I discepoli, errando, hanno ragionato come noi
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MARTEDÌ DELLA SETTIMA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
Dal vangelo secondo Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
COMMENTO
I discepoli avevano capito – dai suoi miracoli, dal modo in cui zittiva scribi e farisei, dal numero sempre crescente di gente che lo seguiva – che Gesù era il Messia, cioè il Cristo. E avevano capito bene. Ma pensavano che fosse il Messia politico, colui che avrebbe liberato Israele dalla dominazione romana e ricostituito l’antico regno di Davide. Per cui pensavano a spartirsi i posti di governo per quando Gesù avesse preso il potere. Per questo i discorsi di Gesù sulla sua morte e resurrezione li lasciano indifferenti. I discepoli ragionano come noi: hanno una visione tutta umana sulla realtà. Non riescono (come non riusciamo noi, siamo sinceri!) ad interessarsi delle cose del cielo, tutti presi da quelle della terra. Il Signore ha un’altra prospettiva: non vuole limitarsi a darci qualche sollievo, qualche soddisfazione in questa vita, ma vuole darci la pienezza della vita in Dio. E vuole darcela per sempre.