La partecipazione è una realtà molto seria

La partecipazione è una realtà molto seria

A cura della Redazione

COSTRUIRE UNA COMUNITÀ CHE PARTECIPI ALLE SCELTE POLITICHE NON PUÒ ESSERE INGEGNERIA SOCIALE. LA CANZONE DI GABER CI PUÒ ESSERE UTILE ANCORA OGGI. “LIBERTÀ È PARTECIPAZIONE”

Continuiamo ad analizzare alcuni degli aspetti del programma del nuovo sindaco di Perugia, Vittoria Ferdinandi. Ci pare di fare cosa utile evidenziando alcune incongruenze logiche e pratiche che dovranno essere eliminate per rendere applicabile e “locale” un programma pensato su suggestioni ideologiche che poco hanno a che fare con la nostra comunità.  Non ci piacerebbe diventare un esperimento sociale voluto da soggetti esterni alla città.

Il programma recita: «La partecipazione delle cittadine e dei cittadini al governo aperto della Città crea un’intelligenza collettiva: strumento democratico, razionale ed efficace per affrontare le sfide della società complessa. Il coinvolgimento attivo ai processi di governo favorisce la trasparenza, l’integrità e la responsabilità nei percorsi di crescita inclusiva della Città».

L’intelligenza collettiva sembra una specie di comunione dei santi, senza lo Spirito Santo che, nella dottrina cattolica, la fonda e mantiene. Chi è dunque che garantirà la partecipazione e la manterrà? Dal programma sembra che sarà decisiva la funzione dell’ente pubblico.

La partecipazione è senz’altro positiva anche se difficile da realizzare. Nel programma viene ricordata ad esempio la presenza storica a Perugia delle circoscrizioni comunali, enti intermedi che avevano delle competenze in temi come la cultura e la manutenzione della città.  La legge quarantadue del 2014 ha però soppresso le circoscrizioni nei Comuni con popolazione inferiore ai 250 mila abitanti quindi questo processo di partecipazione non avrebbe una collocazione giuridica precisa. A differenza delle circoscrizioni del passato i nuovi organismi non avrebbero competenze proprie ma dipenderebbero totalmente dalla giunta e non sarebbero eletti direttamente dai cittadini. La partecipazione si vorrebbe realizzare in primo luogo con la messa a disposizione di sedi di quartiere e con la creazione di strutture aggiuntive “tematiche” agli organi comunali. Non manca il riferimento ai giovanissimi di sedici anni che, come si ricorderà, era un punto del programma grillino per l’estensione del voto ai giovanissimi che, nella visione contemporanea, sarebbero i più competenti a dire la loro su questioni come il cambiamento climatico. Non ci preoccupa invece in nessuna sede della qualità della scuola statale che sta drammaticamente peggiorando.

La partecipazione è una realtà molto seria: nelle aziende per esempio “la partecipazione” al capitale  attiva  immediatamente delle conseguenze giuridiche. Nel programma “radical chic” invece la partecipazione rimane sottoposta all’accettazione da parte del potere che la gestisce e la interpreta. La partecipazione inoltre correttamente  deve essere collegata alla rappresentanza che si attua attraverso la elezione  di che assumerà  un ruolo  e che, negli ordinamenti moderni, non ha  vincolo  di mandato perché è stato  scelto per realizzare l’interesse “complessivo” della comunità e non solo di quella parte che lo  sceglie.  La prima partecipazione è dunque la scelta elettorale delle persone che dovranno guidare la comunità. E’ una partecipazione con concrete conseguenze giuridiche e pratiche. Oggi, nell’impoverimento generale della cultura storica, giuridica e politica, qualcuno non capisce più questo legame fra rappresentanza e bene comune e propone vincoli di mandato che renderebbero inutili i rappresentanti e la loro libertà.

Un altro elemento che va affrontato parlando di partecipazione è la scelta di chi parteciperà. Abbiamo una società in cui i corpi intermedi, a cominciare dalla famiglia, sono spesso sotto attacco e criticati. Non abbiamo più partiti e associazioni radicate e l’interazione sui social inibisce le conoscenze reali ed è insufficiente a creare vere relazioni.  Il modello proposto nel programma non definisce per esempio chi avrà il diritto di partecipare ai nuovi organi e quindi si potrebbe prestare ad essere una costruzione diretta dall’alto e, alla fine, non veramente partecipativa ma manipolativa perché non è detto che terrà conto dei corpi intermedi reali che compongono la comunità. Possiamo anche ricordare   la famosa  canzone di Gaber. Il testo aiuta  a far riflettere sul tema della partecipazione e la sua valenza anche etico-religiosa a dimostrazione che non esiste una politica senza teologia.

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