Conosciamo San Massimiliano Kolbe

Conosciamo San Massimiliano Kolbe

di Mariella Lentini*

TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI RICORDIAMO UN SANTO POLACCO

Patrono degli obiettori di coscienza contrari alla guerra e dei radioamatori, è un eroe dei nostri tempi. Raimondo Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska-Wola (Polonia). Quando ha dodici anni sogna la Madonna che gli mostra una corona di fiori rossi (il martirio) e un’altra di fiori bianchi (la purezza) e gli dice di sceglierne una. Lui le abbraccia tutte e due. Studia filosofia e teologia a Roma e a vent’anni viene ordinato sacerdote dei frati francescani. Ora si chiama Fra Massimiliano Maria. Il suo sogno è convertire più persone possibili. E lo fa con i nuovi mezzi di comunicazione di massa disponibili: la stampa e la radio (lui stesso diventa radioamatore). Costruisce le “Città di Maria” in Polonia e in Giappone, a Nagasaki, durante un suo viaggio in Oriente: conventi dotati di tipografia, abitati da frati che vivono seguendo il Vangelo, dove viene stampato e distribuito il giornale Cavaliere dell’Immacolata con una tiratura di vari milioni di copie. Fonda anche l’associazione “Milizia di Maria Immacolata” per divulgare l’amore di Dio e della Madonna

Durante la Seconda guerra mondiale, per aver aiutato molti ebrei perseguitati a nascondersi e per il suo rifiuto a collaborare con il regime nazista, viene deportato ad Auschwitz. Dopo un viaggio allucinante, rinchiuso in un vagone bestiame senza acqua né cibo, Massimiliano arriva nel campo di concentramento, viene spogliato di tutto e vestito con un’uniforme a strisce. Qui la vita è molto dura. Non ha più nemmeno un nome e diventa un numero tatuato sul braccio e cucito sulla giacca: 16670. Si lavora tutto il giorno e il cibo è pochissimo. Si muore di fame, di malattia o dalla fatica.

Un giorno fugge dalla sua baracca un prigioniero. La punizione arriva spietata. I prigionieri sono costretti a stare in piedi per ore sotto il sole cocente e dieci di loro, scelti a caso, dovranno pagare con la vita. All’improvviso il silenzio terrificante viene interrotto da un uomo che piange e urla disperato. Non vuole morire perché ha moglie e figli. È un soldato polacco, Franciszeck Gajowniczek (sopravvissuto ad Auschwitz e tornato dalla sua famiglia). Massimiliano Kolbe si offre al suo posto e, stranamente, lo scambio viene accettato. Così il buon sacerdote si ritrova rinchiuso nel famigerato bunker dove le vittime vengono fatte morire di fame e di sete. Dopo due settimane il frate francescano, l’unico cosciente, e quattro compagni sono ancora vivi. Vengono uccisi con una iniezione il 14 agosto 1941. Le ultime parole di Kolbe rivolte al suo carnefice sono: «L’amore crea, l’odio non serve a nulla!».

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