Le reazioni dei giudei di fronte a Gesù

Le reazioni dei giudei di fronte a Gesù

di Don Ruggero Gorletti

VENTESIMA DOMENICA PER ANNUM – ANNO B


Dal vangelo secondo Giovanni 6,51-58

In quel tempo Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

COMMENTO

Le reazioni dei giudei di fronte all’affermazione di Gesù: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo» diventano sempre più infastidite, fino a giungere all’ostilità totale. Possiamo notare come Gesù affronti il dialogo: non tenta di addolcire la pillola, di persuadere i suoi ascoltatori venendo incontro, in qualche modo alle loro esigenze. La folla era entusiasta di Lui (volevano addirittura farlo re!) finché si limitava a risolvere a poco prezzo i loro problemi, tutto andava bene finché si presentava come un uomo  bravo a predicare e dotato di qualche misterioso potere. Ma quando Egli comincia a fare discorsi che fanno capire che non è solo così, subito l’entusiasmo diventa diffidenza e ostilità: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Costui: questo modo di riferirsi a Gesù ci fa capire che i giudei non riescono a vedere in Gesù la sua origine divina, per questo non riescono a comprendere il suo messaggio. Ma Gesù non abbassa il contenuto del suo insegnamento per venire incontro alle idee sbagliate dei suoi interlocutori, anzi sembra accentuare i toni: «In verità in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avete in voi la vita» con quel che segue.

Sembra proprio che i giudei e Gesù non stiano parlando la stessa lingua. I giudei vogliono sfamarsi gratis, e sono contenti di aver trovato qualcuno che permette loro di farlo, Gesù parla di Se stesso come del pane della vita eterna. Quando non si accoglie Gesù per quello che è, cioè Dio che ha assunto la nostra natura umana, ma è rimasto in tutto e per tutto Dio, non si può comprendere quello che dice, e non si può comprendere che quello che dice è molto rilevante per la nostra vita. Anzi, senza voler diventare irriverente, le sue parole sembrano i vaneggiamenti di un pazzo.

Non è che noi ci comportiamo in modo molto diverso da quei giudei. Lo possiamo dimostrare facilmente: il discorso di Gesù è fortemente orientato al mistero dell’Eucaristia. Giovanni, a differenza degli altri tre evangelisti, non descrive la consacrazione del pane e del vino nell’ultima cena, non perché non consideri importante questo tema, ma perché ne parla in modo diverso in questo capitolo, che da sempre la Chiesa ha letto con riferimento all’Eucaristia. È l’Eucaristia il corpo e il sangue di Cristo, quella carne e quel sangue di cui è necessario nutrirsi per avere la vita eterna, e per sperare di essere resuscitati nell’ultimo giorno. Quel pane che, se mangiato, dona la vita eterna.

Sappiamo che l’Eucaristia è sostanzialmente il corpo, il sangue, l’anima e la divinità di Cristo. Dire che lo è sostanzialmente significa dire che lo è davvero, che non è solo un simbolo. E’ per questo che Gesù dice che «chi mangia questo pane vivrà in eterno». Questo pane può darci la vita, la vera vita, la vita eterna, perché in esso è presente sostanzialmente Dio stesso, l’Unico che può dare la vita. Ma occorre interrogarci su come ci accostiamo all’Eucaristia, Il rischio è pensare come i Giudei: «cos’ha di speciale quest’uomo? Chi crede di essere? Cosa va raccontando?». Noi possiamo pensare: «cos’ha di speciale questo pezzo di pane? Cosa ci vanno raccontando che in questo pezzo di pane c’è davvero Dio?». E sembra proprio che oggi molta gente, molti cristiani praticanti la pensino così. Sembra, perché nel cuore di ogni uomo solo Dio sa leggere, ma talvolta, dall’atteggiamento con cui si partecipa alla consacrazione (molte persone, pur potendolo fare, se ne guardano bene dall’inginocchiarsi),  con cui si riceve l’Eucaristia durante la Messa, dal fatto che nessuno o ben pochi al termine della Messa rimangano a ringraziare per il dono ricevuto (ricordiamo che corpo, sangue, anima e Divinità di Cristo rimangono nel nostro corpo fin quando le specie eucaristiche non sono state assorbite dal nostro organismo, quindi per un quindici o venti minuti circa), dal fatto che all’Eucaristia generalmente si accostino molte persone, e siano invece molti meno quelli che si accostano regolarmente alla confessione, viene da pensare che forse, anche noi non abbiamo compreso la grandezza del dono che Dio vuole farci. Sembra che accostarsi all’Eucaristia non sia entrare in un’unione intima con il Signore, ma solo partecipare in modo più completo alla vita della comunità.

Questo sesto capitolo del Vangelo di Giovanni, che concluderemo domenica prossima, ci aiuti ad interrogarci e a farci vivere con più intensità e devozione il nostro rapporto con l’Eucaristia.

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