Conosciamo San Felice da Cantalice

Conosciamo San Felice da Cantalice

di Mariella Lentini*

TRA I SANTI E I BEATI CHE SI FESTEGGIANO OGGI (Beata Bartolomea Carletti da ChivassoBeata Blandina MertenBeato Burcardo di BeinwilSan Dioscoro di Alessandria, Sant’Erik IX, San Felice di Spalato (Salona), San Giovanni GilabertSan Giovanni I, Beata Guadalupe Ortiz de Landázuri Fernandez de Heredia, Beato Guglielmo da TolosaBeato Martino Giovanni OprzadekBeato Nicola Denise di BeuzevilleSan Potamone, Beato RolandoBeato Stanislao KubskiSanti Teodoto, Tecusa, Alessandra, Claudia, Faina, Eufrasia, Matrona e GiulittaSan Venanzio di Camerino) RICORDIAMO UN SANTO DEL LAZIO

È “il Santo dei fanciulli”: li consola, li guarisce, li diverte perché il suo animo è semplice e puro come quello di un bambino. Felice Porri nasce nel 1515 a Cantalice (Rieti), in una famiglia di umili contadini e lui stesso lavora la terra fino a trent’anni. Da bambino aiuta i genitori nei lavori domestici. Ai compagni regala crocifissi di legno da lui intagliati e, a chi gli fa un dispetto, risponde con il perdono. Non sa leggere né scrivere, ma ha tanta fede e ascolta estasiato i racconti della vita dei santi. Un giorno rischia di morire travolto da alcuni cavalli. Miracolosamente si salva e per lui questo è uno speciale messaggio che gli arriva dal Cielo.

Diventa frate e, indossando il saio, si trasferisce a Fiuggi, poi a Tivoli, infine a Roma. Per tutta la vita raccoglie pane, frutta e fave da distribuire ai confratelli e agli affamati. Chiede, con la mano tesa, l’elemosina ai ricchi per aiutare i poveri, assiste i malati, dona pace e serenità a chi lo avvicina. Le briciole sono per i suoi amici uccellini che lo accompagnano sempre festosi. Cammina scalzo e accetta di calzare sandali solo da anziano. Felice lo è di nome e di fatto: sorridente, saluta e ringrazia tutti dicendo Deo Gratias (dal latino “Grazie a Dio”). Così viene chiamato anche “frate Deogratias”.

Il santo compie tanti miracoli. Guarisce soprattutto i fanciulli dalle malattie perché è spontaneo e gioioso come i bambini che chiama angioletti; per loro racconta filastrocche, inventa favole, gioca, balla, canta, regala pane e parla di Gesù e per tutti diventa “il Santo dei fanciulli”. Il cappuccino sostiene anche i contadini con i suoi prodigi: in piena estate fa scaturire l’acqua da una sorgente e, utilizzando alcune foglie bagnate, salva un allevamento di bachi da seta da una malattia. Egli ama il Natale e ogni anno, nella sua misera celletta, allestisce un piccolo presepio con la Sacra Famiglia, l’angelo, il bue e l’asinello, i pastori e i Re Magi. Un giorno, prega davanti a un dipinto della Madonna (alla quale è devotissimo) e la implora di fargli tenere in braccio il Bambinello. Il quadro si anima e la Madonna porge al frate Gesù Bambino: piangendo il frate lo stringe a sé. Felice non è mai andato a scuola ma diventa famoso per le sue prediche fatte di parole semplici, proverbi e poesie. Muore a Roma nel 1587 dove riposa nella Chiesa dell’Immacolata Concezione. È patrono dei bambini e degli allevatori dei bachi da seta. Protegge contro i disturbi della circolazione.

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MOSTRA DEDICATA A SAN FELICE DA CANTALICE

 

Domenica 8 maggio scorso è stata inaugurata una mostra di interessanti testimonianze biografiche e iconografiche dedicata a San Felice da Cantalice, aperta fino al prossimo 18 maggio, giorno della sua Festa, e curata dal prof. Vincenzo Scasciafratti dell’associazione culturale ILEX – Cantalice, in collaborazione con il collezionista Eliseo Patacchiola.

Luogo dell’evento è la Cappella del Crocifisso “detto di San Felice”, nella Chiesa parrocchiale intitolata al Santo cappuccino, in piazza San Felice da Cantalice 20, nel popolare quartiere di Centocelle, a Roma. Inoltre viene presentata al pubblico, per la prima volta, “la corona di fra Felice”: oggetto d’arte opera della ceramista Barbara Lancia, dell’associazione culturale ILEX. E’ stata riprodotta in grandezza naturale quella che con ogni probabilità è stata la Corona del Rosario usata in vita da San Felice, che «era d’osso di persiche», secondo una ricerca condotta dal prof. Scasciafratti.