Conosciamo il Beato Nicola da Gesturi (Giovanni Medda)
di Mariella Lentini*
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TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI (Beato Armando da Zierikzee, San Clodolfo (Clodulfo) di Metz, San Dolcelino, Sant’Eutropio di Valencia, San Fortunato di Fano, San Germano di Pola, San Giacomo Berthieu, San Gildardo di Rouen, Beato Giorgio Porta, Beato Giovanni Davy, San Guglielmo Fitzherbert, Santa Luaithrenn, Beata Maddalena della Concezione, Beata Maria del Divin Cuore di Gesù (Maria Droste Zu Vischering), Santa Maria Teresa Chiramel Mankidiyan, San Massimino di Aix, San Medardo, San Pietro de Amer, Beato Stefano Sandor, San Vittorino) RICORDIAMO UN BEATO SARDO
Lo chiamano “frate silenzio” perché sta sempre zitto, ma il suo silenzio parla più di mille parole. Ubbidiente, umile, amico dei poveri, parla del Signore con l’esempio delle sue opere. Giovanni Angelo Salvatore Medda nasce in una famiglia di umili contadini in Sardegna, a Gesturi (Cagliari), nel 1882. Rimasto orfano, a tredici anni viene accolto dal ricco suocero della sorella Rita. Fa il servo e in cambio ottiene cibo e ricovero. Alla morte del padrone, Giovanni si trasferisce dal cognato, anche qui lavora i campi e viene pagato con vitto e alloggio. Giovanni non vuole denaro e rinuncia alla sua parte di eredità. A lui basta l’essenziale per sopravvivere e quando può si reca in chiesa a pregare.
Gravemente malato si salva e promette alla Madonna di digiunare il sabato per tutta la vita. Promessa che Giovanni mantiene. A ventinove anni entra in convento, a Cagliari, indossa l’abito francescano e si fa chiamare Fra Nicola. Trascorre quasi tutta la sua vita a Cagliari. Tutti i giorni, con la pioggia o con il sole, percorre a piedi la campagna e la città: chiede l’elemosina per il convento e per i poveri. Quando incontra una persona tende la mano e dice: «A santu Franciscu» (dal dialetto sardo “per San Francesco”). Tiene il viso basso per umiltà. Chi riesce ad incrociare il suo sguardo prova grande emozione: gli occhi del cappuccino sono azzurri, luminosissimi, espandono amore, serenità. All’inizio c’è chi lo insulta e lo caccia via.
Poi, però, Fra Nicola comincia ad essere apprezzato ed amato. Non deve più chiedere: le offerte gli arrivano spontaneamente. Le mamme mandano i loro bambini con il denaro. Adesso sono gli altri a cercarlo, per un consiglio, una preghiera, per ricevere un santino, sia in strada sia in convento. E arrivano guarigioni inspiegabili. Quando si sparge la voce del suo arrivo nei quartieri è grande festa. Eppure si veste miseramente: il saio e i sandali che indossa sono vecchi e smessi da altri. Dorme su una tavola di legno. Piccolo, dall’incedere lento, ha in mano il Rosario. Con la sua terza elementare risponde alle lettere scrivendo poche frasi, recuperando foglietti scartati da altri.
Durante la Seconda guerra mondiale Cagliari viene bombardata. La città si spopola. Restano i più poveri: anziani, orfani, malati. Fra Nicola non li abbandona. Con altri tre monaci accoglie in convento gli sfollati. In strada cura i feriti. Si reca nelle grotte, dove si rifugiano affamati e senzatetto, a portare il suo aiuto. “Frate silenzio” muore nel 1958, a Cagliari, dove è sepolto.
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