Quello di Geova non è un culto innocuo

Quello di Geova non è un culto innocuo

di Antonino Amorelli

ALCUNE TESTIMONIANZE DI TALUNI CHE, INCAPPATI NELLA SETTA DEI TDG, RITORNANO, PENTITI, AL CATTOLICESIMO

«“Non vogliamo danneggiare i testimoni di Geova, ma desideriamo la gente sappia che non si tratta di un culto innocuo. È qualcosa che spacca le famiglie, che in certi casi porta alla pazzia”. Queste ed altre pesanti accuse sono state rivolte ai Testimoni di Geova da Sergio Pollina, agronomo siciliano di 44 anni, da venti nella setta con importanti incarichi e consulente del Gruppo Ricerca e Informazione sulle sette (GRIS). Secondo Pollina “la struttura si è macchiata di alcune prevaricazioni nei confronti di cittadini italiani appartenenti al movimento”. E non si tratterebbe solo del noto divieto posto ai Testimoni di assumere emotrasfusioni (così come di accettare trapianti o vaccinazioni), né dall’imposizione del rifiuto di far studiare i giovani all’Università e dell’obbligo del servizio sia militare che civile (tutte “lampanti contraddizioni…fra l’ordinamento giuridico italiano e la disciplina vigente” nella setta), ma anche di pesanti condizionamenti psicologici nella sfera dei rapporti più personali. In un dossier, presentato al Ministero dell’Interno (organo competente per la vigilanza sui culti acattolici) da un gruppo di ex seguaci, si citano gli esempi di famiglie obbligate a troncare ogni rapporto con singoli membri “apostati”, considerati morti a tutti gli effetti”, o il caso di un’anziana donna suicidatasi perché convinta che un proprio figlio, desideroso di entrare in seminario, “fosse destinato da Geova alla distruzione”.

“Diciamo al Ministro dell’Interno: – si legge nel dossier, ora sul tavolo del Procuratore della Repubblica di Siena – esiste in Italia una struttura che “punisce” il cittadino italiano quando questi si avvale delle norme della Costituzione, che prevedono il rispetto del servizio militare, la tutela della salute, il diritto allo studio e sottolinea la funzione fondamentale della famiglia”. L’obiettivo è quello di bloccare il cammino già tormentato dell’Intesa fra Stato e la “Torre di Guardia” (nome legale della setta) e possibilmente ottenere la revoca del riconoscimento giuridico, concesso dal Consiglio di Stato nel 1986. Allora, accusa Pollina, “furono fornite documentazioni e uno Statuto non corrispondente alla realtà della vita dell’associazione”, in cui conta solo “ciò che viene insegnato, creduto e praticato nell’ambito della struttura”. Inoltre la lealtà richiesta dall’organizzazione sarebbe tale che qualsiasi seguace venisse a conoscenza, nell’ambito del suo lavoro, di segreti d’ufficio che potessero tornare utili all’associazione, sarebbe obbligato a violare il dovere del silenzio e a comunicarli ai fratelli.

A parte delle accuse ribatte Paolo Piccioli, esponente della setta, il quale nega che attorno agli espulsi si faccia “terra bruciata”. “Se vengono espulsi – sostiene tuttavia – è ovvio che ci sia un distacco finalizzato a non contaminare la condotta degli altri”. Quanto ai presunti contrasti fra Statuto e ideologie praticate, afferma che “uno Statuto non può essere ideologico, deve contenere lo schema societario, con strutture, organi e così via”.

Peraltro, secondo Piccioli, ogni religione non può non essere in eterno conflitto con lo Stato, come accade per la Chiesa Cattolica, “per esempio nel caso dell’obiezione fiscale”».

(da “Adista” del 13/01/1990)

 

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