Israele va in guerra contro Hezbollah, sulla pelle del Libano

Israele va in guerra contro Hezbollah, sulla pelle del Libano

di Pietro Licciardi

SI INTENSIFICANO I BOMBARDAMENTI A SUD DEL PAESE GIA’ STREMATO DALLA MISERIA. GLI INCOLPEVOLI LIBANESI SUBISCONO L’ENNESIMO CONFLITTO NEL SILENZIO DELL’OCCIDENTE

Dopo l’invasione di Gaza Israele sta puntando al sud del Libano dove si sono intensificati i bombardamenti sulla milizia Hezbollah coinvolgendo anche le aree più interne del Paese, fino a 12 chilometri dietro il confine.

Questa nuova guerra infierisce su una nazione già prostrata da anni di sanzioni economiche che hanno ormai ridotto l’80% dei libanesi in stato di povertà, il 36% dei quali è ormai in miseria, al punto che si è diffuso il lavoro minorile: molti bambini sono costretti a raccogliere plastica, ferro o lavorare nelle campagne per raggranellare il necessario per sopravvivere.

Le bombe stanno inoltre distruggendo molte infrastrutture vitali per la popolazione, come impianti idrici ed energetici, rendendo difficile l’approvvigionamento di acqua pulita e l’accesso ai terreni agricoli, senza i quali è la fame. Chi può è fuggito dalla zona dei combattimenti ma almeno 70.000 civili sono intrappolati là dove le azioni militari sono più intense.

Questa è un’altra guerra scatenata sulla testa degli inermi libanesi che hanno già patito un devastante conflitto, iniziato nel 1975, dopo che i “profughi” palestinesi, entrati in massa nell’unico Paese mediorientale disposto ad accoglierli, hanno sconvolto i delicati equilibri interni e compiuto attentati contro la popolazione. Una seconda guerra è stata scatenata nel 1981 da Israele contro la Siria che approfittando del precedente conflitto era penetrata in Libano cercando di attirarlo nella sua orbita. Nel 1982, con l’operazione Pace in Galilea gli israeliani arrivarono a Beirut nell’intento di smantellare l’apparato militare dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) che fu costretta ad evacuare il Libano. 

La partenza di Arafat e del suo esercito non portò però la pace. Al posto dei palestinesi subentrano infatti i “guardiani della rivoluzione” iraniani, e i miliziani sciiti dell’Hezbollah, il “Partito di Dio”, che trasformano il Libano in una retrovia per la loro guerra a Israele che ovviamente ha cominciato a rispondere colpo su colpo.

Purtroppo il Libano è un piccolo paese Mediorientale in posizione non strategica e privo di risorse, oltretutto assai scomodo per le diplomazie internazionali, specialmente israeliana e arabe poiché è la dimostrazione – in verità sempre più precaria a causa delle vicende che ne hanno sconvolto la vita sociale e politica – che non solo la convivenza tra mussulmani e cristiani e tra le diverse fazioni del mondo islamico è possibile ma che per realizzarla non è necessario affidarsi a governi laici e sanguinari retti da dittatori che reprimono nel sangue la tendenza islamica di creare stati confessionali, nei quali è il Corano a dettare le regole sia in ambito religioso che civile.

Questa situazione, che era la ricchezza del Libano, una volta definito la Svizzera del Medio Oriente, è anche la sua maledizione, in quanto non può contare sull’appoggio di nessuna cancelleria e di nessun movimento d’opinione occidentale, ideologicamente appiattiti sulle mire di Israele o sulle rivendicazioni palestinesi.

I libanesi languono così sotto il peso delle sanzioni economiche inflitte anche dall’Europa per colpire la Siria e a provvedere alle sempre più drammatiche necessità della popolazione, compresa quella islamica, e dei profughi fuggiti a suo tempo dalla Siria e dall’Iraq in guerra, ci sono solo i cristiani, che fanno l’impossibile con quello che giunge loro dalle parrocchie e dai donatori.

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