Ecco come un ragazzo collerico diventò San Francesco di Sales
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CUORE DI GESÙ, VITTIMA DEI PECCATORI, ABBIATE PIETÀ DI NOI!
Il mese di giugno, come è noto, è tradizionalmente dedicato alla devozione al Sacro Cuore di Gesù Cristo Nostro Signore. Questa pratica è antica quanto la Chiesa che, come ben sappiamo, è “nata dal Cuore trafitto del Redentore”, come ha spiegato Pio XII nella Haurietis aquas, n. 39.
Per tutto il mese di giugno Informazione Cattolica vi offre una riflessione quotidiana sul Sacro Cuore scritta da Don Giuseppe Tomaselli.
Don Giuseppe Tomaselli, nato a Biancavilla (Catania) il 26 gennaio del 1902 e morto a Messina nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1989, entrò nel 1916 nella Congregazione Salesiana, venne ordinato sacerdote nel 1926 e, lungo il suo ministero, durato quasi 63 anni, fu parroco, insegnante, cappellano presso comunità religiose, esorcista, taumaturgo ed apostolo della buona stampa cattolica. Proprio in quest’ultima veste diffuse ben 10 milioni di copie dei suoi 120 libri, testi che ancora sono molto richiesti e letti.
Le pagine che vi offriremo ogni giorno sono tratte dal libro Don Giuseppe Tomaselli, Il Sacro Cuore di Gesù (1959), di proprietà dell’Istituto Teologico “San Tommaso“, Via del Pozzo, 43 – 98121 Messina, al quale il libro può essere chiesto, oppure scrivendo alla mail: dongiuseppetomaselli@gmail.com.
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20° GIORNO – 20 Giugno
Pater noster.
Invocazione. – Cuore di Gesù, Vittima dei peccatori, abbiate pietà di noi!
Intenzione. – Riparare gli omicidi, i ferimenti e le risse.
MANSUETUDINE DI GESÙ
Gesù è il Maestro Divino; noi siamo i suoi discepoli ed abbiamo il dovere di ascoltare i suoi insegnamenti e di metterli in pratica. Consideriamo alcune lezioni particolari, che il Sacro Cuore ci impartisce.
La Chiesa rivolge a Gesù questa invocazione: Cuore di Gesù, mite ed umile di Cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo! – Con tale preghiera ci presenta il Sacro Cuore, come modello di mansuetudine e d’umiltà e ci esorta a domandargli queste due virtù.
Dice Gesù: Prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me, che sono mite ed umile di Cuore, e troverete il riposo alle anime vostre, perché il mio giogo è soave ed il mio peso è leggero. (S. Matteo, XI-29). Quanta pazienza, mansuetudine e dolcezza manifestò Gesù nella sua vita! Da Bambino, cercato a morte da Erode, fuggì lontano, in braccio alla Vergine Madre. Nella vita pubblica fu perseguitato dai perfidi Giudei e offeso con i titoli più umilianti, quale « bestemmiatore » ed « indemoniato ». Nella Passione, accusato falsamente, taceva, tanto che Pilato con meraviglia disse: Vedi di quante cose ti accusano! Perché non rispondi? (S. Marco, XV-4). Condannato a morte innocentemente, si avviò al Calvario, con la Croce sulle spalle, come un mansueto agnello che va al macello.
Oggi Gesù ci dice: Imitatemi, se volete essere miei devoti!
Nessuno può imitare perfettamente il Maestro Divino, ma tutti dobbiamo sforzarci di ricopiare in noi la sua immagine come meglio ci è possibile.
Sant’Agostino osserva: Quando Gesù dice. Imparate da me! – non intende che impariamo da Lui a creare il mondo ed a fare miracoli, bensì ad imitarlo nella virtù. Se vogliamo trascorrere serenamente la vita, non amareggiarci più del bisogno, stare in pace nella famiglia, vivere pacificamente col nostro prossimo, coltiviamo la virtù della pazienza e della mansuetudine. Tra le beatitudini annunziate da Gesù sulla montagna, c’è questa: Beati i mansueti, perché erediteranno la terra! – (S. Matteo, V-5). Ed invero, chi è paziente e dolce, chi è delicato nei modi, chi tutto sopporta con calma, diviene padrone dei cuori; al contrario, il carattere nervoso ed impaziente aliena gli animi, si rende pesante e viene disprezzato. La pazienza ci è tanto necessaria e bisogna esercitarla prima di tutto con noi stessi. Quando si avvertono nel nostro animo i moti dell’ira, freniamo subito la commozione e conserviamo il dominio di noi stessi. Questa padronanza si acquista con l’esercizio e con la preghiera.
È anche vera pazienza con noi stessi il sopportare il nostro carattere ed i nostri difetti. Quando commettiamo uno sbaglio, senza arrabbiarci, ma diciamo con calma: Pazienza! – Se cadiamo in un difetto, anche dopo aver promesso di non, ricadervi, non perdiamo la pace; facciamoci coraggio e promettiamo di non cadervi in seguito. Fanno tanto male coloro che perdono le staffe e poi si arrabbiano perché si sono arrabbiati e s’indispettiscono con se stessi.
Pazienza con gli altri! Coloro, coi quali abbiamo da trattare, sono come noi, pieni di difetti e, come vogliamo essere compatiti noi negli sbagli e nelle mancanze, così dobbiamo compatire gli altri. Rispettiamo i gusti e le vedute altrui, finché non sono evidentemente male.
Pazienza in famiglia, più che altrove, specialmente con i vecchi e gli ammalati. Si raccomanda:
1. – Nei primi assalti dell’impazienza frenare in modo particolare la lingua, affinché non si pronunzino ingiurie, imprecazioni o parole poco decenti.
2. – Nelle discussioni non pretendere di avere sempre ragione; sapere cedere, quando lo richiede la prudenza e la carità.
3. – Nei contrasti non accalorarsi troppo, ma parlare «piano» e con calma. Un forte contrasto o diverbio si può vincere con una risposta mite; donde il proverbio: «La risposta dolce spezza l’ira!».
Quanto bisogno c’è di mansuetudine nella famiglia e nella società! A chi ricorrere per averla? Al Sacro Cuore! Diceva Gesù a Suor Maria della Trinità: Ripetimi spesso questa preghiera: Rendi, Gesù, il mio cuore mite ed umile come il tuo!
Trasformazione
Una nobile famiglia era allietata da una corona di figliuoli, d’indole più o meno differente. Chi faceva esercitare spesso la pazienza alla mamma era Francesco, ragazzo di buon cuore, intelligente, ma collerico ed ostinato nei suoi pensieri. Questi si accorse che nella vita si sarebbe trovato male, lasciando senza freno i suoi nervi, e propose di correggersi assolutamente; con l’aiuto di Dio riuscì.
Studiò a Parigi e nell’Università di Padova, dando ai compagni di studio esempi di pazienza e di grande dolcezza. Si offrì a Dio e fu ordinato Sacerdote e consacrato Vescovo. Iddio permise che esercitasse l’ufficio di Pastore delle anime nella difficile regione del Chiablese, in Francia, ov’erano i protestanti più sfegatati.
Quanti insulti, persecuzioni e calunnie! Francesco rispondeva col sorriso e con la benedizione. Da giovanetto aveva proposto di rendersi sempre più dolce e mansueto, contraddicendo all’indole collerica, alla quale per natura si sentiva inclinato; nel suo campo di apostolato le occasioni di esercitare la pazienza, anche eroica, erano frequenti; ma seppe dominarsi, sino a destare le meraviglie degli avversari.
Un avvocato, spinto da Satana, nutriva un odio implacabile contro il Vescovo e glielo esternava in privato ed in pubblico. Il Vescovo un giorno, incontrandolo, gli si avvicinò amichevolmente; prendendolo per mano gli disse: Io vi voglio bene; voi volete farmi del male; ma sappiate che anche quando voi mi strappaste un occhio, io seguiterei a guardarvi amorevolmente con l’altro.
L’avvocato non ritornò a migliori sentimenti e, non potendo sfogare la collera contro il Vescovo, ferì di spada il suo Vicario Generale. Fu messo in prigione. Francesco andò a visitare il suo acerrimo nemico nella prigione, l’abbracciò e tanto brigò finché lo fece mettere in libertà. Con tale eccesso di bontà e di pazienza, tutti i protestanti del Chiablese si convertirono, in numero di settanta mila.
San Vincenzo De’ Paoli una volta esclamò: Ma se Monsignor di Sales è tanto dolce, come doveva essere dolce Gesù!?…
Francesco, il ragazzo collerico di un tempo, oggi è Santo, il Santo della dolcezza, San Francesco di Sales. Ricordiamoci che chi vuole, può correggere il suo carattere, anche se molto nervoso.
Fioretto. Nelle contrarietà frenare i moti della collera.
Giaculatoria. Rendi, Gesù, il mio cuore mite ed umile come il tuo!