Due neuroscienziati mettono in guardia dalla Cannabis: “ditelo ai vostri figli”
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NON SI ESCE DALLE DROGHE LEGALIZZANDOLE, PAROLA DEL GIUDICE ANTIMAFIA PAOLO BORSELLINO
Oggi, 26 giugno 2024 è la Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 42/112 del 7 dicembre 1987.
Considerando le varie iniziative di parlamentari della Sinistrae dei Radicali, che si stanno battendo per la legalizzazione della Cannabis, abbiamo raccolto sul web le opinioni in merito alla questione droghe di due neuroscienziati.
Si tratta del professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo, già Direttore del Dipartimento di Neuroscienza, Primario dell’U. O. Neurochirurgia dell’Ospedale Poliambulanza di Brescia e del professor Giovanni Serpelloni, già capo Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri (2008-2014) e direttore del Sistema Nazionale di Allerta sulle Droghe, che collabora con centri di ricerca americani ed è impegnato a mettere in guarda i giovani e i genitori sulla pericolosità della Cannabis, per far conoscere a tutti questa nuova forma di business “sulla pelle dei nostri figli”.
“Va detto a chiare lettere che in ambito scientifico tossicologico non esiste la distinzione fra droghe ‘leggere’ e droghe ‘pesanti’. Tue le droghe usate a scopo ‘ricreativo’ sono sostanze nocive, tossiche ed il loro uso deve essere contrastato sia sul piano informativo/culturale, sia su quello della repressione ad opera delle forze dell’ordine”, ha spiegato tempo fa ad In Terris il prof. Gandolfini, secondo il quale il governo dovrebbe “contrastare fermamente l’utilizzo di ogni tipo di droga, senza eccezioni. In senso pericolosamente contrario va – purtroppo – la proposta di legge per la commercializzazione libera della cosiddetta cannabis light. La cannabis – è bene ribadirlo – è una sostanza tossica ‘nootropa’ cioè che agisce sul sistema nervoso centrale, danneggiandolo anche molto gravemente. Non solo: essa apre la porta ai meccanismi di ‘dipendenza’ che spingono il consumatore ad un utilizzo sempre maggiore, portandolo anche a ricercare droghe ancora più tossiche, come cocaina, eroina, ketamina e altre droghe ‘sintetiche’.
Sentiamo spesso dare come giustificazione alla liberalizzazione della cannabis l’argomento del contrasto al mercato nero illegale. Girano affermazioni del tipo che la commercializzazione sotto il controllo dello Stato (monopolio statale) cesserebbe il controllo criminale delle mafie. Mi permetto di dire che è una ‘pia illusione’ e questa affermazione è dimostrata dai fai: in tutti i Paesi al mondo in cui la cannabis è stata legalizzata le conseguenze sono state: 1. Aumento del consumo, sia ‘legale’ che illegale; 2. Il mercato criminale è ricorso a due tipi di contromisure: ha abbassato il prezzo ed ha aumentato la concentrazione del prodotto, rendendolo, quindi, più appetibile; 3. E’ aumentato il numero di effetti negativi legati all’utilizzo: incidenti stradali, accessi al Pronto Soccorso, abuso di alcoolici, viraggio verso altre droghe”.
Secondo il prof. Gandolfini “tutte le droghe sono tossiche per il nostro organismo. Certamente, vengono utilizzate in ambito medico terapeutico, ma con rigorose linee guida e protocolli specifici, neppure lontanamente paragonabili all’uso cosiddetto ricreativo. Sul piano clinico e neurobiologico le sostanze d’abuso strutturano una sindrome clinica denominata ‘dipendenza’. Esistono varie forme di dipendenza: da droghe, da farmaci, da pornografia e sesso online, da shopping compulsivo, da gioco d’azzardo. Tutte agiscono sui centri nervosi cerebrali che controllano il meccanismo della ‘gratificazione’ (sistema dopaminergico e sistema endorfinico), il quale obbliga il soggetto a ricercare stimoli sempre più appetibili e ‘gratificanti’, strutturando la dipendenza. In più, le sostanze chimiche come le droghe agiscono sui sistemi di controllo della condotta personale e sociale (lobi frontali) provocando un impoverimento delle capacità cognitive ed aprendo la strada a comportamenti incongrui, asociali, anche violenti e pericolosi, nella compulsiva ricerca della sostanza d’abuso, fino all’autolesionismo e alla violenza verso altri. Sempre sul piano strettamente clinico possono insorgere disturbi della personalità, psicosi paranoidi ed allucinatorie, sindromi dissociative farmaco-resistenti”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è il professor Serpelloni. “La ricerca scientifica ed in particolare quella nel campo delle neuroscienze ha ampiamente dimostrato che l’uso di cannabis può produrre gravi effetti neurotossici particolarmente importanti nello sviluppo del cervello degli adolescenti. In quell’età infatti il cervello è ancora in evoluzione e quindi particolarmente sensibile. Gli effetti documentati sono la compromissione della memoria, delle capacità attentive e quindi dell’apprendimento oltre che della motivazione e della capacità di affrontare e risolvere i problemi. Anche il controllo del comportamento e degli impulsi è compromesso per l’azione inibitoria sulla corteccia prefrontale (controllo dell’aggressività) di questa droga. La cannabis inoltre agendo sul cervelletto crea una importante alterazione del coordinamento motorio e della capacità di guidare sicuramente documentate anche dai molti incidenti mortali di chi ha guidato dopo aver fumato. È dimostrato che l’assumere cannabis in giovane età (sotto i 18 anni) fa diminuire il quoziente intellettivo degli assuntori di ben 8 punti dopo 30 anni”, ha dichiarato tempo fa a Il Giornale il neuroscienziato.
Per il professor Serpelloni le persone che usano cannabis “hanno maggior probabilità di sviluppare schizofrenia e altre patologie psichiatriche oltre che crisi di panico. Esse sono più inclini a sviluppare depressione. Ultimamente la risonanza magnetica ha dimostrato che i fumatori cronici di cannabis hanno alterazioni cerebrali importanti che compromettono la normale struttura e funzione. Da una nuova ricerca internazionale lesioni della struttura sono state riscontrate anche con pochi spinelli. Da un punto di vista comportamentale spesso ce un difficile controllo degli impulsi di violenza ed aggressività. Anche malattie quali bronchiti croniche e cardiopatie ischemiche sono aumentate nei consumatori. Tutti questi effetti sono correlati al delta 9Thc e più è alta la concentrazione e più i sintomi sono forti e duraturi”.
La cannabis di oggi, infatti, è diversa da quella dei figli dei fiori del ’68. “La cannabis odierna è molto potenziata e può raggiungere alte percentuali di principio attivo, fino al 38% (la pianta in natura ha il 4%). Il pericolo nella cannabis light non è chiaramente la percentuale di Thc che è bassissima ma il fatto che le persone che la usano, soprattutto i minori, apprendono comportamenti e atteggiamenti verso le droghe sicuramente pericolosi in termini preventivi ed evolutivi. Però anche se la percentuale è bassa il Thc si può accumulare e dare comunque effetti tossici nel lungo termine. Prova ne sia che questi soggetti se testati (come per esempio fa la polizia stradale con i guidatori) risultano positivi al drugtest con tutte le conseguenze del caso (ritiro della patente, confisca dell’auto e differimento all’autorita giudiziaria con denuncia)”.
Certamente non si esce dalle droghe legalizzandole. Scriveva il giudice antimafia Paolo Borsellino: ‘Qualcuno ha sostenuto: se noi eliminiamo il traffico clandestino e legalizziamo il consumo di droga abbiamo contemporaneamente levato dalle mani della mafia la possibilità di fare tutti questi guadagni illeciti ed essere così potente. Tuttavia forse non si riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino, perché non riesco ad immaginare una forma di legalizzazione che consenta al minore di entrare in farmacia e andarsi a comprare la dose di eroina… E’ chiaro quindi che ci sarebbe questa fascia di minori che sarebbe immediatamente investita dal residuo traffico clandestino, che diventerebbe estremamente più pericoloso, perché diretto a coloro che per ragioni di età non possono entrare nel mercato ufficiale, quindi alle categorie più deboli e più da proteggere. E verrebbe ad alimentare inoltre le droghe più micidiali, cioè quelle che non potrebbero essere vendute in farmacia non fosse altro perché i farmacisti a buon diritto si rifiuterebbero di vendere. Conseguentemente mi sembra che sia da dilettanti di criminologia pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino e si leverebbero così le unghie all’artiglio della mafia”.