La guerra civile spagnola può insegnare ancora molto

La guerra civile spagnola può insegnare ancora molto

di Matteo Castagna

I MARTIRI DELLA PERSECUZIONE RELIGIOSA DURANTE LA GUERRA CIVILE FURONO CIRCA DIECIMILA

Il periodo che va dalla metà alla fine del mese di luglio fa tornare in mente un periodo storico, che dovrebbe far riflettere il mondo contemporaneo, per alcuni aspetti, analogie e silenzi.

La guerra civile spagnola inizia tra il 17 e il 19 luglio del 1936, quando un gruppo di militari guidati da cinque generali, tra cui spicca Francisco Franco, inizia una ribellione armata, partendo dal Marocco spagnolo.

Inizialmente, il governo repubblicano pare avere la meglio, in quanto riesce a mantenere il controllo su gran parte della marina e dell’aviazione e può contare sull’appoggio di un’intensa mobilitazione popolare. Così, mentre gli insorti conquistano la Spagna occidentale, il governo riesce a mantenere il controllo delle zone più ricche e industrializzate, ovvero la capitale e le regioni del nord-est.

Il ribaltamento degli equilibri si deve al ruolo giocato dalle potenze europee. Germania e Italia decidono fin da subito di appoggiare la ribellione di Franco, che ha una formazione cattolica e fascista. Hitler invia soprattutto aerei, armi e rifornimenti, mentre Mussolini organizza un contingente di 50.000 uomini, in gran parte volontari.

Sul fronte opposto, la Francia, governata come la Spagna dal Fronte popolare, vorrebbe intervenire, ma viene fermata dall’alleato inglese. La Gran Bretagna teme un attacco tedesco se la Francia interviene in Spagna. L’Inghilterra non desidera una rottura con l’Asse Roma-Berlino.

I francesi propongono, quindi, un patto di non intervento, che viene sottoscritto nell’agosto del 1936 anche da Hitler e Mussolini.

L’URSS aderisce al “patto di non intervento” ma in ottobre, visto il crescente impegno italo-tedesco in Spagna, decide di intervenire direttamente, inviando aiuti al governo repubblicano e favorendo la formazione delle Brigate internazionali. Composte da più di 30.000 volontari, provenienti da tutta Europa, vedono la partecipazione anche di alcuni grandi scrittori e intellettuali, come, ad esempio, George Orwell e Ernest Hemingway.

Nel settembre del 1936 Francisco Franco riesce ad impadronirsi della zona di San Sebastián, isolando i territori repubblicani dal confine francese. Alla fine del mese, il caudillo (condottiero, capo militare, duce) viene proclamato capo del legittimo Stato spagnolo, dalla giunta militare. Franco riesce a unificare tutti i gruppi di destra: dall’unione tra l’originario partito falangista di Primo de Rivera e le altre componenti reazionarie nasce la Falange Nazionalista. Franco ottiene, soprattutto, l’appoggio della gerarchia ecclesiastica, che detiene la proprietà di grandi terreni.

Sul fronte avverso, troviamo le forze che, oggi, chiameremmo della Sovversione o della Rivoluzione, ovvero tutti i partiti plutocratici di sinistra, i movimenti autonomisti basco e catalano e gli anarchici. La borghesia repubblicana spacca questa grande ammucchiata, impaurita dagli eccessi di violenza mostrati soprattutto dal settore anarchico, nella primavera del 1937, a Barcellona.

Anarchici e appartenenti al partito antistalinista del POUM si scontrano con comunisti ed esercito repubblicano. I secondi vincono e attuano una serie di sanguinose persecuzioni, molto simili a quelle staliniane. Nella primavera del 1938, i franchisti riescono a dividere il territorio nemico, isolando così Madrid dalla Catalogna, mentre nell’autunno dello stesso anno, le Brigate internazionali si sciolgono.

Nel marzo del 1939, dopo un assedio durato un anno, Madrid cade. Questo avvenimento stabilisce la fine della Repubblica spagnola e l’inizio del regime autoritario di Franco. I morti sono stati più di 500.000 e alto è anche il numero dei fuggitivi per motivi politici. Pochi mesi dopo, il mondo si sarebbe trovato davanti alla II Guerra Mondiale, di cui alcuni storici sostengono che la guerra civile spagnola sia stata il preludio.

Per comprendere con efficacia questi passaggi storici è necessario tornare leggermente indietro, fra il 1923 e il 1930, quando a governare la Spagna era il generale Manuel Primo de Rivera, padre di José Antonio Primo de Rivera, cattolicissimo fondatore e combattente della Falange, sostenuto dal Re Alfonso XIII, costretto all’esilio nel 1931 dalle forze di sinistra, che proclamano la Repubblica.

Le prime riforme dei social-comunisti si concentrano sulla riforma agraria e, soprattutto, sulla laicizzazione dello stato, provocando una netta reazione dell’opposizione, che nell’estate del 1932 tenta un colpo di stato. Il tentativo fallisce, ma nel novembre del 1933 le elezioni vengono vinte da una coalizione formata da gruppi monarchici e cattolici, che governa fino alle elezioni del 1936, quando a vincere sono i comunisti e le sinistre.

L’odio anticattolico era già visibile anni prima dello scoppio della guerra civile nel 1936. Socialisti, comunisti, sindacalisti e anarchici attaccarono i cattolici, mentre gli incendi di chiese e conventi furono una delle peggiori caratteristiche di questo decennio.

Nel 1931, il primo ministro Manuel Azaña grida: “la Spagna ha smesso di essere cattolica!”. Ogni mezzo era buono per raggiungere l’obiettivo di distruggere la Chiesa. L’anno successivo vengono espulsi più di trentamila gesuiti. E nel 1933 la Legge delle Confessioni e delle Congregazioni vietava agli ordini religiosi l’insegnamento della fede e ogni tipo di attività.

Nel cosiddetto “Ottobre Rosso delle Asturie” scoppia una violenta persecuzione religiosa. In soli dieci giorni mettono fine alla vita di 12 sacerdoti, 7 seminaristi e 18 religiosi; 58 templi bruciati. È in questo contesto di furore che nascono i martiri, torturati e assassinati in odium fidei (odio per la fede). Circa 20.000 chiese, tra cui diverse cattedrali, furono distrutte, compresi i loro ornamenti (pale d’altare e immagini) e gli archivi. Va notato che non furono distrutti durante azioni di guerra, ma, vigliaccamente, nelle retrovie.

Impressionante il dato che non si trova nei libri di storia: dal 1931 al 1939 furono assassinati 4.840 sacerdoti, 2.365 religiosi e 283 suore.
La diocesi di Barbastro fu una delle più martirizzate, dove fu sterminato l’87% del clero, insieme al vescovo Florentino Asensio. I testicoli di questo martire furono rimossi dopo che gli avevano sparato e avvolti nelle pagine di un giornale locale, lo fecero esporre nelle piazze e nei caffè. I martiri clarettiani di Barbastro, per lo più giovani sui vent’anni, morirono perdonando i loro carnefici e gridando: “Viva Cristo Re!”

Si stima che vi siano stati 10.000 martiri della persecuzione religiosa durante la guerra civile, tra cui tremila laici, in maggioranza appartenenti all’Azione Cattolica. Ci sono quasi 7.000 nomi e cognomi registrati.

Ci furono episodi di grande crudeltà e di vero sadismo; si sono verificati così casi in cui le vittime sono state bruciate vive, terribilmente mutilate prima di morire o sottoposte a vere e proprie torture psicologiche.

Ciascun lettore può trarre da queste vicende le evidenti analogie col XX secolo e, anche se in forme apparentemente pacifiche, quelle col Terzo millennio. Il denominatore comune è la lotta del Male contro il Bene, che si incarna, ciclicamente, nella volontà della Sovversione di distruggere la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, e annientare i Suoi sudditi fedeli, annullandone i principi, che sono stati, sin dall’Imperatore Costantino, l’identità politica e socioeconomica che ha reso l’Europa un esempio di grandezza e prestigio per il mondo intero.

 

Foto di adeel ahmad khan da Pixabay

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