L’uomo è sempre in ricerca perché perennemente insoddisfatto

L’uomo è sempre in ricerca perché perennemente insoddisfatto

di Alessandro Franchi

RIPARTIAMO DALLE GRANDI DOMANDE DI SENSO CHE CI FANNO UOMINI 

“La fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata, esista una vera analogia.” 

Le parole di Benedetto XVI ci incoraggiano a cercare la Verità, nella consapevolezza che la nostra ricerca avrà un esito felice perché siamo realmente “imago Dei”, fatti cioè A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA e Dio non è rimasto lontano e inaccessibile, rinchiuso nel suo Cielo. 

Per quanto piccoli e limitati, c’è in noi un MICROCOSMO capace di pensare, amare, indagare, ragionare ed elevarsi oltre i limiti naturali.

L’uomo produce STORIA e CULTURA perché la natura non risponde alle sue profonde necessità.

Dietro l’idea stessa del progresso si nasconde in realtà una perenne insoddisfazione per le risposte che troviamo in natura.

Gli animali sono compiuti, sono esseri naturali. Siamo noi che difettiamo sempre di un pezzo. Dio non è un problema naturale, così come la filosofia, l’arte, la bellezza, l’amore non sono naturali. Sono soprannaturali. Esulano dalle funzionalità biologiche e dai meccanismi materiali. 

Gli ultimi due secoli hanno visto un’impennata drastica del progresso umano. La storia mostra come l’uomo sia sempre in ricerca perché perennemente insoddisfatto. C’è un disagio che ci affligge, una “ferita ontologica” che non si rimargina. Senza disagio non ci sarebbe la storia, il progresso, la cultura. E’ la perenne ricerca di una completezza irraggiungibile che ci ha mosso fino ad oggi, e sempre ci muoverà. Se fossimo esseri perfettamente naturali, la natura ci basterebbe, l’istinto ci basterebbe. Invece no. La natura non ci basta. E’ sorda, cieca, muta, non madre ma MATRIGNA, come la definì Leopardi. 

La semplice presenza di queste domande eterne, abissali, metafisiche (orientate cioè OLTRE il mondo fisico), ci rende creature SQUILIBRATE: è lo SQUILIBRIO TRA FINITO E INFINITO, presente in ogni uomo, la quint’essenza della domanda religiosa. L’uomo è portatore di una domanda generata da una mancanza. Una domanda infinita che non si appaga col finito. Per questo gli animali sono completi e felici, e noi no. E’ in questo squilibrio fatto di domande inesauribili, in questa insoddisfazione inappagabile che dobbiamo guardare per trovare Dio, secondo Sant’Agostino di Ippona. Non sappiamo cosa ci compie, cosa ci realizza, finché non lo troviamo e non avviene l’Incontro degli incontri, quello Assoluto, che cambia per sempre la vita e il destino, come fu per il Santo di Ippona: 

Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo.  Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai, e anelo verso di te, gustai, e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace (Sant’Agostino, in “Le Confessioni”).

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