Niente di buono dalla 50° Settimana sociale
di Pietro Licciardi
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DA MONS. CREPALDI E DALL’OSSERVATORIO CARDINALE VAN THUAN FORTI PERPLESSITA’ SULLO SVOLGIMENTO DELL’EVENTO DI TRIESTE
Dal 3 ll 7 luglio a Trieste si svolgerà la 50° Settimana sociale dei cattolici italiani, sul tema: “Al cuore della democrazia”, un appuntamento che non promette bene e sul quale l’osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa e il vescovo emerito di Trieste Giampaolo Crepaldi si sono espressi criticamente.
Un motivo di preoccupazione riguarda la scelta dei relatori e coordinatori, per la maggior parte provenienti da una sola parte politica, il Partito Democratico, nonostante abbia ampiamente dimostrato di essere in totale contrasto con i valori della Dottrina sociale della Chiesa e nonostante oggi le autorità ecclesiastiche sostengano che si può e si deve collaborare con tutti. Un “tutti” di cui a Trieste non ci sarà traccia.
Ma soprattutto, come emerge chiaramente dai documenti preparatori dalla Settimana emergerà una piena legittimazione della democrazia liberale alla quale i cattolici saranno chiamati a partecipare comunque, indicando nella partecipazione il “cuore” della democrazia. Il che, è facile capire, non ha molto a che fare con la Dottrina sociale della Chiesa.
Come fanno notare Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio, e lo stesso vescovo Crepaldi sembra che per una certa Chesa la democrazia sia diventata il fine principale dell’impegno cattolico nella società e il bene maggiore da difendere. Per il vescovo emerito addirittura «Si può dire che quello della validità indiscussa della democrazia sia un nuovo dogma». Ma la partecipazione alla vita democratica, come anche qui è facile comprendere, non può essere più importante dei contenuti che, attraverso tale partecipazione, vengono approvati e deliberati.
Sempre per il Crepaldi «Capita anche che, per non rendere troppo difficoltosa la partecipazione democratica, si eviti di indicare i “principi non negoziabili” che la renderebbero vera e buona ma che porrebbero degli ostacoli alla collaborazione». Infatti, nota Stefano Fontana, «se la partecipazione è il cuore della democrazia, i valori emergeranno dalla partecipazione e non il contrario. Questo richiede però che i cattolici si diano da fare insieme a tutti gli altri, ma senza indicare criteri e finalità previe alla partecipazione stessa che verrebbero intesi come “dogane dottrinali” e steccati che impediscono l’integrazione di tutti nella partecipazione democratica. Ci si attiene così alla democrazia “procedurale” secondo la quale il metodo fa il contenuto e la forma diventa sostanza. La democrazia verrebbe prima di qualsiasi valutazione della democrazia».
E così va a farsi benedire il Magistero di san Giovanni Paolo II il quale aveva messo in guardia sugli aspetti totalitari della democrazia liberale moderna ed attuale. Nessuno dirà che la democrazia moderna dimostra di pensare se stessa come un metodo che coincide con il contenuto, un mezzo che coincide con il fine. Ovvero Basta che una legge o una politica siano frutto di consenso democratico perché siano da considerarsi valide. Come l’aborto o altrove l’eutanasia.
Nella fase preparatoria, scrive ancora Stefano Fontana in un articolo pubblicato dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân, e si suppone anche nel corso dei lavori della Settimana sociale, si è partiti dalla partecipazione in atto, ossia dalle cosiddette “buone pratiche” e da esse si è cercato di far emergere i valori condivisi. «Ma come è possibile valutare “buone” certe pratiche ed escluderne altre come “cattive” senza partire da principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d’azione previ a quell’esame?».
Purtroppo le Settimane sociali, dopo un lungo periodo di abbandono, sono state riprese non secondo le originarie intenzioni per l’evangelizzazione del sociale ma, come abbiamo visto a Cagliari nel 2007 o a Taranto nel 2021, si è preferito diluire i riferimenti dottrinali, ammorbidire le visioni propriamente cattoliche, aprire a tante altre collaborazioni laiche, assumere punti di vista estranei alla tradizione della Dottrina sociale della Chiesa, fino ad assumere in proprio istanze sociali talvolta ideologiche fino ad adattarsi a collaborare – emblematico il tema ambientale – ad obiettivi preconfezionati da un’opinione pubblica oggetto di una educazione ideologica di massa.
Insomma, certa Chiesa anziché convertire è stata convertita.