Conosciamo  San Giuseppe Cafasso

di Mariella Lentini*

TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI (Santa Agrippina, San Bili (Bilio) di Vannes, Sant’Eteldreda di Ely, San Felice di Sutri, Beata Francesca Martel, San Lanfranco Beccari, San Liberto di Cambrai, Beato Lupo de Paredes, Beata Maria di Oignies, Beata Maria Raffaella (Santina) Cimatti, San Martino des Ormeaux di Saint-Paul-Trois-Châteaux, Santi Martiri di Nicomedia, Beato Pietro Giacomo da Pesaro, Festa dei Santi di Vladimir, San Tommaso Garnet, San Valero, Santi Zenone e Zena)

Chi l’avrebbe detto che quel ragazzino smilzo, pallido e con la colonna vertebrale ricurva sarebbe diventato santo?! Giuseppe Cafasso, nato nel 1811 in Piemonte, a Castelnuovo Don Bosco (Asti), a scuola veniva deriso dai compagni per il suo parlare con un filo di voce e la sua goffaggine, a causa del suo modo di camminare ricurvo.

Figlio di poveri contadini molto religiosi, Giuseppe ama Gesù. Il ragazzo vuole dedicare la sua vita al servizio del prossimo e aspira a diventare prete. Entra in seminario a Chieri (Torino) dimostrando grandi capacità come educatore. È piccolo di statura, il suo fisico è gracilissimo e la sua salute malferma, eppure riesce a compiere gesti straordinari. Ordinato sacerdote già a ventidue anni, viene nominato rettore del convitto ecclesiastico di Torino, laddove era entrato come semplice allievo. Come docente di teologia riesce a formare non solo sacerdoti, ma anche futuri vescovi e cardinali, insegnando loro a divulgare la fede dimostrandosi sereni e comprensivi con i dubbiosi. Da lui, per avere consiglio, si rivolgono futuri santi e beati come San Giovanni Bosco, la Venerabile Giulia Falletti di Barolo e il Beato Francesco Faà di Bruno.

Chi si confessa da Don Giuseppe Cafasso spesso si converte e cambia vita. Il sacerdote è determinante per l’importante opera compiuta dal suo coetaneo e concittadino Giovanni Bosco, a favore dei giovani sbandati di Torino. Don Bosco intende partire missionario in paesi lontani e chiede a Don Cafasso di indirizzarlo verso la sua vera missione. «La tua missione è qui, a Torino, in mezzo ai ragazzi abbandonati e analfabeti. A loro devi pensare, al loro futuro», questa è la risposta che riceve Giovanni Bosco.

Giuseppe Cafasso viene ricordato per le sue visite ai malati e, soprattutto, per il suo impegno all’interno delle carceri torinesi che, a quell’epoca, versavano in condizioni disumane. Egli entra nelle galere e con la sua dolcezza, le sue parole di conforto e il suo affetto porta sollievo ai detenuti, molti dei quali si riconciliano con il Signore e si pentono degli errori commessi. Il suo sostegno si estende anche ai familiari dei carcerati e ai reclusi che vengono dimessi e proiettati in una realtà ostile. Giuseppe Cafasso muore nel 1860 a Torino. Nel 1947 viene dichiarato santo e proclamato patrono di carceri e detenuti.

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