Il miracolo di Hiroshima: i 4 gesuiti sopravvissuti all’atomica

Il miracolo di Hiroshima: i 4 gesuiti sopravvissuti all’atomica

A cura della Redazione 

IL 6 AGOSTO 1945 GLI AMERICANI GETTARONO SU HIROSHIMA LA LITTLE BOY, LA PRIMA BOMBA ATOMICA DEFLAGRATA IN UN TERRITORIO ABITATO

Il Superiore Provinciale della Compagnia di Gesù in Giappone, Don Hugo Lassalle, e altri tre gesuiti – Don Hubert Schiffer, Don Wilhelm Kleinsorge e Don Hubert Cieslik – si trovavano a Hiroshima il tragico giorno 6 agosto 1945, quando cadde su quella città la Little Boy, prima bomba atomica deflagrata in un territorio abitato.

Abitavano nella casa parrocchiale della Chiesa della Madonna dell’Assunzione, vicino al centro dell’esplosione della bomba che rase al suolo migliaia di immobili in un raggio di 3 km e uccise circa 80mila persone. Al momento della detonazione, uno di loro stava celebrando la Sacra Eucaristia e gli altri erano intenti alle loro faccende quotidiane.

Tuttavia, in un modo umanamente inesplicabile, questi figli di Sant’Ignazio sfuggirono illesi alla catastrofe: nulla subirono, aldilà di piccole ferite causate da frammenti di vetro. Il fatto, registrato da storici e medici, è diventato famoso come il “miracolo di Hiroshima”.

Pochi giorni dopo l’esplosione, i quattro gesuiti furono sottoposti a esami medici e informati che, per effetto della radiazione, avrebbero sofferto gravi malattie e avuto una morte prematura.

Nulla di tutto ciò accadde. Nel 1976, Don Hubert Schiffer partecipò a un congresso negli Stati Uniti e testimoniò che tutti erano vivi e in buona salute. Nel corso di questi anni, essi sono stati esaminati circa duecento volte da diversi medici, sempre con lo stesso risultato: nessuna conseguenza della temuta radiazione.

Don Schiffer ha narrato dettagliatamente la storia nel libro intitolato Il Rosario di Hiroshima. E ha dichiarato che i quattro attribuivano alla mediazione della Santissima Vergine Maria il fatto di essere scampati in un modo così miracoloso: “Crediamo di essere sopravvissuti perché vivevamo il messaggio di Fatima” e “recitavamo quotidianamente il Rosario in quella casa”.

Dalla rivista “Araldi del Vangelo”, Settembre/2015, n. 149, p. 35

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