Il gesuita Jacques Berthieu, martire dell’ecumenismo (quello vero)
–
L’ECUMENISMO CATTOLICO E’ IL TENTATIVO DI CONVERTIRE GLI INFEDELI A GESU’ ATTRAVERSO L’OPERA MISSIONARIA
Quella di Jacques Berthieu S.J. (1838 – 1896), è proprio la vita di un martire dell’ autentico ecumenismo cattolico, che è il tentativo di convertire gli infedeli a Gesù attraverso l’opera missionaria del proselitismo.
Oltre ai martiri del dialogo con i protestanti, con gli ortodossi, con i “buoni selvaggi”, con i “poveri pellirosse” e con i “pacifici indù”, oggi è la volta di un Martire dell’ecumenismo con le religioni africane.
Questi missionari sono stati dei veri eroi, Uomini con la “u” maiuscola. La speranza è che conoscendoli, i pastori di anime della nostra povera Italia, ritrovino coraggio e ardimento nella missione principale della Chiesa, che è evangelizzare il mondo.
Certo, quel “Domini verbum tenuit donec suam traderet vitam, potius quam a fide descisceret” vale anche per noi laici. Vi è tuttavia un ulteriore aspetto che ha spinto i volontari di totustuus.it a diffonderne la conoscenza.
Senza il cattolicesimo, non si può parlare di civiltà, ma soltanto di barbarie. Anche noi europei siamo perseguitati, perché viviamo sotto il totalitarismo di una democrazia senza principi assoluti e oggettivi che derivano da Cristo e dal Suo Corpo Mistico.
Nel 1873, da gesuita, andò a Pau (Francia) e nel 1875 missionario in Madagascar, presso l’isola di Santa Maria, abitata dai Betsimisaraka, dove rimase sei anni. Da qui dovette partire a causa degli editti francesi e si recò presso la missione di Ambohimandroso, presso i Betsileo (gruppo etnico diffuso nella parte meridionale degli altopiani centrali del Madagascar. Il nome “Betsileo” significa “invincibili”). A causa della guerra si spostò anche da qui e andò prima ad Ambositra e, nel 1891, ad Andrainarivo, ultima tappa della sua missione.
Il padre non abbandonò mai i suoi cristiani. Rimase con loro per condividerne i disagi e soprattutto per rincuorarli, proteggerli e confermarli nella fede. I villaggi vennero frattanto incendiati e distrutti. Continuò a operare per la maggior gloria di Dio. Diceva: «sera e mattino insegno il catechismo, e il resto del tempo lo dedico a ricevere gente, oppure a visitare tutti quelli del vicariato, amici e nemici, per guadagnarli tutti a nostro Signore».
Nelle sue catechesi in terra malgascia, richiamando un insegnamento di Gesù, aveva detto spesso: «Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima». Grande insegnamento, sempre attuale.
Le bande catturarono p. Berthieu, lo spogliarono e videro il crocifisso che portava al collo. Uno dei capi dei Fahavalo, glielo strappò violentemente gridando: «Ecco il tuo amuleto! È di questo che ti servi per traviare la gente». Poi gli domandò: «Dimmi, continuerai ancora a pregare e a far pregare la gente, sì o no?». «Certo che pregherò ancora, fino alla morte», fu la sua risposta. Prima di fucilarlo, uno dei capi gli si avvicinò e disse: «Rinuncia alla tua stupida religione; non ingannare più la gente; noi ti prenderemo per fare di te un nostro capo e consigliere, e non ti uccideremo». «Io non posso assolutamente acconsentire a ciò, figlio mio; preferisco morire». Allora il capitano gli si avvicinò e gli scaricò un colpo alla nuca che lo uccise. Era l’8 giugno 1896.