Anche nel caso Trump la storia ha un senso escatologico

Anche nel caso Trump la storia ha un senso escatologico

di Francesco Bellanti

LA STORIA, MANIFESTAZIONE DI DIO

 

Nel suo profondo vidi che s’interna,

legato con amore in un volume,

ciò che per l’universo si squaderna:

sustanze e accidenti e lor costume

quasi conflati insieme, per tal modo

che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.

La forma universal di questo nodo

credo ch’i’ vidi, perché più di largo,

dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.

(Dante, Divina Commedia, canto XXXIII, vv. 85-93)

Così Dante, che alla fine del suo viaggio ultraterreno vede Dio. E vede la sua creazione, l’universo e tutte le cose create, sustanze e accidenti, come un tutto ordinato, vede nella mente divina tutto l’universo legato in un volume, vede ogni cosa legata all’altra con ordine e amore. Vede Dio che  unifica in un tutto armonico le cose create, ed è questo ricordare che gli fa accrescere la gioia. Dante ci dà sempre l’occasione di fare un discorso su Dio e sulla storia.

Ci ritorneremo. Intanto cominciamo, semplicemente, dal Catechismo cattolico. Dio governa la creazione, e dunque la storia degli uomini. Il governo di Dio si chiama Divina Provvidenza, un concetto molto più ampio di come è comunemente inteso. Dio conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato, il che vuol dire che la creazione, benché perfetta, non è interamente compiuta; cioè, pur essendo cosa buona, deve raggiungere un fine, una perfezione ultima alla quale Dio l’ha destinata.

Ne consegue che tutti gli accadimenti della storia hanno un senso escatologico, trascendente, anche se spesso gli uomini non ne afferrano compiutamente il significato.

Il movimento che Dio impone alla storia è comunque diretto verso un fine, perché per il Cristianesimo il tempo terreno non è eterno. Non citiamo i salmi e i passi delle Sacre Scritture per non farla troppo lunga nel confermare il nostro assunto.

Diciamo solo che nulla sfugge a questo piano che Dio ha sulla creazione e citiamo soltanto il profeta Isaia, “Il mio progetto resta valido, io compirò ogni mia volontà”, (Is. 46,10), a sigillare questa nostra idea come verità cristiana. Tuttavia, anche se è un mistero di fede, a cui dobbiamo assolutamente credere, noi spesso ci lasciamo deviare dalla presenza del male nella storia, che mette in dubbio la nostra fede.

San Tommaso

Qual è questo fine a cui è diretto il movimento di Dio nella creazione? Il fine è, afferma San Tommaso nella Summa Theologiae, il ritorno a Dio della sua creazione, ed è una spiegazione radicale, la più vera. In tale contesto teologico, dice ancora San Tommaso, ci sono alcuni esseri che sono da Dio diversamente governati, secondo le loro diversità,  alcuni, infatti, che “hanno la capacità naturale di muoversi da sé stessi, avendo il dominio dei propri atti”. Cioè gli angeli e gli uomini, che sono governati da Dio che opera dentro di loro e li induce al bene e li allontana dal male “con precetti e divieti, con premi e con pene”.

Ma parlavamo del problema del male. Il male è uno delle possibili conseguenze del libero arbitrio, non è una creazione di Dio, è il risultato della scelta dell’uomo di allontanarsi dal bene. Il male deriva dalla disobbedienza dell’uomo a Dio e dalla sua ribellione contro la volontà divina. Il male esiste ed entra nel mondo a causa del peccato originale, e, a causa della caduta, tutti gli esseri umani ereditano una natura peccaminosa che li inclina al male. La caduta dell’uomo è questa, e l’uomo cade nel male perché Dio ha concesso a lui il libero arbitrio, che è la capacità di scegliere tra il bene e il male. Un dono e un pericolo. Il male è il risultato della scelta dell’uomo di allontanarsi dal bene. Dio ha creato un mondo perfetto e il male è stato introdotto dall’uomo a causa della sua libera scelta. Il male è anche l’azione del Diavolo nella storia degli uomini. È ovvio che il Cristianesimo crede nell’esistenza del Diavolo, ma il Diavolo colpisce dove trova la debolezza. Dunque, se nell’analisi storica dobbiamo cercare di comprendere gli eventi in modo razionale e storicizzando i fatti storici, dobbiamo anche mettere in evidenza le zone oscure dove può allignare l’influenza demoniaca. Per esempio, nel caso dell’avvento del Nazismo in Germania, se dobbiamo cercare le cause nell’atmosfera culturale di fine Ottocento, il nazionalismo, il militarismo, la concezione del Volk, l’antisemitismo, il Trattato di Versailles, e così via, dobbiamo pure mettere in evidenza che sono le società occulte che allontanano l’uomo da Dio, perché esercitano condizionamenti nefasti nell’uomo riguardo al suo rapporto con l’Aldilà.

Sant’Agostino

La storia, afferma Sant’Agostino nel De Civitate Dei, va vista con gli occhi della fede, contrariamente alla filosofia greca che “leggeva” il mondo e la storia basandosi sulla contemplazione di ciò che esiste. Solo col Cristianesimo la storia acquista un significato, perché l’interpretazione cristiana della storia guarda al futuro come all’orizzonte temporale di un compimento ultimo. Insomma, solo nella concezione del tempo lineare e ultimo, non nel tempo ciclico, la storia assume un significato. Per Sant’Agostino, non la teoria ma solamente la fede in un Dio trascendente può dare la convinzione che la storia proceda verso un fine ultimo. Il mondo non è eterno ma è stato creato, perché il mondo in quanto tale mostra già il carattere dell’opera creata. Il fatto che il mondo sia stato creato lo rivelano la sua stessa mutabilità, il suo corso ordinato nel tempo e la bellezza di tutte le cose visibili. È solo un’illusione l’idea pagana dei cicli eterni della natura, che portava a credere che l’universo fosse eterno. Solo nel tempo lineare e ultimo possono esistere la speranza e l’amore. L’eterno ritorno è ostile alla fede cristiana ma anche alla storia. È il Dio del tempo lineare che dà senso alla storia. Il Dio che risuscita i morti, e per il quale l’unico movimento perfetto è quello che riporta il miracolo della creazione a Dio. Per questo la storia è razionale, ha un senso, nonostante accadimenti che potrebbero far pensare il contrario.

Hegel e le rivoluzioni

Anche per Hegel Dio è presente nella storia, e quella che viene chiamata Provvidenza Divina è in realtà la Ragione che governa il mondo. La storia per Hegel è manifestazione di Dio. Conoscere Dio e i segni che lui lascia nella storia è possibile,  ed è compito della filosofia. Se il Cristianesimo rivela che Dio si manifesta nella storia, la filosofia ha il dovere di comprendere e spiegare in termini razionali ciò che la religione ha manifestato al sentimento e all’intuizione. Hegel osserva, inoltre, che la dottrina della Provvidenza concorda con l’esigenza razionale di negare l’azione del caso e la presenza di fini limitati nella storia. Il Cristianesimo così si pone “più in alto delle altre religioni”. Il mondo e la storia nel Cristianesimo non sono frutto del caso, per Hegel, e lo scopo non è solo la conservazione del popolo ebreo. La storia è un prodotto della ragione eterna, ed è stata questa a determinare le sue grandi rivoluzioni.

Allora, quando accade qualcosa nel mondo che sembra opporsi alla presenza di Dio nella storia, dobbiamo capire le ragioni profonde che in realtà non negano il governo di Dio nella storia. La storia ha le sue leggi interne, i processi storici hanno una loro razionalità che spesso l’uomo non afferra subito, ed è per questo che accadono le tragedie. La storia è processo razionale verso il compimento ultimo. Per esempio, la Rivoluzione Francese è stata una necessità della storia, vogliamo dire che prima o poi doveva accadere, perché si erano create le condizioni perché essa accadesse (squilibrio di poteri, difficoltà finanziarie dovute a un sistema fiscale scorretto, dove quasi tutto pesava sul cosiddetto Terzo Stato). Questo pensiero fu anche quello di un grande diplomatico, politico scrittore, filosofo, magistrato e giurista sabaudo di lingua francese, suddito del Regno di Sardegna, tra i più noti pensatori reazionari del periodo post-rivoluzionario, autore di riferimento di molti pensatori tradizionalisti cattolici, che fu un controrivoluzionario che credeva che tutti i mali del tempo presente derivassero dalla Riforma protestante che aveva indebolito l’autorità papale sull’Europa occidentale e i Paesi cattolici, introducendo il libero esame, ossia l’interpretazione della Bibbia, senza la guida della Chiesa, base della libertà di coscienza, oltre ad aver causato le terribili guerre di religione. Stiamo parlando di Joseph Marie de Maistre (Chambéry, 1º aprile 1753 – Torino, 26 febbraio 1821). Per De Maistre, anticipando Manzoni e il Romanticismo, tutto conduce a Dio, e gli uomini non possono modificarne il Suo progetto. La storia umana è governata dalla Provvidenza, che indirizza l’umanità a una meta a lei sconosciuta. Nel contesto di questo aspetto del suo pensiero, De Maistre non può “leggere” la Rivoluzione francese come gli altri controrivoluzionari, cioè come figlia del razionalismo e il giacobinismo come esito finale delle teorie illuministiche, ma come espressione della Provvidenza che si era servita anche di Robespierre e del “Terrore” per cementificare l’anima del Paese per resistere agli attacchi esterni e per consentire di svolgere alla Francia la sua missione civilizzatrice. Insomma, il “Terrore” restituito alla storia di Francia. Pensiero razionale, originale e profondo, la Rivoluzione Francese inserita nel Cristianesimo.

Manzoni, Tolstoj, Dostoevskij

Anche un altro grande intellettuale cattolico come Manzoni inserisce il male e la violenza in modo razionale nella visione cristiana della storia. Per Manzoni, come tutti, anche gli umili, fanno parte della comunità cristiana, perché solo nella collettività dei fedeli si realizza l’individuo, che in questo modo può ripararsi dal caos della storia. È la risposta cattolica – eliminando la separazione fra l’umano e il divino – alla richiesta di rinnovamento della società che si esprime, attraverso l’amore di Dio, in termini di reale uguaglianza fra gli uomini. Una risposta potente di fronte alle ideologie materialistiche che avanzavano. La Provvidenza Divina è l’azione di Dio nella storia spesso sconosciuta, che agisce come una linfa segreta, e dà un senso – che spesso, se non illuminati dalla fede, non comprendiamo – all’agire degli uomini, anche se sempre solo alla fine del tempo si potrà trovare la risposta definitiva alle nostre azioni. Per questo motivo Manzoni ci dice che dobbiamo rifiutare la violenza per far valere le nostre ragioni, perché la violenza è sempre contro il progetto di Dio. Per Manzoni, soprattutto nella Pentecoste e nei Promessi Sposi, il vero eroismo è quello della quotidianità, delle imprese e dell’attività della Chiesa, che è la comunità delle persone. È il Dio di Renzo e Lucia, è il Dio che scende su tutti, che si fa capire da tutti. È il Dio della dimensione democratica moderna, della nuova libertà, della nuova pace, il Dio senza il quale non esiste nessuna grandezza, perché la vicenda terrena dei grandi che, come Napoleone, plasmano la storia con la loro grandezza, fallisce sempre se non è rapportata alla dimensione dell’Eterno. Il vero eroismo è quello quotidiano, è predicazione e servizio, è francescano diremmo, da parte di una comunità in cui viene abbandonato ogni conflitto di classe, calandosi ognuno dentro una dimensione in cui ritrova il vero e autentico significato della sua vita, dimensione in cui la morte non fa più paura, perché, anche nel momento di massimo fallimento terreno, giunge Dio a dare un senso alla nostra vita e a dare la vera grandezza, perché il giorno della morte è il vero dies natalis, perché risorgiamo in Cristo e con Cristo, Colui che solo dà senso al tempo e alla storia degli uomini, e – per dirla dantescamente – a tutte “le sustanze e accidenti”.

Naturalmente, un grande intellettuale come Manzoni non può veramente pensare, come i popolani Renzo, Lucia, Agnese, che la Provvidenza agisce subito su questo mondo. Non può pensare a un Dio che agisce nelle piccole faccende quotidiane. Il genio di Manzoni pensa invece alla reale presenza di Dio nella storia, che non è solo un’idea del Romanticismo, è anche il fondamento del Cristianesimo democratico. Solo nella prospettiva dell’eterno, del tempo lineare e ultimo, i buoni e i giusti saranno premiati e i malvagi puniti, perché il tempo dell’uomo non è il tempo di Dio. Il senso della vita terrena è anche nel mistero della volontà divina di far maturare nei buoni le più alte virtù e la più profonda consapevolezza. Il Dio cristiano per Manzoni è quello dei Vangeli, che la storia aveva traviato. Anche Tolstoj idealizza un mondo ispirato alla semplicità dei Vangeli, la liberazione dell’uomo dal peccato, la natura e l’infanzia scevri dal male, la liberazione dello spirito attraverso la soppressione della carne, la morte corporea. Per Tolstoj la libertà è un bene solo se mossa da un’esigenza morale. Per Dostoevskij, altro grande scrittore russo, non esiste il male assoluto, l’uomo è un mistero che sperimenta in ogni istante il paradiso e l’inferno, un mistero, il più grande, che vale la pena di indagare, perché è l’unico motivo per cui vale la pena di vivere. Per Dostoevskij solo attraverso l’amore e la compassione di Gesù si può abbracciare con uno sguardo d’amore l’uomo, e comunque si deve cercare non la purezza ma la salvezza. Ecco perché i personaggi di Dostoevskij sperimentano l’esperienza del bene e del male, anche se alla fine si scorge sempre la presenza di Dio nella storia.

Dante

Come non parlare, infine, di Dante in questo discorso su Dio e la storia? Nessun poeta come Dante ci ha mostrato la smisurata potenza e nel contempo la grazia di Dio nella storia. Come tutti i geni e i fondatori del tempo, Dante è un solitario. Dante non è solo l’origine, il fondatore della nostra civiltà – consapevole della sua grandezza egli è tutto, religione e poesia, amore, filosofia e teologia, storia, politica, egli abbraccia tutto il Creato. Come tutti i geni, non fu subito compreso nel suo tempo, egli – come disse di sé un filosofo moderno, Friedrich Nietzsche – è nato postumo. Il suo Cristianesimo è antico e moderno, perché egli si sente il profeta che, attraverso un viaggio nel tempo e nella storia di Dio, indica la via. Egli non è solo il fondatore della civiltà italiana, che nasce da una straordinaria consapevolezza culturale, letteraria, linguistica e storica, la civiltà nata dalla straordinaria eredità latina e cristiana, egli è il fondatore dell’Europa moderna, perché politicamente ritiene che un’Europa divisa, preda di fazioni e di egoismi, non sarebbe andata da nessuna parte. Ma afferma che un’Europa senza il Cristianesimo non può esistere. Dante è il profeta, come tutti i profeti è doloroso, ma bisogna entrare nel suo dolore per capire il nostro tempo. Come tutti i profeti visionari egli è eterno, e perciò è sempre attuale. Dio governa la storia, e, se la società va verso lo sfacelo, è perché l’uomo ha dimenticato la via che Dio ha impresso alla storia. Lo hanno dimenticato anche tanti papi, tanti religiosi, ed è per questo che lui ne condanna tanti all’inferno. La storia senza il Cristianesimo è priva di senso, ed è per questo motivo che anche il potere temporale, il Sacro Romano Impero, pur nella sua indipendenza, nella sua autonomia, deve rendere omaggio filiale al papa e non andare in contrasto con il suo magistero. È un’idea ancora attuale.

Perché Dante è il genio solitario che s’innalza su tutto il reale e tutto lo comprende e lo dispiega, lo abbraccia in tutti i suoi aspetti, il bene e il male, il destino della vita e della morte, la presenza e il passaggio dell’uomo sulla Terra. Dante è l’amore che si consuma nel divino, e in questo percorso egli non è clericale ma semplicemente cristiano, egli edifica il tempo della salvezza. Solo quest’amore che si consuma nel divino conduce alla verità e quindi a un itinerario di salvezza. La Divina Commedia, la più sterminata di tutte le opere, è tutto – poesia, profezia, teologia, narrazione, storia. Dante è tutto. È il poeta, la guida, il saggio, il profeta, il mistico, l’eterno errante, il pellegrino sempre in cammino, il riformatore religioso e civile, l’Angelo dell’Apocalisse. Egli è l’unico uomo che attraverso la ragione (Virgilio), la teologia e l’amore (Beatrice), il misticismo (San Bernardo), la grazia di Dio (la Madre di Cristo), vede Dio, l’armonia e l’ordine di tutto il Creato. L’essenza del Cristianesimo è tutta qui. In Dante trovano pace il tempo e lo spazio, l’inferno e il paradiso, l’eterno e la storia, Dio. Nessun poeta ebbe mai la superbia e l’orgoglio di Dante, nessun poeta ebbe mai una così smisurata vastità e ricchezza di pensiero e d’immaginazione, nessuna personalità sovrasta come quella di Dante, poeta medievale e moderno, italiano ed europeo. Nessun poeta – antico o moderno – ha avuto una personalità così vasta e formidabile come quella di Dante: egli non lascia posto a nessun altro, egli occupa tutto lo spazio, egli occupa tutta la scena. Egli ha capito dove si offre la manifestazione di Dio nella storia, lui, il viaggiatore folle verso la purezza, il poeta e il profeta chiamato dall’alto per salvare l’umanità, lui, l’eterno viandante dell’Aldilà.

Il male secondo Hölderlin, Rilke, Heidegger

Ci chiediamo adesso dove sia il male oggi, dove agisca nefasta l’opera del Demonio. Il male è tutto ciò che va contro l’ordine della creazione che deve tornare a Dio, è ancora a San Tommaso. È la confusione dei ruoli uomo-donna, la società senza valori, senza giustizia sociale, la povertà materiale, la tecnica che sta sfuggendo al controllo dell’uomo. In questi territori oscuri opera il Demonio. Il poeta Rainer Maria Rilke, muovendosi sulla scia di Hölderlin, lungo il suo cammino storico-ontologico, e di Nietzsche, che rappresenta il compimento della metafisica occidentale, afferma che il pericolo sorge in un luogo in cui l’uomo si pone fuori dalla natura e dall’ordine creati da Dio. La tecnica è il pericolo. La tecnica che esorbita dalla sfera della cultura e della civiltà. Questa tecnica allontana l’uomo da Dio. Rilke ha intuito che è l’essenza stessa della vita a esser sottomessa alla produzione tecnica, e scriveva un secolo fa. Il predominio essenziale della tecnica in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, anche i più minuti, non solo nell’organizzazione dell’opinione pubblica mondiale e delle convinzioni quotidiane degli uomini. Per il grande filosofo Martin Heidegger, l’umanità dell’uomo si è dissolta. Il pericolo è la produzione incondizionata, l’uomo che si pone contro la natura. Ciò che minaccia l’uomo di morte è l’incondizionatezza del puro volere, imposta in modo globale. Ciò che minaccia l’uomo nella sua essenza è l’ingannevole convinzione che, attraverso la produzione assoluta, la trasformazione, l’accumulazione e il governo delle energie naturali, l’uomo – senza pericolo alcuno – possa rendere agevole a tutti e in genere felice la condizione umana. La convinzione che la produzione tecnica metterà in ordine il mondo. Il giorno della tecnica è il giorno della notte del mondo, sostiene Heidegger, perché la stessa tecnica impedisce, prima di ogni altra cosa, la comprensione della propria essenza, perché sviluppa sempre più in seno alle scienze un genere di sapere che è del tutto inidoneo alla comprensione della sua stessa essenza, e ancor di più a risalire all’origine di questa essenza. Chi ci salverà? Ci salverà chi giunge più rapidamente nell’abisso e lo supera. E questo può farlo solo Dio. Ma ricordiamo sempre che Dio è ordine, ragione, amore. Dio che governa la storia.

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