Alcune prefigurazioni della maternità ecclesiale di Maria
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LA MADRE DELLA CHIESA NELL’ANTICO TESTAMENTO
Quante volte abbiamo sentito ripetere che la Sacra Scrittura parla poco di Maria? Un “ritornello” che non accenna a finire. Ma è proprio così? Solo pochi episodi di Vangeli ed Atti parlano di Lei? Davvero la sua presenza non può scorgersi altrove nelle Sacre pagine?
Sebbene molto ci aiutano le apparizioni mariane a conoscerla, luoghi fondamentali della nostra fede restano pur sempre la S. Scrittura, la Tradizione, il Magistero, la Liturgia e il sensus fidei. Pertanto, è anzitutto in questi “spazi” sconfinati che bisogna ricercare per poter crescere nella conoscenza di Cristo secondo quel meraviglioso Disegno divino che include Sua Madre. Ed è sempre da qui che dobbiamo attingere quando vogliamo affermare qualcosa di certo ed incontestabile su di Lei. Ci sia lecito, allora, ricercare nell’Antico Patto, prima ancora che nel Nuovo, la presenza di Maria. Non sembrerà paradossale questo modo di procedere a chi conosce un poco l’opera straordinaria della Sapienza divina, che gradualmente conduce ogni cosa al suo compimento. Infatti, se tutta la Storia annuncia Cristo ed è attesa di Lui, l’Atteso, tutta la Storia, in qualche modo, deve pur annunciare Maria come Madre sua e Madre nostra. È giusto, quindi, porsi in ascolto di quei segni che fin da tempi remoti dicono la sua maternità ecclesiale, verità di fede ormai solennemente asserita ma, forse, ancora poco conosciuta e vissuta. Proclamata Madre della Chiesa da Paolo VI, dopo lunghe e accese discussioni sorte durante l’ultimo Concilio, oggi, grazie a Papa Francesco ricordiamo Maria con questo titolo nella festa della Madre della Chiesa, da celebrarsi con gioia e gratitudine il primo lunedì dopo Pentecoste.
Tuttavia, se Maria appartiene al Nuovo Testamento, se non esisteva ai tempi della creazione del mondo, dei patriarchi e dei profeti, in che senso crediamo di rintracciarne la presenza nell’Antico Testamento? Ebbene, la risposta viene dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
«La Chiesa, fin dai tempi apostolici, e poi costantemente nella sua Tradizione, ha messo in luce l’unità del piano divino nei due Testamenti grazie alla tipologia. Questa nelle opere di Dio dell’Antico Testamento ravvisa prefigurazioni di ciò che Dio, nella pienezza dei tempi, ha compiuto nella Persona del suo Figlio incarnato» (CCC 128).
Il mistero del Figlio include, per divina e immutabile disposizione, quel grembo in cui l’Incarnazione è divenuta realtà! A ragione, quindi, un celebre biblista, appassionato del mistero di Maria, asseriva: «la persona di Maria, “madre” di Gesù, va compresa in stretta comunione con le altre “madri” (o “matriarche”) d’Israele» (A. Serra, La donna dell’alleanza. Prefigurazioni di Maria nell’Antico Testamento, Messaggero, Padova 2006, 18). Proprio tra di esse troviamo figure anticipatrici della Madre del Signore; prefigurazioni di Colei che era destinata a divenire anche Madre della Chiesa per la nostra salvezza. In verità, molto si potrebbe dire, analizzare, investigare, ma lo scopo che ci proponiamo non è scientifico. Semplicemente vogliamo fornire spunti per la meditazione personale, che alimentino lo stupore e la gratitudine verso Dio. Si tratta di mostrare come alcune donne dell’antico Israele, a loro insaputa, con la loro vita abbiano davvero annunciato il mistero di Maria, in quanto Madre della Chiesa universale. Questo ci aiuterà a “vederla” presente nel piano di Dio fin dalle origini, ci insegnerà a contemplarla tra le pieghe delle pagine ispirate, perché nasca in noi un inno di lode al Signore, che fa cose grandi e magnifiche per l’umanità.
Scorrendo le pagine della Scrittura, sin da subito ci viene incontro una donna affianco ad un uomo: Eva. Con l’originalità e profondità che sempre lo distingue, il teologo e mistico Divo Barsotti riflette su questa figura alla luce di Maria, giungendo ad affermare che
«Eva […] è madre dei viventi; non tuttavia dell’antico Adamo, perché da Adamo ella è fatta, ma di tutti i figli di Adamo. In questo senso, Eva può dirsi veramente tipo di Maria, non in quanto Maria è Madre del Cristo, di Gesù di Nazaret, ma in quanto è Madre del Cristo mistico, di noi tutti che siamo i figli nati dalla fecondità dell’unione nuziale di Cristo con la Chiesa sua Sposa. Eva madre di tutti i viventi, Maria Madre di tutti i cristiani» (D. Barsotti, Le donne dell’Alleanza: da Eva a Maria e alla Chiesa sposa di Cristo, Gribaudi, Torino 1967, 17).
Splendida intuizione, non senza fondamenti, che ci permette di contemplare fin dalle origini della storia dell’umanità l’adombrarsi di quella maternità universale che troverà perfetta significazione in Maria. Dall’inizio dei tempi, quindi, Dio ha iniziato a manifestare il Suo progetto “mariano”, la Sua volontà di affiancare all’opera salvifico-redentrice del Figlio quella di una Madre, destinata a prendersi cura dell’intera umanità ri-generata dal Suo Preziosissimo Sangue.
Scorrendo, poi, le vicende dei Patriarchi, appare Rebecca, moglie di Isacco e madre di Esaù e Giacobbe. È ancora una volta la genialità di don Divo a vedere nell’adoperarsi di questa donna a vantaggio del secondogenito una figura dell’amore di Maria verso i figli della Chiesa. Qui, certamente, Barsotti intende valorizzare l’amore e non l’inganno di Rebecca, spiegando che la tipologia non esige corrispondenza perfetta sotto ogni aspetto tra le due figure in questione. Nel compiere tale ardita e suggestiva lettura, egli richiama una celebre pagina del Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi M. Grignion, per concludere che
«noi dobbiamo considerare precisamente quello che è l’atteggiamento di Maria verso il secondogenito, quello che compie Maria verso Giacobbe, che siamo noi: no, la Madre non sopporta che un suo figlio più debole venga privato della benedizione. Noi siamo suoi figli nel Cristo ed ella vuole che tutti non siamo con lui che un solo Figlio, non viviamo con lui che una medesima vita, non usufruiamo che di una stessa benedizione. Per questo, lei stessa ci ricopre delle vesti del suo Primogenito; per questo, lei stessa ci conduce dinanzi a Dio cosi rivestiti: perché anche a noi Dio conceda la benedizione che è propria del Figlio Unico» (D. Barsotti, Le donne dell’Alleanza: da Eva a Maria e alla Chiesa sposa di Cristo, Gribaudi, Torino 1967, 32).
Meravigliosa e confortante interpretazione!
Proseguendo nel cammino della Scrittura, si incontra ancora Rachele, moglie di Giacobbe, contemplata in seguito dal profeta Geremia in occasione dell’esilio babilonese, come madre di tutto popolo che piange i suoi figli (cfr. Ger 31,15). Tale maternità dolorosa, proclamata dal Profeta, rimanda alla maternità pasquale dell’Addolorata ai piedi della Croce, quando, com-patendo la Sua Passione, riceve da Gesù morente la missione di una maternità “nuova”, a beneficio dell’umanità redenta: «La maternità è costata a Rachele la morte, la maternità universale è costata a Maria la passione ai piedi della Croce» (D. Barsotti, Le donne dell’Alleanza: da Eva a Maria e alla Chiesa sposa di Cristo, Gribaudi, Torino 1967, 40), dice ancora Barsotti.
Passando ad una esegesi più scientifica, ma senz’altro più complessa, sulle orme di Aristide Serra, è possibile individuare un’anticipazione della maternità ecclesiale di Maria persino nella madre di Mosè, il quale secondo l’esegesi rabbinica compendia in sé tutto il Popolo di Dio. Ciò significa che, generando Mosè, Yokebed ha generato l’intero Israele, similmente a Maria che genera Cristo, capo del Corpo mistico. E ancora, procedendo lungo i Libri storici, è la volta di Debora, giudice d’Israele, madre spirituale del Popolo eletto, come si proclama nel libro dei Giudici: «Era cessata ogni autorità di governo, era cessata in Israele, fin quando sorsi io. Debora, fin quando sorsi come madre d’Israele» (Gdc 5,7). Impossibile non vedere anche in lei un’anticipazione della Madre spirituale della Chiesa, Maria Santissima, ancora una volta annunciata dalla missione di una celebre “matriarca”, profetessa, oltre che giudice di Israele.
Si potrebbero ancora menzionare altre donne. Per non dilungarci troppo, ne ricordiamo una sola, forse non molto nota. Si tratta di Rizpà. Ancora una volta è Aristide Serra ad intravedere una correlazione tra questa donna e Maria. Considerando la vicenda drammatica di Rizpà nel Secondo libro di Samuele 21, 1-14, egli contempla nelle due donne «due madri associate entrambe in una passione di dolore e di fede per la morte dei loro figli» (A. Serra, La donna dell’alleanza, 65), attingendo ad alcuni elementi di filologia ma specialmente esaminando i contenuti dei fatti che le coinvolgono. È suggestivo il parallelo tra la scena di Gabaa, sul monte del Signore, che vede Rizpà con la sua compassione materna, e il Calvario di Maria: in entrambe i casi, tenendo ferme le sostanziali differenze, si assiste ad un ampliamento della maternità delle due donne, chiamate a prendersi cura di altri uomini come fossero loro figli.
Per ovvie ragioni di spazio ci fermiamo qui, purché si consideri tutto questo come un “assaggio” di quella straordinaria ricchezza “mariana”, che resta per lo più nascosta nell’Antico Testamento. Molto vi è da indagare per comprendere al meglio il ruolo di Maria nella Chiesa, la sua funzione di Madre, il significato e le conseguenze per noi della sua reale presenza. Questi spunti ci aiutino a riflettere sulla grandezza di Maria, così come voluta da Dio nel progetto divino. In definitiva, come scriveva un esegeta francese, Ph. Lefebvre:
«Dobbiamo riaprire, arricchire e trarre profitto dal “dossier” dei testi dell’Antico Testamento ai quali ci si può riferire per mettere in luce la figura di Maria, e ai quali – io ritengo – i vangeli fanno allusioni in mille modi […]. Io credo che il lavoro biblico abbia ancora molto da scoprire su Maria» (A. Serra, La donna dell’alleanza, 107).
Lo stesso vale per il “lavoro” della nostra contemplazione orante della divina Scrittura.