Conosciamo il beato Giovanni Martino Moye
di Mariella Lentini*
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TRA I BEATI E I SANTI FESTEGGIATI OGGI (Sant’Afra di Brescia, Santi Agapio e Secondino, Beate Angela Isabella e Angela Bartolomea dei Ranzi, Sant’Antonina di Nicea, San Cassiano di Novellara, San Ciriaco di Gerusalemme, Beata Edvige Carboni, Sant’Etelredo, San Firmino di Verdun, San Floriano di Lorch, San Fortunato, Beata Giovanna di Arrivour, Beato Giovanni Haile, Santi Giovanni Houghton, Roberto Lawrence, Agostino Webster e Riccardo Reynolds, San Godeberto di Angers, Beato Ladislao da Gielnow,nSan Lazzaro, Beato Luca da Toro, San Malulfo di Senlis, Beato Marco Ongaro da Conegliano, Santi e Beati Martiri Certosini di Londra, Beati Martiri della Gran Bretagna, Beati Martiri Inglesi, Beato Michele Giedrojc, San Paolino Bigazzini, Beato Salvatore Vittorio Emilio Moscoso Cárdenas, San Silvano di Gaza e 39 compagni, Beato Tommaso (Acerbis) da Olera) RICORDIAMO UN BEATO FRANCESE
Sesto di tredici figli, Giovanni Martino Moye nasce nel 1730 a Cutting (Moselle), nella regione della Lorena (Francia). I suoi genitori sono poveri contadini. Martino, però, riesce a studiare il latino grazie al fratello maggiore entrato in seminario. Credente appassionato, con entusiasmo segue la sua vocazione, conclude gli studi di filosofia e viene ordinato sacerdote.
Per Giovanni Martino la divulgazione del Vangelo è al primo posto, soprattutto nelle campagne, tra i contadini, dove regnano la miseria e l’analfabetismo. Grazie alla generosità di alcuni parrocchiani, fonda la Congregazione delle “Suore della Provvidenza” per l’insegnamento gratuito ai giovani. I superiori non credono al successo dell’iniziativa per la mancanza di entrate economiche fisse.
Il sacerdote non si scoraggia: prega il Signore di non far mancare il necessario sostentamento alle sue opere che si concretizzano con l’apertura di varie scuole di campagna. Desideroso di partire in missione, si reca, poi, a Parigi presso il Seminario delle Missioni Straniere. Dopo aver ricevuto un’adeguata preparazione, intraprende un lungo viaggio: destinazione la lontana Cina dove è vietato l’ingresso ai missionari.
Moye si traveste da mercante, evita i controlli e nel 1773, dopo aver navigato per tre mesi il Fiume Azzurro (il più lungo dell’Asia), raggiunge la sua destinazione. Impara in fretta la lingua straniera, compone personalmente preghiere in cinese e istituisce le Vergini Cristiane, insegnanti che si dedicano all’istruzione e alla cura degli ammalati.
Moye scrive tante lettere alle suore francesi dove racconta il suo apostolato, firmate: «Moye, l’ultimo e il più indegno dei missionari». Il sacerdote è contento quando riesce a mangiare grano saraceno cotto sotto la cenere. Dorme su una stuoia, ha solo due camicie, un fazzoletto e un lenzuolo. Per lui la vera ricchezza non è possedere oggetti o avere comodità. È felice quando riesce a far conoscere il Vangelo, ovvero annunciare la “Buona Novella” in un territorio dove non si parla di Gesù.
Affaticato fa ritorno in Europa. In seguito alla Rivoluzione francese (1789-1799) e alle limitazioni imposte al clero, Moye si reca esule in Germania, a Treviri. Dedica il suo tempo ai poveri e agli ammalati e in questa città si spegne nel 1793.
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