Chi non sa fare politica fa le riforme costituzionali
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“PREMIERATO“: RISCHIO DI INDEBOLIMENTO ULTERIORE DEL PARLAMENTO
Il disegno di legge costituzionale A.S. n. 935 concernente il c.d. “premierato” é considerato, dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, On. Giorgia Meloni, una “riforma necessaria”. In realtá, siamo in presenza di un testo che pone non poche criticitá.
In primo luogo, si ritiene che l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio garantisca la stabilitá governativa al pari di quanto avviene con i Comuni e le Regioni. Ora, a parte il fatto che i contesti ed i poteri degli “Esecutivi locali” presentano caratteristiche diverse rispetto al Governo nazionale, una scelta in questa direzione andrebbe a ridurre ulteriormente il ruolo del Parlamento italiano proprio sulla scia di quanto avviene a livello di Consigli comunali e regionali, divenuti meri ratificatori di indirizzi giá assunti a livello di Giunta.
Infatti, l’abuso della decretazione legislativa d’urgenza da parte dell’Esecutivo anche al di lá dei presupposti giustificativi di straordinarietá, urgenza e necessitá di cui all’ art. 77, comma 2, della Costituzione vigente, la riduzione del numero dei deputati e dei senatori a seguito della legge costituzionale n. 1/2020 che ha inciso in modo molto forte sulla rappresentativitá, la sottrazione di sempre maggiori spazi al decisore politico e, dunque, anche alle Camere, determinata dalla proliferazione delle Autoritá amministrative indipendenti soprattutto a partire dalla metá degli anni ’90 del secolo scorso, l’allocazione di numerose competenze a livello di ordinamento dell’Unione Europea, una volta coniugati con la legittimazione democratica diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri in caso di entrata in vigore della riforma, corrono il rischio di una riduzione ultronea dei poteri dell’organo parlamentare.
In secondo luogo, e qui si vede tutta la miopia della visione “riformista” di Fratelli d’Italia e delle altre forze politiche del c.d. centro-destra, l’elezione, ad opera del corpo elettorale, del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrebbe essere accompagnata dall’introduzione di altre disposizioni costituzionali, delle quali non c’é la minima traccia, che rafforzino il potere di controllo delle due Camere ed in particolare delle minoranze: ad esempio, attraverso la previsione di uno statuto dell’opposizione oppure il divieto di maxiemendamenti come avviene puntualmente con la legge di bilancio etc.
In terzo ed ultimo luogo, la legittimazione democratica diretta non fa venir meno la collegialitá del Governo della Repubblica di cui all’art. 95 Cost., né attribuisce una posizione di preminenza, all’interno dell’Esecutivo, al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale continua a rimanere “un Primus inter pares”. Non dispone, peraltro, di alcun potere di nomina e di revoca dei Ministri, limitandosi a farne la relativa proposta al Capo dello Stato. Ed anche il “ricatto” dello scioglimento anticipato delle Camere e di nuove elezioni, in ipotesi del venir meno della fiducia con mozione motivata nei confronti del Presidente del Consiglio eletto, viene spacciato come strumento di stabilitá, quando, in realtá, puó, al contrario, favorire la competizione tra gli stessi leaders della coalizione che sostiene il Governo. Ecco i risultati: chi non sa fare politica, fa le riforme costituzionali…