneficio finanziario diretto per loro.

Perciò è giusto che ci siano grandi potenze dominanti che possano estendere la loro protezione e i loro aiuti alle nazioni più deboli. Quando si verifica un disastro naturale, le nazioni potenti non sono sopraffatte dalla sfida dei soccorsi e possono rispondere con generosità. Nel caso di un attacco ingiusto, possono opporsi alle potenti nazioni aggressori con mezzi proporzionati, per evitare che nessuno si opponga a tali azioni.

  1. Una garanzia per la pace internazionale

Questi interventi contro le nazioni aggressori vanno a beneficio di tutti, contribuendo alla pace generale.

Papa Pio XII affermava: “A questa difesa è tenuta anche la solidarietà delle nazioni, che ha il dovere di non lasciare abbandonato il popolo aggredito. La sicurezza, che tale dovere non rimarrà inadempiuto, servirà a scoraggiare l’aggressore e quindi ad evitare la guerra, o almeno, nella peggiore ipotesi, ad abbreviarne le sofferenze”.

Così, una comunità di nazioni legate dalla solidarietà reciproca assicura la conservazione dell’insieme. La libertà e l’indipendenza di ogni Stato membro minacciato da un’aggressione ingiusta diventano la preoccupazione di tutti. Il filosofo cattolico Luigi Taparelli d’Azeglio, S.J. (1793-1862) afferma: “La difesa della nazione oppressa non è solo un dovere di benevolenza per i popoli vicini. È anche una questione di salvezza pubblica e di interesse nazionale per loro”.

Più grandi sono le risorse di una nazione, meno essa può sottrarsi al suo dovere morale di sostenere la giustizia e la pace tra la comunità delle nazioni, specialmente di fronte a forti avversari.

Chi desidera la pace deve intervenire, mettendo in campo le opzioni che ritiene necessarie, compresi i mezzi diplomatici ed economici. In caso contrario, la nazione prepotente viene invitata ad attaccare impunemente quelle più deboli. “Quando i cattivi si accordano, i buoni devono associarsi”, scriveva Edmund Burke, “altrimenti cadranno uno dopo l’altro, un sacrificio senza merito in una lotta spregevole”.

  1. Rifiutare una politica estera non interventista

Pertanto, una politica estera di non intervento deve essere respinta. Rappresenta una mancanza di carattere morale il non denunciare e stroncare l’ingiustizia. Essa erode e distrugge i legami di solidarietà che dispongono le nazioni a sacrificarsi per il bene comune della comunità dei popoli. Favorisce solo gli interessi propri.

Presentando la prospettiva cattolica, Papa Pio IX (1846-1878) condannò la politica di non intervento: “Non possiamo astenerci dal deplorare, oltre agli altri, quel funesto e pernicioso principio, che chiamano di Non intervento, proclamato da certi Governi poco tempo fa, tollerato da altri, ed usato anche quando si tratti dell’ingiusta aggressione di qualche Governo contro un altro: con che, pare si voglia approvare l’impunità e la licenza di assalire e di manomettere i diritti altrui, le proprietà e i domini stessi contro le leggi divine e umane: proprio ciò che vediamo accadere in questi luttuosi tempi.” 

Heinrich Rommen osserva che: “L’adesione rigorosa al principio del non intervento mette al primo posto nella vita internazionale il principio “la forza fa la ragione”, perché dà un premio materiale alla violazione dell’ordine internazionale “.

In effetti, il non interventismo limita pericolosamente le opzioni dell’arte di governare, poiché priva la diplomazia della forza dell’azione militare che, a volte, deve essere utilizzata per negoziare e garantire la pace internazionale.

  1. La Comunità delle Nazioni non è una costruzione artificiale

Gli isolazionisti spesso si oppongono alla nozione di comunità di nazioni perché ritengono che minacci la sovranità nazionale. Tuttavia, dimenticano che la natura sociale dell’uomo richiede questa comunità di nazioni. Essa è conforme e regolata dalla legge naturale. Non è una creazione artificiale di trattati come le Nazioni Unite o altri organismi simili che tendono a rivendicare poteri di governo mondiale.

La comunità di nazioni è un quadro naturale di coordinamento, non di subordinazione. Non assorbe le libertà e indipendenza dei Paesi membri, ma le rafforza. È uno sviluppo organico che non si basa su un sistema amministrativo, ma sull’accettazione cooperativa da parte degli Stati membri degli obblighi internazionali derivanti dal diritto naturale. Nasce dalla benevolenza, grazie alla quale le nazioni che condividono la stessa mentalità desiderano naturalmente l’esistenza politica e il bene di tutte le società amiche.

Questa comunità di nazioni può manifestarsi in modi legali, diplomatici e commerciali; può essere scritta o non scritta, formale o informale. Le sue fondamenta poggiano sulla natura umana. È definita e governata dalla legge naturale e perfezionata dai principi morali cristiani.

  1. Le norme cristiane arricchiscono la solidarietà delle nazioni

La solidarietà delle nazioni è particolarmente arricchita quando è informata dalle norme cristiane. Nella sua lettera apostolica del 1902, Annum ingressi sumus, Papa Leone XIII lamentava che la moderna teoria del diritto internazionale escludeva le norme cristiane, che avevano il meraviglioso potere di unire le nazioni per formare una sola famiglia, come si vede nella cristianità. 

Questa capacità di unire le nazioni deriva dalla nozione cristiana di natura umana che ha ribaltato i concetti distorti e oscuri di umanità presenti nel paganesimo, pieni di superstizione e schiavitù.

Il cristianesimo ha cambiato radicalmente le cose insegnando che tutti gli uomini, in tutte le nazioni, sono fatti a immagine e somiglianza di Dio e sono stati redenti da Cristo sulla croce. Pertanto, tutti devono essere trattati con rispetto e dignità. Cristo ha inoltre invitato tutti a estendere la carità disinteressata verso il prossimo. 

Il trionfo di questa visione cristiana, così estranea al mondo pagano, dura ancora oggi nonostante tutto. Sopravvive soprattutto in quello che viene vagamente definito l’Occidente. I suoi sistemi giuridici contengono ancora la forte influenza delle norme cristiane, nonostante tutti i tentativi moderni di cancellarle.

Tutte le nazioni che ancora rispettano lo Stato di diritto riflettono questa influenza duratura delle politiche occidentali, basate sulla visione cristiana della dignità di un’umanità redenta e dei diritti derivanti dalla natura umana. Questa visione è il collante che unisce le nazioni in modo solidale. È anche il bersaglio delle nazioni che aggrediscono con un odio speciale l’Occidente e le norme cattoliche che lo hanno informato.

Nella misura in cui le nazioni abbandonano i resti di queste norme cristiane, la scena internazionale è dominata dalla politica di potere di un brutale ordine hobbesiano in cui gli interessi propri mettono nazione contro nazione e la società diventa “una guerra di ogni uomo contro ogni uomo”.

  1. Conclusione: L’isolazionismo vanifica la natura sociale dell’uomo

Per riassumere questa prima sezione, il pericolo dell’isolazionismo è che vanifica il bisogno premente dell’uomo di perfezionare la sua natura essenzialmente sociale e di seguire la legge naturale scritta sul cuore umano di “fare il bene ed evitare il male” (cfr. Rm 2,15).

Questo pericolo è contenuto nel grido degli individualisti che fanno dei loro desideri la misura di tutte le cose. Gli isolazionisti prendono decisioni simili non riconoscendo la solidarietà delle nazioni e limitando tutte le preoccupazioni agli “interessi eterni e perpetui” di Lord Palmerston.

Pertanto, tutte le nazioni, specialmente quelle che osservano lo Stato di diritto, hanno l’obbligo morale di solidarietà di guardare oltre gli interessi propri e di aiutare le nazioni in difficoltà. Tali nazioni hanno anche il diritto di aspettarsi un aiuto esterno nel momento del loro pericolo.

Questo obbligo comprende il diritto e il dovere di intervenire, a seconda dei mezzi e delle circostanze di ciascuna nazione. Le potenze mondiali possono essere particolarmente utili nel fornire un sostegno sufficiente per evitare gli scenari “might-makes-right” (ndt, il potere fa la ragione) della storia. La solidarietà delle nazioni è perfezionata dalle norme cristiane che elevano il dibattito per considerare la dignità intrinseca di un’umanità redenta e i diritti derivanti dalla natura umana.

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B-Realismo della politica estera e missione storica dell’America

Sulla base di questi ideali cristiani universali che dovrebbero informare la politica estera di una nazione, le considerazioni successive devono riguardare il realismo della loro applicazione alla situazione attuale dell’America e del mondo. Occorre analizzare i mezzi e le condizioni per attuare una politica prudente d’interazione con le altre nazioni.

La saggezza pratica deve sempre prevalere. Soprattutto, i mezzi non devono limitarsi all’azione militare. La diplomazia, le sanzioni economiche e l’influenza sull’opinione pubblica mondiale sono spesso sufficienti per ottenere ottimi risultati.

Deve esserci anche una chiara comprensione delle condizioni che determinano il momento in cui agire e intervenire. Ogni azione deve essere proporzionata all’occasione, poiché non tutte le ingiustizie possono o devono essere affrontate.

Gli sforzi dell’America non devono essere esercitati in modo indiscriminato e incondizionato. Gli errori del passato non devono essere ripetuti.

Soprattutto, questa visione deve riguardare il ruolo dell’America nel mondo di fronte alle pressioni per aderire a politiche isolazioniste e non interventiste.

Le seguenti linee guida offrono alcune indicazioni per il futuro.

  1. La realtà del ruolo dell’America nel mondo contraddice l’isolazionismo

La potenza economica e militare dell’America le conferisce un ruolo di primo piano nel mondo. Le vaste reti commerciali della nazione e la difesa dello Stato di diritto rendono la sua partecipazione all’economia mondiale essenziale per la protezione di tutto il commercio. La maggior parte delle nazioni fa affidamento su questo commercio e trae beneficio dalla sua protezione, e dovrebbe contribuire ad esso.

Una diminuzione significativa della leadership americana rappresenterebbe una grave perturbazione del commercio mondiale.

Le vaste risorse e la determinazione politica dell’America la rendono l’unica nazione ancora in grado di rispondere proporzionalmente alle gravi minacce di coloro che vorrebbero sconvolgere questo ordine internazionale, soprattutto attaccando le nazioni più deboli. La potente posizione dell’America la rende anche essenziale per ancorare e formare coalizioni con altre nazioni disposte a contrastare queste minacce. Qualsiasi arretramento importante da questo ruolo di leadership avrà conseguenze immediate e gravi.

L’America ha un ruolo simile nell’adempiere al suo obbligo di solidarietà con le altre nazioni del mondo. L’America deve usare le vaste risorse che Dio le ha dato per opporsi alle ingiustizie perpetrate dalle nazioni che aggrediscono. È un esempio che ispira gli altri ad aiutare. L’America deve condividere, non assumersi, l’onere di difendere quei diritti e doveri umani universali comuni a tutti. Pertanto, un mancato intervento avrebbe un impatto negativo sulla sicurezza mondiale.

Da un punto di vista realista, l’abbraccio dell’America all’isolazionismo lascerebbe un vuoto incolmabile che andrebbe solo a vantaggio delle nazioni che aggrediscono. Se l’America si assentasse dalla scena mondiale, si aprirebbe la strada a uno scenario “might-makes-right” (ndt, il potere fa la ragione) in cui nazioni canaglia possono agire impunemente.

  1. I Fondatori erano isolazionisti? La storia dice di no

Un argomento addotto a sostegno dell’isolazionismo è quello di citare i Fondatori americani, i quali hanno insistito affinché l’America non venisse coinvolta in coinvolgimenti esteri. Tuttavia, un’attenta lettura della storia della giovane Repubblica americana racconta una storia diversa. Un mondo pieno di pericoli ha fatto capire alle prime amministrazioni americane che non c’è alternativa a una difesa forte, a una diplomazia attiva e alla volontà di intervenire per garantire la pace.

Uno studio del 2013 di Marion Smith ripercorre i primi settant’anni di politica estera americana e dimostra senza ombra di dubbio che i primi leader politici americani hanno trovato un equilibrio tra l’idealismo dei principi americani e il realismo delle situazioni che richiedevano azioni e interventi.

“I principi costituzionali dell’America non richiedono l’isolazionismo”, conclude Smith, “e i Fondatori non hanno praticato una politica estera non interventista”. Marion Smith, “Il mito dell’isolazionismo americano: Commerce, Diplomacy, and Military Affairs in the Early Republic”, Heritage.org, 9 settembre 2013.

  1. Condizioni per una solidarietà realista

Per garantire l’efficacia di qualsiasi estensione degli aiuti ad altre nazioni, l’America dovrebbe rispettare alcune condizioni che riflettono una prospettiva mondiale realista.

(a) Aiutare gli amici, non i nemici

L’America dovrebbe aiutare le nazioni disposte ad aiutarla a promuovere la pace, la sicurezza e il benessere della comunità delle nazioni, specialmente quelle che aiutano a difendere l’Occidente. L’America dovrebbe lavorare duramente a livello diplomatico, culturale ed economico per espandere questa “coalizione dei volenterosi”.

La politica estera americana dovrebbe essere orientata al rafforzamento delle alleanze contro le minacce identificate. L’America dovrebbe collaborare senza problemi con i suoi alleati, condividendo il più possibile risorse e beni.

D’altra parte, l’America non dovrebbe mai aiutare le nazioni che lavorano per minare e distruggere l’America e l’Occidente. È sbagliato trattare amici e nemici sullo stesso piano.

Pertanto, una politica estera che aiuti gli amici, non i nemici, significa sposare una saggia politica estera che è l’opposto di quella seguita per decenni dalle amministrazioni repubblicane e democratiche. Quella politica estera sbagliata ha permesso che trilioni di dollari in affari e profitti si riversassero nella Cina rossa, aiutandola a diventare l’agente destabilizzante e la grande minaccia esistenziale che è oggi per l’America e per il mondo.

L’aiuto agli amici dovrebbe sottolineare in particolare l’importanza strategica di sviluppare legami con le nazioni dell’America Latina. I Paesi di questa parte dell’emisfero occidentale della comunità delle nazioni dovrebbero essere alleati naturali, poiché sono tutti vicini. Sono anche cristiani e condividono naturalmente le nozioni di solidarietà che sono parte integrante di una politica estera ideale.

(b) Evitare le utopie e attenersi a obiettivi ben definiti

Gli isolazionisti sostengono che, in passato, l’America ha promosso ideali sbagliati e obiettivi mal definiti che hanno dato cattivi risultati. Qualsiasi mancanza, vera o falsa che sia, non è mai una scusa valida per abbandonare la solidarietà che il diritto naturale impone alla comunità delle nazioni.

La soluzione consiste nell’implementare ideali corretti e metodi e strategie realistici con obiettivi saggi e ben definiti. L’America deve quindi evitare guerre senza obiettivi chiari. L’obiettivo di ogni lotta contro l’ingiustizia può essere solo la vittoria decisiva.

Bisogna anche evitare la promozione di ideali utopici, come una nozione vagamente definita di “diffusione della democrazia” o “espansione della libertà”, soprattutto se non fondata sulla realtà.

(c) Una politica estera americana non di nicchia

L’America deve liberare la sua politica estera dalle idee liberali dannose e perseguire quelle sane che contribuiranno al bene comune della comunità delle nazioni. I migliori criteri per giudicare la giustizia delle cause devono essere gli ideali che si trovano nella natura umana, definiti dalla legge naturale e perfezionati dai principi cristiani.

Pertanto, l’America sbaglia a perseguire una politica estera che diffonde programmi di sinistra che collegano gli aiuti all’accettazione dell’aborto procurato e delle ideologie LGBTQ o “woke”. Inoltre, ampi settori dell’opinione pubblica americana si oppongono a questa immorale arma degli aiuti esteri.

Le nazioni che ricevono aiuti devono respingere queste minacce sovversive alla morale delle loro popolazioni. Anzi, praticano la solidarietà essendo un esempio per l’America e per gli altri Paesi donatori di aiuti, dimostrandosi popoli di principio che antepongono correttamente i buoni ideali morali agli interessi finanziari.

(d) Un ritorno alle radici di una politica sana

L’ordine liberale è esaurito. Quando si cerca di risolvere i problemi, le persone spesso trovano soluzioni tornando alle proprie radici.

Quindi, più il mondo diventa disperato e caotico, maggiore è la necessità di adottare politiche estere che tornino alle radici di una legge naturale perenne – applicabile a tutti i luoghi, tempi e popoli – e alle norme cristiane. Questo ritorno perfezionerà la solidarietà che l’America deve praticare.

Finché l’America non lo farà, i suoi sforzi saranno sempre insufficienti.

  1. Non ci si può allontanare dai problemi del mondo

È ingenuo pensare che l’America possa semplicemente abbandonare l’egemonia e concentrarsi sul miglioramento della vita in patria senza essere disturbata. Nel corso della storia, nazioni canaglia hanno sempre lavorato contro il bene comune della comunità delle nazioni. Le ideologie malvagie come il comunismo, ad esempio, si manifestano attraverso regimi aggressivi che violano i diritti umani più elementari.

Si dice che “la natura aborre il vuoto”. Qualcosa riempirà sempre i vuoti. Quando le nazioni forti si ritirano dalla leadership, gli imperi del male prendono il loro posto.

Il momento attuale non fa eccezione a questa regola. Molti parlano dell’emergere di un mondo “multipolare” che sta nascendo per sfidare l’Occidente e stabilire uno stato di cose contrario. Il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira ha previsto una “lotta di classe delle nazioni” tra il Sud globale/Terzo mondo e il Nord industrializzato/Primo mondo che avrebbe sostituito i fallimentari modelli marxisti 

Una visione realista deve identificare le aree di preoccupazione e cercare i modi migliori per rispondere a queste minacce.

  1. Minacce che richiedono attenzione

Queste aree di preoccupazione richiedono attenzione, poiché sono ora attivamente coinvolte in azioni che violano la sicurezza, la pace e il benessere della comunità delle nazioni. Esse richiedono l’idealismo della solidarietà e il realismo delle misure concrete.

(a) Cina imperiale e comunista

La Cina comunista è soprattutto una minaccia per la pace e la sicurezza mondiale. Segue ancora, senza vergogna, la sua tossica ideologia marxista, così dannosa per l’umanità. Con il massiccio trasferimento di ricchezza e tecnologia dall’Occidente, la Cina ha ora l’ambizione imperialista di diventare una grande potenza economica e militare, stringendo alleanze commerciali, diplomatiche e militari con tutti i nemici dell’America e dell’Occidente. La Russia, ad esempio, è diventata uno Stato vassallo della Cina e rappresenta una minaccia reale nella misura in cui continua a ricevere aiuti dalla Cina rossa.

(b) Russia putiniana/duginista

Le due ingiuste invasioni subite dall’Ucraina per mano di forze russe numericamente superiori (nel 2014 e nel 2022) meritano la massima preoccupazione. La Russia cerca dichiaratamente di annientare l’Ucraina come nazione e di sradicare la fede cattolica dai suoi cittadini. 

Inoltre, la Russia è ispirata da una politica estera chiamata “Quarta teoria politica”, che sostiene il multipolarismo e unisce tutte le parti ostili all’Occidente. 

(c) Il comunismo

Inoltre, il mondo deve ancora affrontare la piaga dell’ideologia comunista. Essa diffonde i suoi errori in tutto il mondo attraverso Cuba, Corea del Nord, Venezuela, Nicaragua e altri. Il mondo libero deve opporsi a questo errore che ha diffuso tanto odio e miseria nel corso della storia.

Non bisogna dimenticare che questa ideologia è responsabile della morte di decine di milioni di persone. I regimi comunisti continuano a perseguitare la Chiesa. I progetti espansionistici di questa setta in America Latina e in luoghi come Taiwan e la Corea del Sud devono essere contrastati con tutti i mezzi possibili.

(d) Iran e islamismo

L’islamismo e la sua jihad mirano anche alla distruzione dell’Occidente e della Chiesa. Guerre e conflitti in Africa e in Asia stanno portando alla morte e al martirio d’innumerevoli cristiani. Il loro sangue fa appello alla solidarietà di tutte le nazioni per spegnere questa minaccia. 

Il fattore unificante di queste quattro minacce è il loro orientamento antioccidentale e anticattolico. Il loro presunto carattere multipolare è in realtà bipolare, poiché le quattro minacce si uniscono contro l’America, l’Occidente e la Chiesa.

  1. Il prezzo del fallimento

L’incapacità dell’America di difendere sé stessa e l’Occidente da queste minacce avrà conseguenze drastiche, gettando il mondo in ulteriori crisi e caos.

Per quanto si possa desiderare di allontanare il male, oggi il mondo è un luogo molto pericoloso. L’America deve affrontare nemici che non possono essere ignorati. Non devono essere placati. Il prezzo del fallimento è alto. La situazione attuale richiede un’azione che vada al di là dell’interesse proprio, un compito per il quale l’America è adatta.

  1. Affrontare i doveri con totale fiducia nell’aiuto di Dio

Benedetta dalla Divina Provvidenza con l’abbondanza, l’America è sempre stata una nazione generosa, disposta a soccorrere i bisognosi, anche a costo di grandi sforzi e sacrifici di vite umane.

Tuttavia, l’America deve chiedere a Dio aiuto e forza per portare questo grande fardello. La crisi attuale richiama alla mente le parole della Madonna di Fatima, che nel 1917 avvertì di future guerre e persecuzioni e promise il suo aiuto celeste e il trionfo finale.

Abbracciando l’ideale della solidarietà tra le nazioni, il realismo di rifiutare le cause liberali e gli obiettivi e le strategie utopici, e riponendo la propria fiducia in Dio e nella Sua Madre, l’America può fermare la discesa verso il caos che ora minaccia il mondo.

La nobile disposizione dell’America ad aiutare le altre nazioni ricorda le parole di Pio XII, che dopo la Seconda guerra mondiale scrisse: “Il popolo americano ha un grande genio per l’azione splendida e disinteressata. Nelle mani dell’America, Dio ha posto i destini di un’umanità afflitta”.

Non è il momento dell’isolazionismo, ma di quest’azione disinteressata. Questo può essere fatto solo se l’America torna all’ordine e si mette nelle mani di Dio con totale fiducia nel suo aiuto.

[per motivi di spazio sono state tolte le note. La versione integrale è disponibile qui n.d.r.]

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