Ricordiamoci del massacro di Shimabara e delle esplosioni atomiche
di Gian Piero Bonfanti
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LA STORIA, SOFFERTA E VALOROSA, DELLA CRISTIANIZZAZIONE DEL GIAPPONE
È opportuno apprendere la storia del cristianesimo, seppur sommariamente, per poter comprendere l’importanza del dono della fede cattolica che ci è stato dato. Guardare ai martiri ci fa capire quello che queste persone hanno dovuto subire per poterci lasciare qualcosa che oggi diamo erroneamente per scontato. Un esempio tipico è quanto accaduto in Giappone nell’epoca feudale, ove la cristianizzazione è avvenuta a costo di un feroce bagno di sangue. Dobbiamo innanzitutto fare un balzo temporale nel passato ed immaginare di trovarci in una società feudale, dove il paese non era più governato direttamente dall’imperatore, bensì molti poteri erano esercitati dallo Shōgun. Questi era una sorta di primo ministro e capo dell’esercito ed era colui che comandava effettivamente. I vari daimyō (i signori feudali) se ne contendevano la carica con ogni mezzo, architettando e mettendo in atto intrighi e guerre aperte. La struttura piramidale poi prevedeva funzionari di vari livelli sino ad arrivare ai contadini ed ai pescatori i quali erano costretti a pagare tasse altissime. In tale contesto storico buddismo e shintoismo erano le uniche religioni che potevano essere professate nel paese. Questo è quanto si trovarono di fronte i primi missionari, molti dei quali vennero giustiziati appena posati i piedi su questa terra pagana.
Anche a Francisco de Jasso Azpilicueta Atondo y Aznares de Javier, a noi conosciuto come San Francesco Saverio patrono delle missioni, ed a tutti i missionari martiri, si presentò questo scenario difficile e quasi impossibile da affrontare. Nonostante le gravi difficoltà incontrate, questi missionari con la loro evangelizzazione innescarono un processo di cristianizzazione importante, al punto da divenire per l’impero giapponese un vero e proprio pericolo.
I cristiani infatti chiedono la libertà di culto, perseguono la pace e ricercano la vita eterna. Concetti astratti per questo paese che nel giro di pochi anni mette in atto persecuzioni verso i cristiani infliggendo torture inimmaginabili, sino ad arrivare ad un episodio particolarmente importante: la strage di Shimabara.
È proprio in questa località che avvenne una vergognosa strage ai danni dei cristiani che reclamavano la possibilità di professare la loro fede. Tale massacro è avvenuto proprio nel castello della penisola di Shimabara, nella prefettura di Nagasaki.
Eroe e martire di questa vicenda è il giovane Masuda Shirō Tokisada, detto Amakusa Shirō, che alla sola età di 16 anni guidò la rivolta che durò dall’autunno del 1637 alla primavera del 1638. Circa 35.000 persone resistettero sotto assedio tra fame e stenti respingendo un contingente di 125.000 militari agli ordini dello shogunato di Tokugawa.
La coraggiosa resistenza fu annientata solo grazie all’appoggio allo shogunato da parte degli olandesi, i quali si videro costretti a cannoneggiare all’indirizzo del castello difeso dai cristiani cattolici. Gli olandesi temevano infatti di essere espulsi dal Giappone e di perdere tutto il redditizio traffico commerciale. L’attacco venne sferrato, il castello fu distrutto e tutti i cristiani cattolici vennero decapitati. Nessuno di loro abiurò.
È una vicenda che viene dimenticata ma che in qualche modo ci ricorda come quei territori, nell’area di Nagasaki, hanno sviluppato una fervente e coraggiosa fede cattolica. Nel 1945 quando venne sganciata la bomba atomica su Nagasaki, la comunità Cattolica contava circa 120.000 persone. Ancora oggi, quando a Hiroshima e Nagasaki si svolgono le commemorazioni di quei giorni, in Giappone si dice che «Hiroshima protesta, Nagasaki prega».
Ricordiamo inoltre che circa 300 anni dopo la strage di Shimabara, San Massimiliano Maria Kolbe, il martire di Auschwitz, risiedette in Giappone, precisamente dal 1930 al 1933. Tra le varie opere del santo, ricordiamo che nel sobborgo di Hongochi nella città di Nagasaki, fondò il convento Mugenzai no Sono, «Giardino dell’Immacolata».
L’esplosione della bomba atomica nel 1945 lasciò il convento miracolosamente intatto e tutti quelli che vi erano all’interno sopravvissero. Inoltre, nella casa parrocchiale dell’Assunzione di Hiroshima, che si trovava a soli otto isolati dall’epicentro dell’esplosione, c’era una piccola comunità di quattro padri gesuiti che rimasero tutti miracolosamente vivi. Uno di loro, padre Hubert Schiffer, raccontò: «per un giorno intero i miei tre confratelli ed io siamo stati in questo inferno di fuoco, di fumo e radiazioni, finché siamo stati trovati ed aiutati da soccorritori». Erano tutti feriti ma vivi e furono gli unici sopravvissuti entro un raggio di un chilometro dall’esplosione. Alle varie domande di esperti che indagavano sui motivi per cui la canonica non fu colpita, padre Schiffer rispose che in quella casa recitavano ogni giorno il Santo Rosario.
Una storia molto sofferta quella dei cristiani in Giappone, ricordiamoci di loro, del massacro di Shimabara e delle esplosioni atomiche. Ricordiamoci sempre del motto dei monaci certosini: “Stat Crux dum volvitur orbis” (La Croce resta salda mentre il mondo gira). Senza questa certezza il loro martirio non avrebbe senso.