Il tradimento dei “finti sovranisti”
di Daniele Trabucco
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RIFLESSIONI SUL NUOVO PATTO DI STABILITÁ
In data 29 aprile 2024 si é concluso l’iter che ha condotto all’approvazione del testo del nuovo Patto di stabilitá introdotto come strumento nel 1997. In primo luogo, va rilevato come il Governo italiano, quello la cui Presidente del Consiglio dei Ministri si candida per cambiare l’Europa pur sapendo che le preferenze degli elettori alla sua persona saranno inutili in quanto non lascerá mai Palazzo Chigi, ha votato a favore (solo il Belgio si é astenuto), ossia in contrasto rispetto agli stessi parlamentari europei appartenenti ai partiti della maggioranza parlamentare (non solo Lega e Forza Italia, ma anche Fratelli d’Italia) i quali, invece, si erano astenuti in blocco. Una vera e propria presa in giro che delegittima l’operato degli europarlamentari. In secondo luogo, il Patto appare troppo sbilanciato nei confronti della stabilitá a danno della crescita. C’é, infatti, il serio rischio di una spirale deflattiva nell’economia dell’Unione a scapito dei Paesi piú indebitati (e tra questi c’é l’Italia) con la conseguenza di non creare condizioni macroeconomiche favorevoli. In terzo luogo, i Paesi piú indebitati dovranno intraprendere un percorso di aggiustanento del debito pubblico fino al raggiungimento di “un margine di resilienza comune” (1,5% del Pil). Stando alle stime di Bruegel, l’Italia é lo Stato membro dell’Unione Europea che dovrá effettuare l’aggiustamento piú pesante: il 3,7% del PIL nel caso in cui questo fosse concluso in quattro anni o 3,4% se fosse concluso in sette anni. Che significa questo? Che il Governo della Repubblica dovrà, ogni anno, effettuare un aggiustamento pari all’1,15% (nell’ipotesi 7 anni) o dello 0,61% (nell’ipotesi 4 anni). Questa asimmetria potrebbe comportare una violazione del principio regolatorio del c.d. “level playing field”, creando vincitori e vinti tra i vari Paesi. Pertanto, quelli che dovranno effettuare un aggiustamento più blando disporranno di maggiori spazi di bilancio per finanziare la propria economia a differenza degli altri che finiranno penalizzati. É vero, da un lato, che i nuovi criteri, rispetto agli assurdi parametri precedenti (riduzione del debito di un ventesimo all’anno in riferimento alla parte di eccesso superiore al 60%), si presentano piú realistici, ma, dall’altro lato, proprio per questa ragione, saranno imposti con maggior vigore. E per prorogare anche nell’anno solare 2025 le misure bandiera a cui l’Esecutivo Meloni non vuole rinunciare, prima tra tutte il taglio del cuneo fiscale, con la prossima legge di Bilancio occorrerá trovare altri 20 miliardi di euro. Solo che saranno impossibili da finanziare con il solito scostamento di bilancio. In quarto ed ultimo luogo, é particolarmente significativo, vista la attuale situazione geopolitica, che le spese per la difesa siano ritenute un “fattore rilevante” nel calcolo dei piani di rientro dal deficit. Un segnale di preparazione per una futura guerra? Votare Giorgia cambia proprio le cose…in peggio. Il vero dramma é che la gente ci crede ancora.