Marijuana, il “sogno” si infrange con la realtà

Marijuana, il “sogno” si infrange con la realtà

di Andrea Bartelloni

L’’USO DI MARIJUANA E’ ASSOCIATO A DIVERSI PROBLEMI DI SALUTE

Negli Stati Uniti la legalizzazione del consumo della cannabis è una realtà per 180 milioni di abitanti che dal 2012 al 2021 hanno visto 29 stati approvare norme che vanno dalla legalizzazione ad uso terapeutico fino a quella ad uso ricreativo. Ma la realtà, dopo pochi anni, si è rivelata diversa dal previsto, almeno dai politici e dai fautori della legalizzazione. Il mondo medico era perfettamente a conoscenza dei rischi legati alla diffusione sempre più di massa.

È il New York Times dell’8 luglio a lanciare l’allarme sugli aspetti “catastrofici” della legalizzazione. L’indagine si è concentrata nello stato del Maryland che ha legalizzato nel 2022 e dove la propaganda aveva descritto la marijuana come innocua, per alcuni aspetti anche utile, il proibizionismo come razzista e irrazionale. Dopo appena due anni ecco che “si scopre che la marijuana è una sostanza rischiosa e che crea dipendenza. Legalizzarne la vendita commerciale fa sì che più persone la utilizzino e aumenta i livelli di dipendenza. Di conseguenza, i livelli di danno aumentano. Ci sono danni alla salute.

La legalizzazione è costantemente associata all’aumento dei ricoveri ospedalieri per patologie legate alla marijuana che possono includere depressione respiratoria, problemi cardiovascolari, psicosi indotta dalla cannabis e vomito ripetuto noto come sindrome da iperemesi da cannabis. L’uso massiccio di marijuana, soprattutto nell’adolescenza, è associato a diversi problemi di salute mentale, in particolare alla schizofrenia. Ci sono i danni prevedibili derivanti dall’aumento della disponibilità di una sostanza intossicante. Secondo una stima, la legalizzazione ricreativa ha causato ulteriori 1.400 morti sulla strada all’anno, e tassi record di dipendenti risultati positivi alla marijuana dopo incidenti sul lavoro”.

Oltre a questo, il Nyt rileva un aumento della criminalità, delle dipendenze e degli arresti. E ancora più drammatici sono questi dati: “nel 1992, secondo un recente studio, meno di un milione di americani consumavano marijuana quotidianamente o quasi. Nel 2022 la cifra equivalente è stata di 17,7 milioni, cifra che per la prima volta ha superato il numero dei bevitori giornalieri. Ovviamente non tutte queste persone sono scontente del loro uso quotidiano. Ma si stima che 19 milioni di americani soddisfino i criteri che descrivono la dipendenza da marijuana, caratterizzata da “uso continuato di cannabis nonostante il significativo impatto negativo sulla vita e sulla salute”. Questi dati cominciano a far riflettere anche i politici di stati che vorrebbero incamminarsi sulla via della legalizzazione: “gli sforzi del New Hampshire per la legalizzazione sono finiti nel fuoco legislativo dopo che la proposta del governatore Chris Sununu di far gestire i negozi allo stato si è rivelata un fallimento.

In Virginia, il possesso e la coltivazione domestica sono legali, ma il governatore Glenn Youngkin ha bloccato la creazione di un mercato legale, un’altra strategia che potrebbe ridurre al minimo i danni. E lo scorso anno gli elettori dell’Oklahoma hanno respinto un’iniziativa elettorale per la legalizzazione, una decisione resa solo un po’ meno importante dal sistema statale relativamente non regolamentato della marijuana “medica””. Ed è Charles Fain Lehman, membro del Manhattan Institute e redattore collaboratore del City Journal ad allargare il campo dei delusi dall’esperimento in un intervento del 13 giugno scorso (https://manhattan.institute/article/why-drug-decriminalization-failed): “L’Oregon, la Columbia Britannica e lo Stato di Washington hanno adottato tali misure nel primo esperimento di depenalizzazione della droga del Nord America, sostituendo le sanzioni penali per possesso con multe o altri rimedi civili. Ma negli ultimi due mesi questi audaci esperimenti di politica sulla droga sono falliti. Ad aprile, l’Oregon ha ufficialmente abrogato parti fondamentali della Misura 110, l’iniziativa elettorale del 2020 che aveva reso il possesso di piccole quantità di tutte le droghe – tra cui metanfetamine, cocaina e fentanil – un reato non punibile con l’arresto. E all’inizio di maggio, il vicino canadese dell’Oregon, la Columbia Britannica, ha modificato le proprie regole precedentemente liberalizzate, rendendo ancora una volta l’uso di droghe in pubblico un reato punibile con l’arresto. Ciò è avvenuto dopo che Washington aveva concluso il suo breve esperimento l’anno scorso”. Un fallimento su tutti i fronti. Ci vogliono i morti, gli incidenti stradali e sul lavoro per far capire che la droga fa male a cominciare dalla cannabis.

E ancora Charles Fain Lehman, il 3 luglio, che continua la sua ricerca chiedendosi come lo stato possa sostenere una vendita di un prodotto che fa male a chi lo consuma e sfata anche l’ultimo baluardo dei sostenitori della legalizzazione: la lotta alle mafie. Dove ci sono rivendite legali si moltiplicano le clandestine che mettono in crisi il commercio legale. “Perché l’erba legale è più costosa? Perché i suoi venditori rispettano le regole. La regolamentazione di una merce impone costi ai produttori, che vengono poi trasferiti ai consumatori sotto forma di prezzi più alti. L’imposta del 9% di New York sulle vendite di marijuana significa che l’erba legale costa di più. I requisiti secondo cui la marijuana deve essere acquistata nello stato o le restrizioni sul numero di licenze limitano il numero di concorrenti sul mercato, aumentando ulteriormente i prezzi”. Il mercato clandestino non paga tasse, ha prodotti migliori, vende a tutti senza distinzione di età. Allora la soluzione sarebbe liberalizzare le licenze, ma si pone il problema della dannosità del prodotto. Un bel dilemma che per il tabacco si è, in parte, risolto, ma per la cannabis ancora no. Anzi.

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments